La protesta dei profughi del 2 gennaio avvenuta agli Altipiani di Arcinazzo, costa caro a cinque richiedenti asilo, che ora sono costretti a dormire all’aperto davanti alla chiesa e senza un sostegno. Infatti, ma potrebbero essere in arrivo altri provvedimenti simili, per questi è arrivato dalla Prefettura, dopo essere stati identificati dai carabinieri di Trevi nel Lazio e dalla polizia del Commissariato di Fiuggi, il provvedimento della revoca della misura d’accoglienza. E nessuno intende ospitarli. In sintesi, i cinque, dopo questa decisione scaturita per motivi di ordine pubblico a seguito della protesta che determinò anche il blocco di mezzi Cotral nella zona, non potranno più essere ospitati in un centro sovvenzionato con soldi dello Stato. E ora dormono fuori dalla chiesa in attesa che qualcosa accada e qualcuno li possa ospitare. E scoppia il caso.
La storia
La protesta scattò il 2 gennaio mattina con i circa cento richiedenti ospitati in due strutture agli Altipiani che chiedevano migliori condizioni nell’ospitalità. I richiedenti asilo bloccarono la via provinciale per Fiuggi e fu necessario l’intervento dei carabinieri e della polizia per riportare un po’ d’ordine. Una protesta, però, che ha avuto conseguenze. Alcuni dei manifestanti sono stati identificati ed ora è giunto il duro provvedimento che li costringerà a trovare una nuova locazione. Ma non in una struttura gestita da una coop e pagata con soldi pubblici. Va ricordato che il provvedimento non riguarda l’espulsione dal territorio italiano, perché per queste persone è ancora in atto l’iter per il riconoscimento o meno dello status di richiedente asilo. L’eventuale espulsione potrà essere decisa soltanto se la richiesta verrà bocciata ma indipendentemente da questa vicenda. Intanto queste persone stanno dormendo all’aperto generando preoccupazioni tra i residenti. Anche perché non è escluso che la revoca della misura dell’accoglienza possa riguardare a breve altri ospiti. Il tutto in attesa delle indagini in corso.
Il parroco don Onofrio si sta attivando mentre i sindaci di Trevi nel Lazio, Arcinazzo Romano e Piglio hanno nel frattempo chiesto un incontro con il prefetto per fare luce sulla situazione e sulle possibili conseguenze derivanti da queste revoche.
Maurizio Cera