Palermo (Sicilia) 30 agosto 2014

Aspettando Santa Rosalia

ASPETTANDO SANTA ROSALIA

“Dove l’uomo non può ci si avvale dell’ausilio dei Santi”.
Chi vuol spazzare le immondizie dalla via, di un santo, propizia deve aver la via (grazia).
Per la festività del 4 settembre vi è il detto:
“Pri Santa Rusulia ogni armali va a so via” (Gli armenti godono la protezione della santa tanto che li guida lungo la via).
Il Card. Michelangelo Celesia il 21 febbraio 1885, così pregava Santa Rosalia per liberarci dai flagelli dell’ira divina: “O cara verginella Rosalia,che con la 
vostra speciale intercessione liberaste
tante volte la nostra patria dai tremendi
flagelli dell’ira divina, deh! Intercedete
oggi per noi presso il Dio delle misericordie,
acciocchè non voglia riguardare
all’enormità dei nostri peccati per
punirci, ma cì accordi invece tempo
alla penitenza. Le vostre reliquie
che sono in mezzo, cì assicurino della vostra
protezione e cì ottengano da Dio 
la grazia di glorificarlo insieme con voi
nel cielo per tutti i secoli dei secoli.
Così sia”.

Spesso nostri concittadini, ergendo altarini abusivi e spontanei, si sono avvalsi dell’ ausilio di San Pio da Pietrelcina, della Madonna e santi e santità varie per far scomparire discariche abusive a cielo aperto createsi in vie o vicoletti della nostra città, per gli insuccessi inadempienti della nostra amministrazione municipale o per l’inadeguato nostro senso civico.
Ottenendo in poco tempo ottimi risultati di bonifica spontanea, con poca fatica e senza iter burocratici. Ormai archiviate come grazie ricevute: dietro quest’esempio, già da qualche mese, un altro nostro anonimo concittadino, costruttore e poeta, ha eretto un ennesima edicola con effige di Santa Rosalia e a corredo, cartello didascalico esortativo come da foto, per ottenere la grazia per il decoro e il buon vivere nel suo quartiere, già abbastanza degradato. Se avesse conosciuta la preghiera di cui sopra, come pure le altre scritte nei secoli da altri cardinali emeriti, forse le avrebbe preferite alla sua personale interpretazione. Forse è venuto a conoscenza che il “Cornuto” fosse una “moneta d’argento da mezzo-testone”, emessa in Piemonte tra il XV e il XVI secolo e che essa presentava al dritto il ritratto di un santo a cavallo. Aguzzando l’ingegno ha preferito usare quest’espediente per invitare la collettività ad ottenere un nostro tornaconto senza scadere nelle solite parolacce e rudi modi e non e riconsiderare il significato nella comune accezione del titolo di cornuto: uomo o donna che tradisce il proprio coniuge.
Costui, ci ha aperto gli occhi, allargando i nostri orizzonti sull’esser “Cornuto”, è un espressione reverente e di omaggio di un obolo, in questo caso a Santa Rosalia, quale merce di scambio, per liberarci dalle immondizie… e non una banale minaccia ed augurio di malefici atti a far crescere delle protuberanze frontali. Annoverarlo tra i nostri illustri benemeriti concittadini e onorarlo con la medaglia al valore civile quale nuovo genio di Palermo, per essere riuscito a far convivere il sacro con il profano.
Viene alla memoria il detto “Megghiu un sinnacu latru, ca un sinnacu minchiuni” (E’ preferibile chi è produttivo, pur facendo i propri affari, che una persona onesta ma del tutto inutile).

Ogni mezzo è buono per ottenere il proprio intento, quest’ affermazione non è rivolta a persone impegnate alla corrente conduzione della nostra amministrazione, ma solo per ribadire un concetto di pensiero comune vigente, poiché questa è la normalità e non un eccezione.

Osservando meglio la composizione della foto, ci si accorge che qualcuno per abbellimento ha aggiunto delle palle per addobbi natalizi, nulla di male, ma a chi pensa con sarcasmo, verrebbe da pensare che alla Santa gli sono state attribuite le palle come a dire “sa fare il suo lavoro” o come a sfidare: “Ma che uomini siete che continuate imperterriti a scaricare le vostre meschinità qui ai miei piedi?”.
Squallore e calore sono le sensazioni per chi come me, oggi si è recato, dopo mesi di titubanza, sul luogo a fotografare quest’angolo. Occhi e figure nell’ombra mi osservavano per capire cosa stessi facendo, su questo tratto di strada privata, sconquassata e presa alla viabilità pubblica, (siamo in Via Imera) per bypassare l’ingorgo di acquitrini invernali e di lunghe file d’auto sotto la canicola estiva, per immettersi velocemente su via Colonna Rotta e perdersi per via Danisinni o per Piazza Ingastone, lasciandosi alle spalle l’eterno corteo-sciopero di Piazza Indipendenza, luogo di altre preghiere e richieste.
Le immagini parlano da sole, ma non è così semplice, l’apparenza inganna. Non si tratta di una discarica abusiva, ma bensì, per come avviene per le cataste di legna per le vampe di San Giuseppe, qui ci si sta preparando, non un banale rogo ma per un comodo e raccolto momento di preghiera in onore di Santa Rosalia, da svolgersi nella notte del 3 e 4 per tutti coloro che per impedimenti vari non potranno recarsi a fare l’ “acchianata” al santuario (la salita a piedi nella notte per la vecchia strada del fatta erigere dal Senato). Per ringraziare la Santa per Grazia Ricevuta e per le future a venire, ci si metterà seduti a pregare su questi comodi divani bianchi ed altre suppellettili, che agiati e munifici concittadini nelle prossime ore, si preoccuperanno di fare giungere notte tempo. Su questo cumulo di mc di detriti e macerie della nostra città crollate sotto il peso delle bombe del 1941, ricordo di quella meravigliosa valle su cui svettava in alto il Palazzo Reale, pregheranno con suppliche la Santa, rischiarando e riscaldando questa notte con i falò accesi con la legna qui accatastata.
Saranno i santi a salire e a scendere, per continuare il loro lavoro di pulizia spirituale e reale, per questi uomini stanchi, Quali Santi, siamo venuti qui a pregare? I Santi, quegli uomini, ricchi o poveri che hanno lasciato la loro vita per cambiarla e sollevare la sorte altrui? Siamo qui per pregare i santi della mafia o meglio per esorcizzare, la criminalità, il perbenismo, il menefreghismo, i colletti bianchi, reale piaga della nostra vita quotidiana?
Rosalia ha sconfitto la peste, conseguenza di miseria, sporcizia, soprusi di quei topi che a migliaia si riproducono senza mai morire di peste ma di morte propria, che continuano a mordere e lasciare la fame alla gente, lasciare la morte della fiducia a coloro i quali vorrebbero alzare la testa per respirare l’aria pura per guarire per sempre dalla malattia. I nostri topi, sono dei ratti che rodono e che mordono insaziabili. Siamo gli stessi individui che recitando dal tergo della santina sdrucita e logora da sudore e lacrime, riposta nella “pettorina” delle nostre donne o nei portafogli dei nostri uomini, guarderanno il cielo imploranti. Siamo gli stessi individui che sulla stessa santina giureranno fedeltà alla mafia (alla criminalità) con gli occhi al cielo giureranno una fiducia per rendere se, e tutti coloro che li incontreranno, infelici.
Questa preghiera è un’ ipoteca sulle nostre speranze, sulle nostre aspettative…è la felicità ma anche la nostra infelicità. Siamo forse tutti cornuti, un bel giorno ci sentiremo traditi e falliti per ciò che dalla vita ci attendevamo e questa non ci ha dato, sempre attribuendo al colpa ad altri e non mai a noi stessi. Abbiamo pagato come cornuti dei Cornuti d’oro ad altri cornuti. La discarica qui descritta non scomparirà per l’opera delle pale meccaniche della municipalità, poiché sembra ricada su una proprietà privata. Scomparirà solo se si prenderà coscienza che ciò che e fuori della porta di casa, non è terra di nessuno, ma un appendice di essa stessa. Un tempo era usuale vedere al mattino presto, le donne indaffarate a spazzare e buttare secchi d’acqua sugli ingressi prospicienti le proprie abitazioni, ancora prima di accudire alla numerosa prole, per non portare in casa, sotto i piedi, ciò che era fuori. Come a voler rammentare che l’accoglienza non ha riserve, e se non siete stati “accolti uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi”.
Hermann Hesse, così scriveva nel suo libro “La Cura”: “Vorrei trovare un’espressione per la duplicità del mondo, vorrei scrivere capitoli e frasi in cui la melodia e antimelodia apparissero contemporaneamente, in cui al molteplice si affiancasse sempre l’unitario, al faceto il serio. Per me, infatti, la vita consiste soltanto nel fluttuare tra due poli, nell’andare e venire tra i due pilastri–base del mondo. Vorrei continuamente indicare, estasiato, la beata e multicolore varietà dell’universo, e insieme ricordare che alla base di questa varietà c’è un’unità; vorrei fare continuamente vedere che bello e brutto, chiaro e scuro, peccato e santità non sono delle antitesi momentanee, le quali trapassano poi sempre l’una nell’altra.

La mia presente non vuole essere la solita denuncia di cronaca da segnalazione sulla rubrica lamentazione del cittadino, ma solo una riflessione a v guardare meglio ciò che ci circonda. Aspettando Santa Rosalia o come dire Aspettando Godot, è uno sprone a credere che se il cambiamento deve esserci nel mio mondo, devo essere io, in prima persona a volerlo e a crederci per non ricadere nel solito fatalismo della nostra sicilianità.