Traendo spunto da un interessante articolo pubblicato da “il Fatto Quotidiano” lunedì 31 ottobre 2016 relativo a risultati incerti e maxi-commissioni di un contratto di consulenza stipulato tra una nota banca innominabile e i suoi clienti, corre l’obbligo di rendere note alcune poco edificanti esperienze dell’autore relative al private banking, “a prescindere” dalla nota giornalistica predetta. Talune forme contrattuali di consulenza che non è dato menzionare d’ora in avanti per gravi minacce, intimidazioni e gratuite limitazioni al diritto di cronaca inferte all’autore da dirigenti di banca e dallo studio legale Perani Pozzi Associati di Milano, comportano almeno sei ordini di problemi relativi ai deficit di correttezza, chiarezza, trasparenza, lealtà, coerenza e puntualità. Qualche tempo fa la stampa rendeva noto l’estrema onerosità del contratto di consulenza predisposto per tutti i clienti della banca intenzionati ad acquistare prodotti finanziari, ponendo in risalto solo alcune punte dell’iceberg: le commissioni salatissime ed i risultati piuttosto aleatori. Stando ad inchieste, esperienze e testimonianze sembra che la presunta evoluzione di alcuni negozi di consulenza risieda in un software che sfrutta un algoritmo in grado di “orientare” la banca e le scelte del cliente in ordine all’acquisto di titoli, polizze, fondi ed investimenti in genere. Sorvolando sui tecnicismi di circostanza che alcuni azzimati e spavaldi operatori della consulenza nei quali si è imbattuto l’autore hanno paragonato a sofisticatissimi e prodigiosi “Tomtom” capaci di “guidare” intrepidamente correntisti e risparmiatori verso rutilanti e profittevoli mete di lungo periodo a dispetto di qualunque asperità economica e finanziaria, restano comunque poche tremule luci, alcune ombre fuorvianti e molti miraggi. Molti, come le clausole e le condizioni contrattuali portanti celate nei caratteri minimali della impercettibile scrittura di questi contratti, mimetizzate ad arte nelle pieghe riottose di carte quasi impalpabili, scadenti, squamose e, soprattutto “opache”. Tra opache fatture ed ologrammi normativi accortamente sedimentati nelle pagine raffazzonate del contratto di consulenza è estremamente arduo e farraginoso distinguere le succitate pieghe dalle piaghe che potrebbero affliggere gli inconsapevoli e ingenui risparmiatori . Stando ad alcune perizie svolte da avvocati esperti di contenzioso bancario recensiti dal Sole24Ore, alcune modalità applicative dei contratti di consulenza bancaria si configurerebbero come marchiane vessazioni ricche di stridenti anomalie. Più precisamente, si tratterebbe di disposizioni contrattuali preliminari che, contrariamente a quanto stabilito dalle norme sulla trasparenza bancaria predisposte da Banca d’Italia in forza delle legge delega, non sarebbero opportunamente sottolineate e rimarcate in grassetto nonostante il loro carattere spiccatamente pregiudiziale. L’aspetto tipicamente destabilizzante e disfunzionale di alcune implicazioni contrattuali riconducibili alla consulenza finanziaria risiederebbe in special modo nella sospensione automatica del contratto stesso prevista per “inattività” del cliente sul proprio conto corrente. Una sospensione che implica anche la contestuale cessazione dei cospicui addebiti mensili incombenti in capo al correntista risparmiatore (menzionati anche da “il Fatto Quotidiano”) non destinata certamente a perdurare. Difatti, basta che il risparmiatore, cliente della banca, esegua un prelievo, un versamento, una ricarica telefonica od una qualsiasi altra operazione bancaria sul proprio conto corrente per riesumare il contratto precedentemente sospeso e, di riflesso, i predatori addebiti mensili da esso previsti ad oltranza, sine die. In definitiva questi ultimi risultano imputabili ad una consulenza rinnovata (evoluta?) anche nella sua asimmetrica ultrattività, nelle sue decurtazioni fragorose, nel suo monolitico e protervo formalismo e nei ghiotti slanci opportunistici del collocamento. Si potrebbe, dunque, desumere che la consulenza promossa da una sorta di contratto di “private banking”, anche se ha smesso di produrre effetti reali e manifesti, seguita di fatto ad ingenerare gravose detrazioni e spinosi salassi in nome di operazioni contabili ordinarie che, con la consulenza, hanno a che vedere meno di niente.Non si ha la presunzione di generalizzare le succitate osservazioni, ma solo quella di relegarle alla diretta esperienza documentata dell’autore e di altri malcapitati disseminati nelle diverse regioni italiane. Del resto, se alcuni clienti della banca innominabile hanno goduto del privilegio della disattivazione automatica del contratto di consulenza in oggetto dopo 12 mesi di inattività, perchè mai l’autore è stato obbligato ad implorarne la revoca concessa solo dopo 3 istanze inascoltate e circa due anni di tribolazioni economiche? Se le riflessioni sinora effettuate fossero “inveritiere” come ha dichiarato con sommaria approssimazione lo studio legale Perani Pozzi di Milano, perchè mai l’innominabile banca avrebbe riconosciuto all’autore un indennizzo documentato, sia pure simbolico ed inadeguato a ripristinare l’equilibrio violato? Quale arcana coincidenza astrale legherà le ineluttabili e gravose commissioni della consulenza ad un comune prelievo effettuato tramite bancomat? A quale bizzarro titolo un correntista dovrebbe pagare commissioni trimestrali di gran lunga maggiori degli introiti derivanti dalla cedola staccata dal fondo sottoscritto se la consulenza è in fase di “stand by”, “wait and watch” o definitivamente conclusa? E perché lasciare che queste detrazioni crescano progressivamente all’aumentare dei patrimoni investiti anche in fase di crollo dei mercati? E’ per queste ragioni descritte che si parla di evoluzione della consulenza? E l’evoluzione stessa è ascrivibile a virtù e prospettive reali od occhiuti sotterfugi per battere cassa? E per quale assurda ragione una banca dovrebbe temporeggiare o rifiutarsi di riconoscere la revoca e l’estinzione dell’insostenibile contratto di consulenza, come è accaduto all’autore per ben13 mesi e 1300 euro indebitamente versati? O, forse, i messaggini di auguri, gli sms, i gadget, i pestiferi pettegolezzi sulla banca ingaggiante e le elementari moltiplicazioni svolte dal private banker a favore del suo cliente assurgono a forme evolute di consulenza da 103 euro al mese, come è accaduto all’autore? Perchè mai, come è successo all’autore, occorrono circa 3 mesi e diverse mail di rimostranza indirizzate alla sede centrale della banca per ricevere copia dei contratti sottoscritti e delle condizioni contrattuali? Domande che si pongono anche taluni funzionari di alcune importanti Sicav europee interpellate di recente in merito. Enigmi inaccessibili ai comuni mortali, vaticinabili probabilmente solo dagli efori dell’antica Grecia o da sciamani in animazione sospesa. Alla luce delle considerazioni sinora effettuate risulta alquanto imbarazzante dover ammettere che molte delle dolenti dicotomie esposte transitino proprio attraverso il rapporto fiduciario instaurato dal cliente, correntista e risparmiatore, con il proprio consulente, basale e trainante figura di certe banche. E’plausibile, però, che la fiducia abbisogni più di saldi rinnovi sistematici che di blande convenzioni formali. Anche perché non è minimamente pensabile che la fiducia stessa possa essere accresciuta con un click del mouse, alla stregua di una comune operazione di “scoperto di conto corrente” utilizzata per la moneta ad alto potenziale (il denaro cash). Ma, più verosimilmente, la fiducia si cristallizza sui Fatti tangibili. Fatti che il consulente conosce fin troppo bene e che dovrebbe comunicare tempestivamente ai clienti senza fare capolino con stantia sufficienza. Del resto non avrebbe alcun senso che il consulente pressi ed invogli ripetutamente il cliente per quanto concerne la sottoscrizione del contratto di consulenza, come è accaduto all’autore, eclissandosi successivamente di fronte alle sue reiterate richieste di revoca. In economia politica la fiducia è una variabile strategica estremamente permeante sulla base della quale gli agenti economici costruiscono le proprie aspettative, i propri vantaggi competitivi e i propri orientamenti. Questi vengono recepiti dai mercati, dai consumatori, dalle imprese, dai policy makers (gli agenti di politica economica) e dalle banche in un’ottica osmotica ed integrata nella quale la semplificazione sfrontata non paga e non perdona. La caduta verticale della fiducia è anche alla base della recessione del 2007 manifestatasi attraverso la crisi del credito interbancario definito credit crunch e, al contempo, del concetto di crescita economica mediamente nulla ancora in fieri, meglio noto come “stagnazione secolare”. Se la fiducia dei sottoscrittori del contratto di consulenza dovesse ridursi ad un mero accrocchio di forme subalterne alle priorità della banca, si rischia l’usura definitiva dei rapporti fra banche e risparmiatori e la repentina delusione delle loro attese. Oltre a blandire le risorse finanziarie faticosamente trasferite dalle generazioni dopo lunghi anni di sacrifici, le curiose asperità rilevate nelle viscere dei contratti di consulenza potrebbero altresì innalzare l’utilità marginale della consulenza finanziaria privata già radicata, affidabile e refrattaria ai condizionamenti dei gruppi bancari. “Dimmi come parli e ti dirò chi Sei”: è questo il senso dell’inossidabile assioma freudiano che attribuisce a tutte le forme di comunicazione specifici stilemi relazionali, ivi compresi gli orientamenti contrattuali della consulenza ed il capitale umano che li attiva convulsamente. In attesa che questi negozi giuridici afferenti alla consulenza finanziaria evolvano scientemente verso dimensioni più coerenti, estranee a caliginose idiosincrasie e galoppanti indignazioni, sarà cura di risparmiatori, sottoscrittori e correntisti di Caserta e tutta Italia tenere incessantemente d’occhio il proprio conto corrente, tutti i costi occulti di commissione, quelli di sorrisi artefatti, gelide strette di mano e profili asettici rimessi a nuovo in fretta e furia.. In genere la tracotanza ottusa, grottesca e volgare di quanti si nascondono dietro giurisprudenza spicciola e rendite di posizione rivela, a modesto parere di chi scrive, soltanto il terrore ossessivo di censori compulsivi e strilloni incapaci di competere e confrontarsi.
Consulenza bancaria: se l’evoluzione è insidiosa, sei libero di Evitarla
Pubblicato in Fatti sentire |