Nella zona del “Reventino” che comprende diversi comuni fra cui San Pietro Apostolo, siamo nella provincia di Catanzaro, nella tradizione qualche giorno prima “de parme” (le Palme) si andava per le campagne armati di forbicetta e portare il più possibile dei rami d’ulivo e anche di alloro, e venivano preparati a mò di mazzetto e il mattino della Domenica delle Palme i rami di ulivo e di alloro venivano addobbati con i caratteristici “taralli col naspro”, biscotti, fiocchi colorati e caramelle. E si andava tutta la famiglia vestiti a festa già “da missa prima” ( la prima Santa Messa domenicale) e poi venivano benedetti e solo dopo ai più piccoli era permesso mangiare i dolci e caramelle attaccati nella “parma”.Tradizioni oramai purtroppo quasi dimenticate.
Invece ancora viva come tradizione in provincia di Reggio Calabria esattamente a Bova la Domenica delle Palme si festeggia con un rito probabilmente poco conosciuto ma unico nel suo genere. I contadini, intrecciando con maestria e pazienza, foglie di ulivo intorno ad un asse di canna, costruiscono delle figure femminili, le cosìddette “pupazze”, differenziabili per dimensioni in madri e figlie.
Dopo la benedizione, le “sculture”, portate fuori dalla chiesa, sono avvicinate dalla gente ed in parte smembrate delle loro componenti, le “steddhi”, che vengono distribuite fra i presenti. Alcuni collocano almeno una “steddha” su un albero del proprio podere, dove rimarrà per tutto l’anno come segno di benedizione e a testimonianza dell’intimo rapporto sacro che unisce uomo e creato. Altri fissano le trecce di ulivo sulla parete della camera da letto, altri sui comò, assieme alle immagini di santi e alle foto dei propri cari. Infine, c’è chi utilizza le foglie benedette per “sfumicari”, cioè togliere il malocchio dalla casa, compresi i suoi abitanti, ponendo su una brace ardente tre grani di sale e quattro foglioline benedette, disposte a croce. Il fumo che si innalza dalla brace incensa l’ambiente, accompagnato dalla recita della seguente preghiera: “A menza a quattru cantuneri nci fu l’Arcangelu Gabrieli, du occhi ti docchiaru, tri ti sanaru.
Lu Patri, lu Figghiu, lu Spiritu Santu. Tutti li mali mi vannu a mari e lu beni mi veni ccani. Lu nomu di San Petru e lu nomu di San Pascali, lu mali mi vai a mari lu beni mi veni ccani”. I ramoscelli benedetti, anche se vecchi di un anno, conservano intatta la loro sacralità, pertanto per disfarsene non vengono buttati nella spazzatura ma vengono inceneriti nel fuoco.
Antonio De Santis: La tradizione “de parme”
Pubblicato in Viaggi e turismo |