Affascinante in tutte le stagioni, bianco di neve, infiammato dagli incredibili gialli, rossi e arancioni degli scotani autunnali, d’estate quasi impenetrabile per la ricca vegetazione arborea ed arbustiva, il Carso è certamente godibile al suo massimo nei primi mesi dell’anno. In questo periodo roverelle, lecci, frassini, ornielli ancora spogli lasciano apprezzare meglio i suoi aspetti sia naturali (campi solcati, emersioni, doline, stagni) che antropici (muretti a secco, lapidi, incisioni, cippi confinari, ripari agropastorali, steli boschive).
E’ stato questo il Carso che, domenica scorsa 12 marzo, hanno potuto ammirare i partecipanti alla seconda escursione dell’anno organizzata dalla FARiT in collaborazione con la sezione UCIIM di Trieste, guidati dall’esperienza, competenza e passione del prof. Elio Polli.
L’escursione ha preso avvio dai ruderi dell’ex-ospedale da campo con cappella di Pliscovizza /Pliskovica, località situata non lontano da Trieste, nei pressi del valico di Zolla/Col, poco oltre il confine sloveno. Percorso l’originale e sinuoso “sentiero della pecora/pliskina ucna pot”, effettivamente usato nel passato dai pastori e ancora oggi segnalato da curiose incisioni, si è raggiunta la meta principale: la “Grotta di Pliscovizza/Jama v Doktorjevi Ogradi”, di notevoli proporzioni, molto suggestiva per il pittoresco pozzo esterno e la successione dei tre vani, due assolutamente bui ed uno illuminato direttamente dall’esterno. La cavità, interessante per la presenza di varie concrezioni, stalattiti e stalagmiti, era un tempo usata come sala di ritrovo e da ballo: alle pareti sono ancora visibili gli appoggi per le illuminazioni. Al suo interno tracce della presenza della caratteristica fauna ipogea: di allocchi, pipistrelli e titanethes albus, un piccolo crostaceo bianco troglofilo. All’imboccatura, presso la rustica scalinata a chiocciola, varie stazioni di felci.
Continuata la camminata tra carpini già coperti di evanescenti fiorellini gialli, crochi reticolati, verdi ellebori, pulsatille lilla e piccoli occhi di falco già fioriti, si è potuto vedere l’ingresso di una grotta preistorica, la “Caverna di Pliscovizza/Pecina v Pliskovici”, in cui sono stati trovati resti di conchiglie e piccoli manufatti, probabilmente abitata nel mesolitico che nel Carso risale a circa 8-5 mila anni fa.
In chiusura la visita, presso la vicina Boriano/Brje pri Komnu, a due raccolti cimiteri austroungarici in cui riposano circa 1500 soldati caduti tra il 1915-17. Cimiteri particolarmente toccanti per l’ambiente silenzioso e appartato in cui si trovano e per la semplicità delle lapidi, tutte in pietra, a forma di croce con l’indicazione, a penna, in corsivo, del nome del caduto. Su alcune, evidentemente ancora visitate, erano stati annodati i nastrini che ricordano il tricolore ungherese.
La fioritura, in Carso sempre breve ma intensa, ha offerto lo spettacolo del giallo delle primule, del bianco dei bucaneve, del violetto delle viole. Il fondo di una dolina era un tappeto di crochi. (Marina Del Fabbro)
Trieste: FARiT e Uciim esplorano il Carso
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