Cosenza (Calabria) 18 febbraio 2017

Cariati: Al teatro fa divertire “Chini vo’ u male e l’atri”

Servizio fotografico di Leonardo Rizzo
*************************************

Continua, senza sosta, la rassegna “Vivi Teatro”, curata dall’Associazione Culturale e Teatrale “Nella Ciccopiedi”, presieduta dal Direttore Artistico Francesco Filareti, patrocinata dall’amministrazione comunale di Cariati, rappresentata, in sala, dal consigliere Pino Greco. Questa volta è toccata al gruppo teatrale “La Torre” di Melissa, che ha saputo mettere in scena, al teatro comunale il brillante spettacolo “Chini vo’ u male e l’atri….”, una commedia in due atti di Cataldo Amoruso di Cirò Marina, poeta, scrittore, autore e compositore musicale, con al sua attivo la pubblicazione di tantissimi romanzi. “Una commedia, allegra e divertente in cui le parole perdono il loro valore di verità e diventano “ parole bugiarde”. Questo è ciò che ha ricordato, durante l’introduzione dello spettacolo, la bravissima conduttrice Patrizia Funaro. Lo scopo di questa compagnia teatrale, che nasce nel 2007, è quello di promulgare il dialetto, tutelare la lingua ed è custode ed interprete della tradizione e dei valori della terra calabrese, conservando tenacemente ed amorosamente molte testimonianze della vita di un tempo. I lavori che l’associazione porta in scena sono incentrati su gli usi e i costumi, sul linguaggio e sui canti, sulle usanze popolari che stanno scomparendo e rischiano persino di essere dimenticate; su i proverbi, saggezza dei vecchi, che meritano di essere tramandati ai giovani, perché molti proverbi sono andati persi nel tempo e bisogna tenerli in vita. Dopo la scuola, il teatro amatoriale rappresenta un mezzo insostituibile della nostra cultura. “….. I personaggi raccontano la storia, ambientata nei primi anni “60”, di un Barone che, oltre ad essere un malato immaginario, versa in pessime condizioni finanziarie per i troppi debiti che ha contratto con la passione smisurata per il gioco. Ha sposato (contro la volontà paterna) Agata, una donna che non possiede titoli e stemmi nobiliari, ha una figlia, Giovanna, molto religiosa. Nel palazzo, nonostante tutto, sono rimasti Lauretta e Gennarino, la servitù. Il Barone tenterà di appropriarsi dell’eredità del cugino Gaetano che, dopo tanti anni, uscito dal manicomio sarà ospitato a casa sua e cercherà di far sposare sua figlia Giovanna con il Figlio adottivo di Gaetano, Lodovico; mentre i creditori del Barone bussano continuamente alla sua porta per cercare di incassare qualcosa …..”, il tutto realizzato da: Barone Castracane – Ciccio Caputo; Gaetano (cugino del Barone) – Salvatore Filosa; Agata (moglie del Barone) – Francesca Russo; Giovanna (figlia del Barone) – Raffaella Filosa; Lodovico (figlio di Gaetano) – Pierpaolo Capoano; Lauretta (servitù) – Pina Leto; Gennarino (servitù) – Luca Murano; Donna Aurora (creditore del Barone) – Rossella Dell’Aquila; Avvocato (Lo Suriciu) – Rossella Dell’Aquila; Zia Adelina – Margherita Crogliano; Gaetanino – Margherita Crogliano; Fortunato (cugino del Barone) Franco Murgi; Infermiere – Franco Murgi; direttore di scena – Marcella Bossa e regia di Federico Mancuso. “Quanti sono i dialetti che ancora oggi vengono parlati in Calabria? Sarebbero molti, ma la loro sopravvivenza – ha affermato il regista Federico Mancuso al termine della rappresentazione – “… è in serio pericolo. Gerghi giovanili, frasi legati alle mode e alla televisione mettono a repentaglio quei coloriti e spesso preziosi residuati che sono le parlate locali. Eppure i dialetti sono importantissimi perché riflettono almeno venti secoli di storia, raccontando con la varietà dei suoni e degli accenti, sofferte vicende e agognate conquiste. Sottovalutare o, peggio ancora, gettare nel dimenticatoio le parlate locali è un errore. Il dialetto tra lingua e storia va tutelato come patrimonio della identità di un territorio”.