Trieste (Friuli-Venezia Giulia) 04 novembre 2016

Trieste: UCIIM e Scienza, scuola, famiglia: diritti e doveri

Da sempre famiglia e scuola sono state le istituzioni cui maggiormente compete il compito di istruire e soprattutto educare i giovani: tanto più oggi nella nostra società fluida, di rapporti fragili, di conclamata “emergenza educativa”. La realtà dei fatti dimostra che, nonostante il discredito di cui sono spesso fatte oggetto, se alleate sulla base di un condiviso “patto di corresponsabilità”, famiglia e scuola possono svolgere, e di fatto svolgono, un lavoro davvero eccezionale. E’ indispensabile però che nessuna manchi al proprio dovere o, di contro, invada il campo dell’altra. Altrettanto importante è che tra esse vi siano sintonia di intenti e rispetto reciproco, specialmente quando si vanno a toccare i cosiddetti campi sensibili quali, ad esempio, l’affettività e la sessualità.
E’ proprio di questo tema che è venuto a parlare a Trieste, lo scorso 4 novembre, il dott. Massimo Gandolfini su invito di Comitato Articolo 26, FarFamiglia, Associazione Nazionale Famiglie Numerose e Uciim Ts.
Nel trattare “Scienza scuola famiglia: diritti e doveri” il relatore ha energicamente messo in guardia nei confronti dell’ideologia del gender ovvero di quella teoria, peraltro scientificamente del tutto infondata, che vorrebbe scindere l’oggettiva identità sessuata, biologicamente definita di ogni essere umano, da una soggettiva e fluida autopercezione di sé secondo cui ciascuno, indipendentemente dalla sua identità biologica, potrebbe sentirsi di genere maschile o femminile. Di più: i generi, secondo questa teoria, sarebbero addirittura 58 compreso quello della pedofilia.
Benchè priva di fondamenti scientifici, ha sottolineato il dott. Gandolfini, questa ideologia del gender non va affatto sottovalutata: si è già imposta in vari paesi. In Australia ad esempio dove sui documenti non è prevista l’indicazione del sesso, in quanto non definibile; in Olanda dove viene arrestato il menarca per dare più tempo alle giovani di scegliere il loro genere; in varie scuole dove i vocaboli madre e padre sono stati sostituiti con un più asettico genitore uno e due. Girano anche ormai diversi libretti per bambini che presentano coppie omosessuali come abituali e assolutamente adatte ad accogliere ed educare figli e dove la donazione di ovuli viene spacciata come gesto di grande generosità. E invece no, non è affatto così, ha scandito il relatore, l’essere umano ha assoluto bisogno di confrontarsi con il maschile e femminile che riconosce benissimo, fin da appena nato, dall’odore della pelle, dal tatto, dal suono della voce, dalla presa in braccio, per poter poi strutturare la propria identità attraverso un processo di identificazione con l’uno e di differenziazione dall’altro. Ancora più impensabile, violento e incivile privare un bambino della madre naturale con cui è vissuto in simbiosi per i nove mesi di vita intrauterina e di cui ha condiviso, attraverso lo scambio di adrenalina, serotonina e ossitocina le emozioni, le paure, le gioie e a cui ha addirittura ceduto, durante la vita fetale, cellule proprie. “Ma lo sapete, voi mamme, che nel vostro fegato, nel vostro midollo osseo, nella vostra tiroide, conservate ancora cellule staminali dei vostri figli? I cagnolini non possono essere allontanati dalla madre prima di 60 giorni: i bambini invece sì, possono essere tolti dopo pochi minuti dalla donna che li ha portati in grembo per tanti mesi e partoriti. Ma la madre non è un semplice contenitore!” Noi siamo maschi e femmine dalla punta dei capelli alla punta dei piedi: ogni parte del nostro corpo (per essere precisi tranne piastrine e globuli rossi in cui non è presente il DNA) è connotata in base al nostro sesso. Assurdo volerlo negare, imponendo un’innaturale educazione neutra: l’eliminazione degli stereotipi di genere dovuti a incrostazioni culturali può essere una cosa giusta, ma attenzione a non giungere alla negazione degli archetipi, assolutamente indispensabili per la formazione della identità di sé e per lo sviluppo della personalità. Privati di questi, gli esseri umani crescerebbero incerti, insicuri, fragili, manipolabili: è forse questo il risultato che si desidera ottenere?
Teniamo dunque gli occhi aperti: i genitori rivendichino il loro diritto ad educare i figli secondo i propri valori, come del resto sancito dalla Costituzione, gli insegnanti sappiano leggere e decodificare bene i termini presenti nelle circolari e nei testi di legge, e tutti noi, come genitori, docenti e cittadini piantiamo i dovuti paletti perché non si giunga ad uno stato etico che impone la sua visione antropologica.
In fatto di sessualità ed affettività, poi, non consentiamo che l’educazione sessuale sia ridotta ad una informazione a carattere puramente biologico in cui si insiste soprattutto sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili o sull’uso del profilattico in cui il sesso è interpretato solo come bisogno; parliamo invece della meraviglia dell’unione di due persone, della bellezza e dignità dell’atto sessuale, della profondità dell’amore. (Marina Del Fabbro)