Da una collaborazione tra Monte Schiavo e l’azienda Canapa Verde ecco Canavì. Lo si può abbinare a carni, formaggi e salumi. Ma guai a chiamarlo vino.
Andrea Pieralisi ha messo il vino. Alessio Amatori, coltivatore jesino di canapa, 30 ettari in quel di Cingoli, ha messo le infiorescenze della cannabis sativa. Il risultato, dopo 10 giorni di prove seguite da Simone Schiaffino, enologo di casa Monte Schiavo, è Canavì. Parla tutto marchigiano il primo “vino” alla canapa d’Europa. Virgolette obbligatorie visto che per legge non si può parlare di vino ma, come autorizzato anche dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, di bevanda aromatizzata a base di vino Verdicchio e canapa. Ma soprattutto, non si deve pensare allo sballo. Il principio attivo della cannabis, in Italia legale allo 0,6%, qui è ampiamente sotto soglia: appena lo 0,4%. Imbottigliato in appena 1200 esemplari la scorsa settimana, Canavì è in fase di distribuzione. «Al momento lo abbiamo fatto degustare ad alcune enoteche che sono rimaste soddisfatte e lo hanno ordinato – spiega Amatori –. Un esperimento ben riuscito che per questa annata non è replicabile visto che utilizziamo infiorescenze fresche e il raccolto annuale si fa a luglio». Se ne riparlerà il prossimo anno, insomma. Intanto Canavì sgomita per farsi conoscere.
Il Verdicchio incontra la cannabis nasce il vino alla canapa
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