Mezzo milione di persone hanno assistito al rito della canonizzazione dei “due Papi Santi”: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e più di trecentomila persone hanno seguito la celebrazione sui maxischermi collocati in vari luoghi della città di Roma. Già dalle cinque di mattina, ora di apertura, la Piazza e le vie adiacenti erano gremite di pellegrini provenienti da tutto il mondo, fra i quali, quelli provenienti dalla Polonia, erano uno dei gruppi più numerosi. Erano presenti le delegazioni ufficiali di oltre 100 paesi, più di venti Capi di Stato e numerose personalità del mondo della politica e della cultura, fra cui, i Reali di Spagna, Re Juan Carlos e la Regina Sofia, il Re Alberto II e la Regina Paola del Belgio, il Principe Hans-Adam del Lichtenstein, il Granduca Enrico di Lussemburgo, l’ex Presidente della Repubblica di Polonia, Lech Walesa, il Presidente del Parlamento Argentino Julián Dominguez, il Presidente dell’Unione Europea, Hernan Van Rompuy e della Commissione Europea, José Manuel Barroso. Alla celebrazione hanno preso parte anche le due protagoniste dei miracoli di Giovanni Paolo II, Suor Adele Labianca e Floribeth Mora Díaz.
Gli arazzi con i ritratti dei due Papi – gli stessi esposti il giorno delle rispettive beatificazioni – sovrastavano il portale della Basilica. In Piazza San Pietro, ornata da oltre 30.000 rose provenienti dall’Ecuador, e in Via della Conciliazione, centinaia di migliaia di fedeli si preparavano alla celebrazione recitando la coroncina alla Divina Misericordia, intervallata dalla lettura di testi del magistero dei due pontefici e preceduta dall’Inno al Beato Giovanni XXIII “Pastore buono del gregge di Cristo”. La preghiera si è conclusa con l’Inno al Beato Giovanni Paolo II “Aprite le porte a Cristo”.
Sotto una pioggia intermittente e mentre si recitavano le litanie invocando la protezione dei santi, ha avuto inizio la processione dei cardinali e vescovi concelebranti che, prima di prendere posto, hanno salutato il Papa emerito Benedetto XVI che ha concelebrato con il Santo Padre. Pochi minuti dopo le dieci, Papa Francesco è entrato in Piazza San Pietro e prima di procedere al rito di canonizzazione dei due nuovi santi, ha abbracciato il Papa emerito.
Subito dopo il Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, accompagnato dai Postulatori, ha domandato al Papa di iscrivere il nome dei due Papi Beati nell’Albo dei Santi e il Santo Padre ha pronunciato la formula di canonizzazione:
“Ad onore della Santissima Trinità,
per l’esaltazione della fede cattolica
e l’incremento della vita cristiana,
con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo,
dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
e Nostra,
dopo aver lungamente riflettuto,
invocato più volte l’aiuto divino
e ascoltato il parere
di molti nostri Fratelli nell’Episcopato,
dichiariamo e definiamo Santi
i Beati
Giovanni XXIII
e Giovanni Paolo II
e li iscriviamo nell’Albo dei Santi,
e stabiliamo che in tutta la Chiesa
essi siano devotamente onorati tra i Santi.
Nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo.
Amen”.
Successivamente sono state presentate al Papa le reliquie dei nuovi santi, collocate accanto all’altare durante la celebrazione: il reliquiario di Giovanni Paolo II, contenente una ampolla con il suo sangue, era quello esposto il 1° maggio 2011; per Giovanni XXIII ne è stato creato uno uguale poiché il giorno della sua beatificazione, il 3 settembre 2000, il suo corpo non era ancora stato riesumato.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha tenuto l’omelia in cui ha definito San Giovanni XXIII “il Papa della docilità allo Spirito Santo” e Giovanni Paolo II “il Papa della famiglia”. “Al centro di questa domenica – ha detto all’inizio dell’omelia – che conclude l?Ottava di Pasqua che Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le piaghe gloriose di Gesù risorto”.
“Egli – ha detto – le mostrò già la prima volta in cui apparve agli Apostoli, le sera stessa del giorno dopo il sabato, il giorno della Risurrezione. Ma quella sera non c?era Tommaso; e quando gli altri gli dissero che avevano visto il Signore, lui rispose che se non avesse visto e toccato quelle ferite, non avrebbe creduto. Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo nel cenacolo, in mezzo ai discepoli, e c?era anche Tommaso; si rivolse a lui e lo invitò a toccare le sue piaghe. E allora quell?uomo sincero, quell?uomo abituato a verificare di persona, si inginocchiò davanti a Gesù e disse: ‘Mio Signore e mio Dio!'”.
“Le piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono, perché quelle piaghe sono il segno permanente dell?amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà. San Pietro, riprendendo Isaia, scrive ai cristiani: ‘Dalle sue piaghe siete stati guariti'”.
“San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II – ha esclamato Papa Francesco – hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello, perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”.
“Sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell?uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria”.
“In questi due uomini contemplativi delle piaghe di Cristo e testimoni della sua misericordia dimorava ‘una speranza viva’, insieme con una ‘gioia indicibile e gloriosa’. La speranza e la gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all?estremo, fino alla nausea per l?amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza”.
“Questa speranza e questa gioia si respiravano nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme, di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura. È una comunità in cui si vive l?essenziale del Vangelo, vale a dire l?amore, la misericordia, in semplicità e fraternità”.
“E questa è l?immagine di Chiesa che il Concilio Vaticano II ha tenuto davanti a sé. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata dallo Spirito Santo. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per cui mi piace ricordarlo come il Papa della docilità allo Spirito”.
“In questo servizio al Popolo di Dio, Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene”.
“Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama”.
Questo pomeriggio la Basilica di San Pietro rimarrà aperta dalle 14:00 alle 22:00 per permettere ai fedeli di venerare le spoglie dei due Papi Santi, custodite nelle urne di cristallo dove è stata apposta la parola santo.
BIOGRAFIA DI GIOVANNI XXIII
Città del Vaticano, 26 aprile 2014 (VIS). Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881, primo figlio maschio di Marianna Mazzola e di Giovanni Battista Roncalli. La sera stessa il neonato venne battezzato dal parroco don Francesco Rebuzzini, ricevendo il nome di Angelo Giuseppe. Gli fece da padrino l’anziano prozio Zaverio Roncalli, il primo dei sette zii di papà Battista, uomo molto pio, che, rimasto celibe, si era assunto il compito di educare religiosamente i numerosi nipoti. Il futuro Giovanni XXIII conservò un ricordo commosso e riconoscente per le cure e le sollecitudini di questo vecchio patriarca.
Manifestando fin dalla fanciullezza una seria inclinazione alla vita ecclesiastica, terminate le elementari, si preparò all’ingresso nel seminario diocesano ricevendo un supplemento di lezioni di italiano e latino da alcuni sacerdoti del luogo e frequentando il prestigioso collegio di Celana. Il 7 novembre 1892 fece il suo ingresso nel seminario di Bergamo, dove fu ammesso alla terza classe ginnasiale. Dopo un avvio difficoltoso per l’insufficiente preparazione, non tardò a distinguersi sia nello studio che nella formazione spirituale, tanto che i superiori lo ammisero prima del compimento del quattordicesimo anno alla tonsura. Avendo proficuamente terminato nel luglio del 1900 il secondo anno di teologia, fu inviato il gennaio successivo a Roma presso il seminario romano dell’Apollinare, dove esistevano alcune borse di studio a favore dei chierici bergamaschi. Pur con l’intermezzo di un anno di servizio militare prestato a Bergamo a partire dal 30 novembre 1901, la formazione seminaristica risultò particolarmente fruttuosa.
Il 13 luglio 1904, alla giovanissima età di ventidue anni e mezzo, conseguì il dottorato in teologia. Con il più lusinghiero giudizio dei superiori, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote nella chiesa di S. Maria di Monte Santo; celebrò la prima Messa il giorno seguente nella Basilica di S. Pietro, durante la quale ribadì la sua donazione totale a Cristo e la sua fedeltà alla Chiesa. Dopo un breve soggiorno nel paese natale, nell’ottobre iniziò a Roma gli studi di diritto canonico, interrotti nel febbraio del 1905, quando fu scelto quale segretario dal nuovo Vescovo di Bergamo Mons. Giacomo Radini Tedeschi. Furono circa dieci anni di intenso impegno accanto ad un Vescovo autorevole, molto dinamico e ricco di iniziative che contribuirono a fare della diocesi bergamasca un modello per la Chiesa italiana.
Oltre al compito di segretario, svolse altri numerosi incarichi. Dal 1906 ebbe l’impegno dell’insegnamento di numerose materie in seminario: storia ecclesiastica, patrologia e apologetica; dal 1910 gli fu assegnato anche il corso di teologia fondamentale. Salvo brevi intervalli, svolse questi incarichi fino al 1914. Lo studio della storia gli consentì l’elaborazione di alcuni studi di storia locale, tra cui la pubblicazione degli Atti della Visita Apostolica di s. Carlo a Bergamo (1575), una fatica durata decenni e portata a termine alla vigilia dell’elezione al Pontificato. Fu anche direttore del periodico diocesano “La Vita Diocesana” e dal 1910 assistente dell’Unione Donne Cattoliche. La prematura scomparsa di Mons. Radini nel 1914 pose fine ad un’esperienza pastorale eccezionale, che, se pur segnata da qualche sofferenza come l’infondata accusa a lui rivolta di modernismo, il futuro Giovanni XXIII considerò sempre punto di riferimento fondamentale per l’assolvimento degli incarichi a cui fu di volta in volta chiamato. Lo scoppio della guerra nel 1915 lo vide prodigarsi per più di tre anni come cappellano col grado di sergente nell’assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari di Bergamo, giungendo ad atti di autentico eroismo. Nel luglio del 1918 accettò generosamente di prestare servizio ai soldati affetti da tubercolosi, sapendo di rischiare la vita per il pericolo di contagio.
Del tutto inaspettato giunse nel dicembre del 1920 l’invito del Papa a presiedere l’opera di Propagazione della Fede in Italia, quando a Bergamo aveva da poco avviato l’esperienza della Casa degli studenti, un’istituzione a metà tra il pensionato e il collegio, e contemporaneamente fungeva da direttore spirituale in seminario. Dopo forti titubanze, finì con l’accettare, iniziando con molta cautela un incarico che si presentava molto delicato per i rapporti con le organizzazioni missionarie già esistenti. Compì un lungo viaggio all’estero per la realizzazione del progetto della Santa Sede mirante a portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle missioni e visitò diverse diocesi italiane per la raccolta di fondi e l’illustrazione delle finalità dell’opera da lui presieduta.
Nel 1925 con la nomina a Visitatore Apostolico in Bulgaria iniziò il periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si prolungò fino al 1952. Dopo l’ordinazione episcopale avvenuta a Roma il 19 marzo 1925, partì per la Bulgaria con il compito soprattutto di provvedere ai gravi bisogni della piccola e disastrata comunità cattolica. L’incarico inizialmente a termine si trasformò in una permanenza decennale, durante la quale Roncalli pose le basi per la fondazione di una Delegazione Apostolica, di cui lui stesso venne nominato primo rappresentante nel 1931. Non senza difficoltà riuscì a riorganizzare la Chiesa cattolica, ad instaurare relazioni amichevoli con il Governo e la Casa Reale bulgara, nonostante l’incidente del matrimonio ortodosso di re Boris con la principessa Giovanna di Savoia, e ad avviare i primi contatti ecumenici con la Chiesa Ortodossa bulgara. Il 27 novembre 1934 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia ed in Grecia, paesi anche questi senza relazioni diplomatiche con il Vaticano. A differenza della Grecia, dove l’azione di Roncalli non ottenne risultati di rilievo, le relazioni con il governo turco invece migliorano progressivamente per la comprensione e la disponibilità mostrate dal Delegato nell’accettare le misure ispirate dalla politica di laicizzazione perseguite da quel governo. Con tatto e abilità organizzò alcuni incontri ufficiali con il Patriarca di Costantinopoli, i primi dopo secoli di separazione con la Chiesa Cattolica.
Durante la Seconda Guerra Mondiale conservò un prudenziale atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere un’efficace azione di assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo sterminio, e a favore della popolazione greca, stremata dalla fame.
Inaspettatamente, per decisione personale di Pio XII, fu promosso alla prestigiosa Nunziatura di Parigi, dove giunse con grande sollecitudine il 30 dicembre 1944. Lo attendeva una situazione particolarmente intricata. Il governo provvisorio chiedeva la destituzione di ben trenta Vescovi, accusati di collaborazionismo con il governo di Vichy. La calma e l’abilità del nuovo Nunzio riuscirono a limitare a solo tre il numero dei Vescovi destituiti. Le sue doti umane lo imposero alla stima dell’ambiente diplomatico e politico parigino, dove instaurò rapporti di cordiale amicizia con alcuni massimi esponenti del governo francese. La sua attività diplomatica assunse una esplicita connotazione pastorale attraverso visite a molte diocesi della Francia, Algeria compresa.
L’effervescenza e l’ansia apostolica della Chiesa francese, testimoniata dall’avvio dell’esperienza dei preti operai, trovarono in Roncalli un osservatore attento e prudente, che riteneva necessario un congruo periodo di tempo prima di una decisione definitiva. Coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell’ultimo Concistoro di Pio XII. Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale e la celebrazione del Sinodo diocesano. La rievocazione della storia religiosa di Venezia gli suggerì iniziative pastorali nuove, come il progetto di riavvicinare i fedeli alla Sacra Scrittura, rifacendosi alla figura del proto-patriarca s. Lorenzo Giustiniani, solennemente commemorato nel corso del 1956.
L’elezione, il 28 ottobre 1958, del settantasettenne Cardinale Roncalli a Successore di Pio XII induceva molti a pensare ad un Pontificato di transizione. Ma fin dall’inizio Giovanni XXIII rivelò uno stile che rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale maturata attraverso una significativa serie di esperienze. Oltre a ripristinare il regolare funzionamento degli organismi curiali, si preoccupò di conferire un’impronta pastorale al suo ministero, sottolineandone la natura episcopale in quanto Vescovo di Roma. Convinto che il diretto interessamento della diocesi costituiva una parte essenziale del Ministero Pontificio, moltiplicò i contatti con i fedeli tramite le visite alle parrocchie, agli ospedali e alle carceri. Attraverso la convocazione del Sinodo diocesano volle assicurare il regolare funzionamento delle istituzioni diocesane mediante il rafforzamento del Vicariato e la normalizzazione della vita parrocchiale.
Il più grande contributo giovanneo è rappresentato senza dubbio dal Concilio Vaticano II, il cui annuncio fu dato nella basilica di s. Paolo il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione personale, presa dal Papa dopo consultazioni private con alcuni intimi e col Segretario di Stato, Cardinale Tardini. Le finalità assegnate all’Assise Conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di apertura dell’11 ottobre 1962, erano originali: non si trattava di definire nuove verità, ma di riesporre la dottrina tradizionale in modo più adatto alla sensibilità moderna. Nella prospettiva di un aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, Giovanni XXIII invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata consapevolezza della missione ecclesiale che abbracciava tutti gli uomini. In quest’apertura universale non potevano essere escluse le varie confessioni cristiane, invitate anch’esse a partecipare al Concilio per dare inizio ad un cammino di avvicinamento. Nel corso della prima fase si poté costatare che Giovanni XXIII voleva un Concilio veramente deliberante, di cui rispettò le decisioni dopo che tutte le voci ebbero modo di esprimersi e di confrontarsi.
Nella primavera del 1963 fu insignito del Premio “Balzan” per la pace a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi di Cuba nell’autunno del 1962. Il prestigio e l’ammirazione universali si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del Papa morente ed accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963.
Fu proclamato Beato da Giovanni Paolo II, il 3 settembre 2000. Il giorno della memoria liturgica è l’11 ottobre, data di apertura del Concilio Vaticano II.
Nell’omelia così lo ricorda Giovanni Paolo II: “Contempliamo quest’oggi nella gloria del Signore un altro Pontefice, Giovanni XXIII, il Papa che colpì il mondo per l’affabilità del tratto, da cui traspariva la singolare bontà dell’animo. I disegni divini hanno voluto che la beatificazione accomunasse due Papi vissuti in contesti storici ben diversi, ma legati, al di là delle apparenze, da non poche somiglianze sul piano umano e spirituale. È nota la profonda venerazione che Papa Giovanni aveva per Pio IX, del quale auspicava la beatificazione. Durante un ritiro spirituale, nel 1959, scriveva nel suo Diario: ‘Io penso sempre a Pio IX di santa e gloriosa memoria, ed imitandolo nei suoi sacrifici, vorrei essere degno di celebrarne la canonizzazione'”. (Giornale dell’Anima, p. 560).
“Di Papa Giovanni rimane nel ricordo di tutti l’immagine di un volto sorridente e di due braccia spalancate in un abbraccio al mondo intero. Quante persone sono restate conquistate dalla semplicità del suo animo, congiunta ad un’ampia esperienza di uomini e di cose! La ventata di novità da lui portata non riguardava certamente la dottrina, ma piuttosto il modo di esporla; nuovo era lo stile nel parlare e nell’agire, nuova la carica di simpatia con cui egli avvicinava le persone comuni e i potenti della terra. Fu con questo spirito che egli indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, col quale aprì una nuova pagina nella storia della Chiesa: i cristiani si sentirono chiamati ad annunciare il Vangelo con rinnovato coraggio e con più vigile attenzione ai ‘segni’ dei tempi. Il Concilio fu davvero un’intuizione profetica di questo anziano Pontefice che inaugurò, pur tra non poche difficoltà, una stagione di speranza per i cristiani e per l’umanità”.
“Negli ultimi momenti della sua esistenza terrena, egli affidò alla Chiesa il suo testamento: ‘Ciò che più vale nella vita è Gesù Cristo benedetto, la sua Santa Chiesa, il suo Vangelo, la verità e la bontà’. Questo testamento vogliamo raccogliere oggi anche noi, mentre rendiamo gloria a Dio per avercelo donato come Pastore”.
BIOGRAFIA DI GIOVANNI PAOLO II
Città del Vaticano, 26 aprile 2014 (VIS). Karol Józef Wojty?a, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l?ultimo dei tre figli di Karol Wojty?a e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell?esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse.
Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice dal sacerdote Franciszek Zak; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all?Università Jagellónica di Cracovia.
Quando le forze di occupazione naziste chiusero l?Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall?Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del “Teatro Rapsodico”, anch?esso clandestino.
Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell?Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1? novembre 1946, per le mani dell?Arcivescovo Sapieha.
Successivamente fu inviato a Roma, dove, sotto la guida del domenicano francese Padre Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.
Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowi?, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all?Università cattolica di Lublino la tesi: “Valutazione della possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler”. Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.
Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l?ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell?Arcivescovo Eugeniusz Baziak.
Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò e pubblicò Cardinale nel Concistoro del 26 giugno 1967, del Titolo di S. Cesareo in Palatio, Diaconia elevata pro illa vice a Titolo Presbiterale.
Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) con un contributo importante nell?elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojty?a prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato.
I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16 ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero Petrino, quale 263° successore dell?Apostolo. Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni.
Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla carità aperta all?umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un totale di 333).
Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose [più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell?anno 2000], nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.
Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare, nel 1985, le Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. Allo stesso modo la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie da lui iniziati a partire dal 1994.
Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi.
Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica “Tertio millennio adveniente”. Essa poi si è affacciata al nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.
Con l?Anno della Redenzione, l?Anno Mariano e l?Anno dell?Eucaristia, Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa.
Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione – nelle quali ha proclamato 1338 beati – e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.
Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 in 9 Concistori (più 1 “in pectore”, che però non è stato pubblicato prima della sua morte). Ha convocato anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.
Ha presieduto 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999).
Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche.
Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.
A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: ?Varcare la soglia della speranza? (ottobre 1994); “Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio” (novembre 1996); ?Trittico romano?, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); ?Alzatevi, andiamo!? (maggio 2004) e ?Memoria e Identità? (febbraio 2005).
Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37, mentre volgeva al termine il sabato e si era già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia.
Da quella sera e fino all?8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro.
Il 28 aprile successivo, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l?inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La Causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.
Il 1° maggio 2011 è stato proclamato Beato da Papa Benedetto XVI che nell’omelia ricorda:
“Nel suo Testamento il nuovo Beato scrisse: ‘Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Cardinale Stefan Wyszy?ski mi disse: ‘Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio’. E aggiungeva: ‘Desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l?intera Chiesa ? e soprattutto con l?intero episcopato ? mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all?evento conciliare dal primo all?ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l?eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato”. E qual è questa ‘causa’? È la stessa che Giovanni Paolo II ha enunciato nella sua prima Messa solenne in Piazza San Pietro, con le memorabili parole: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!’. Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante ? forza che gli veniva da Dio ? una tendenza che poteva sembrare irreversibile. Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia della libertà. Ancora più in sintesi: ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è ‘Redemptor hominis’, Redentore dell?uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre”.
“Karol Wojty?a salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull?uomo. Il suo messaggio è stato questo: l?uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell?uomo. Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI, Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, che proprio grazie a Cristo egli ha potuto chiamare ‘soglia della speranza’. Sì, attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo, egli ha dato al Cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia. Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all?ideologia del progresso, egli l?ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di ‘avvento’, in un?esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell?uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace”.