Leggendo i testi biblici il nome Mosè significherebbe “salvato dalle acque”, poi, continuando a studiare il più antico dei libri, si apprende che Mosè, ancora “protagonista” con le acque, avrebbe steso il suo bastone sul mare e le acque si divisero, formando un muro a destra e a sinistra per far attraversare, con un varco asciutto nel mezzo, il suo popolo e salvarsi sull’altra riva. Una scena del passaggio del Mar Rosso, affrescata da Bartolo di Fredi, della seconda metà del 1300, si trova nella Basilica di Santa Maria Assunta a San Gimignano.
Ma Mosè, con la laguna veneta non c’entra, anche se il nome del progetto potrebbe trarre in inganno, visto che si parla di “dividere” le acque del mare. Ma c’è un particolare non insignificante, un accento sull’ultima lettera del nome. A Venezia, Mose, senza accento, è l’acronimo di MOdulo Sperimentale Elettromeccanico, un progetto iniziato nel 1981 e che ora, 2014, ha portato in carcere e nei guai un bel po’ di persone. Il progetto fu varato da un insieme di enti e partner, quali lo Stato Italiano, la Regione Veneto e le amministrazioni comunali di Venezia e Cioggia, che dettero vita al Consorzio Venezia Nuova, per creare un insieme di barriere mobili, per difendere il territorio della laguna e la stessa Venezia dalle maree con il conseguente grosso problema dell’acqua alta. Ma il progetto, almeno per il momento, più che la divisione delle acque, sembra abbia portato alla spartizione di un bottino fatto di tangenti e, più che la salvezza sull’altra sponda, ha portato i protagonisti ai “Piombi” di qualche, forse, umida cella.
giorgio mancini
MOSE non Mosé, e finirono ai “Piombi”
Pubblicato in Cronaca |