Della lettera firmata da una quarantina di richiedenti asilo del Centro di accoglienza di Brembio (numerose firme, tra l’altro è trapelato, non riscontrabili nel registro delle presenze) e, come esplicita il post-scriptum in essa contenuto, inviata il 31 luglio al Prefetto di Lodi e per conoscenza ad altri indirizzi da una insegnante, estranea alla struttura brembiese, la quale avrebbe tradotto un testo originale (di cui finora nulla si sa), si è cominciato a parlare nel precedente articolo “Solleva dubbi la lettera d’un gruppo di profughi al Prefetto” evidenziando la struttura e lo stile che sa di “burocratese” ed alcune “stravaganze” difficilmente attribuibili a dei migranti, che mostrano come la lettera in realtà, piuttosto che una protesta, rappresenti un attacco alla politica di accoglienza della Prefettura.
In effetti ad una lettura attenta si riscontrano nella sua stesura diversità di stile ed un’attenzione al peso delle parole, sicuramente estranea ai migranti stessi, di cui più volte, negli articoli dei giornali locali, si sottolinea la poca dimestichezza con l’italiano (e le sue sfumature) – del resto altrimenti perché una traduzione? E poi, addirittura, in una frase c’è una sorta di lapsus freudiano: “Al campo vi sono solo due lavatrici, ma possiamo usarne una sola e, come Le scrivevo [sic!], siamo in 80 circa”. “Come Le scrivevo”? Non sono una quarantina di migranti a scrivere? Ma poi, perché quel “siamo in 80 circa” più volte ripetuto (in frasi tra l’altro di dubbia paternità come quella ricordata nel precedente articolo che precisa che il Centro è collocato “in una palazzina di recente costruzione, in centro e rimasta invenduta”? Può davvero un profugo che vive nel Centro, che elenca con precisione, come si vedrà, il numero delle patate, delle cipolle, dei peperoni distribuiti quotidianamente, non conoscere il numero esatto dei suoi compagni? Nella sua lettera al quotidiano di Lodi il viceprefetto precisa: “La struttura, allo stato attuale, ospita 67 migranti richiedenti asilo, collocati in 9 appartamenti di una palazzina di recente costruzione”.
Curiose anche le virgolette usate nella frase drammatica, contenuta nella lettera, che ha spinto il vicesindaco che faceva le funzioni di sindaco di Brembio, essendo il titolare in ferie, a fare una segnalazione alla Procura: “Due ragazze sono state “forzate” ad abortire, non lo volevano, ma D… non ha lasciato che si spiegassero”. In ospedale? Possibile? Scrive in merito il viceprefetto di Lodi nella sua lettera al quotidiano “Il Cittadino” a seguito del sopralluogo effettuato il 10 agosto dalla Prefettura nel Centro: “Al riguardo, è stato possibile riscontrare, in seguito a conversazione con una delle dirette interessate, che mai nessuna forzatura è stata fatta dagli operatori con riguardo alla procedura di aborto. Un riscontro fornito anche da altre ospiti presenti negli appartamenti, che hanno garantito l’assoluta estraneità degli operatori in merito alla decisione delle due ragazze di abortire”.
Il cibo, come già era stato in una precedente protesta ricordata nel precedente articolo, è la giustificazione prima apparente della lettera. “Il cibo è scarso e povero di nutrienti [sic!] o di verdure stagionali, ci viene consegnato (non possiamo chiedere quello che vorremmo cucinare) ogni giorno e per 10 giovani adulti [sic!]: 4 cipolle, 5 patate, un chilo di pasta, un chilo di riso, due litri di latte, una bottiglia di passata di pomodoro, 2 peperoni, a volte una melanzana e un barattolo di fagioli, due piccoli polli; ogni due giorni viene aggiunta una bottiglia di olio e, ogni tre giorni, viene dato un chilo di zucchero e una confezione di thé Lipton; (abbiamo le foto [sic!]). In effetti a volte riusciamo a mangiare solo una volta al giorno, per poter mangiare tutti”. In merito sempre la Prefettura evidenzia nella sua lettera al quotidiano che “nel corso della verifica è stato constatato che i frigoriferi sono forniti di frutta e verdura di stagione, carne di pollo e pesce; inoltre nelle dispense presenti nei singoli appartamenti sono riposte bottiglie di olio, pacchi di zucchero, farina, passata di pomodoro, cipolle, patate e barattoli di legumi”. E cosa non da poco: “Si sottolinea altresì che è stata riscontrata una notevole quantità di cibo nel contenitore dei rifiuti”. Da aggiungere ancora una interessante precisazione contenuta sempre nella lettera del viceprefetto: la struttura è dotata “di un locale in cui si è riscontrata la presenza di abbondanti scorte di generi alimentari, di un orto ben curato con presenza di insalata, peperoncini e colture varie”. Verdure di stagione!
Altro leitmotiv di lamentela è il vestiario: “Non vengono forniti abiti, scarpe o altri effetti personali. A volte alcuni abitanti di Brembio portano indumenti, che però sono nascosti dai due operatori e scompaiono. Se poi qualcuno torna al campo con degli abiti regalati da qualcuno, A… o D… lo accusano di furto. Allo stesso modo chi torna indossando un paio di scarpe regalate o se si compra, con il suo piccolo pocket money del cibo o un cellulare usato, viene accusato di furto”. In merito la Prefettura scrive: “Sono stati verificati gli armadi degli alloggi ed è stata riscontrata una quantità di indumenti e scarpe decisamente superiore alle esigenze dei singoli ospiti, una quantità di vestiario più che sufficiente sia per il cambio di stagione sia nel caso in cui i migranti avessero necessità di disporre di ulteriori capi di abbigliamento per la stagione corrente”. E per quanto riguarda gli effetti personali sempre la lettera del viceprefetto precisa: “Nei bagni, perfettamente in ordine e puliti, si riscontrano prodotti per igiene personale (bagnoschiuma, dentifricio, spazzolino, sapone, lamette, shampoo, carta igienica e confezioni di assorbenti nei bagni femminili) e i ragazzi sono perfettamente in ordine (vestiti e lavati)”.
Come si sarà notato, la lettera dei profughi tende a mettere in cattiva luce, nei punti qui ricordati come altrove, l’operato dei due operatori presenti nella struttura, perché, come evidenzia la stessa lettera, sono stati scelti dalla Prefettura ed è la politica di accoglienza della Prefettura che la lettera, come in articoli precedenti si è osservato, vuole colpire. Sull’assenza di porte e sui controlli, un altro degli elementi di lamentela del gruppo di migranti, così spiega, sottolineandone i motivi, il viceprefetto vicario a “Il Cittadino”: “I singoli appartamenti sono sprovvisti di porte interne, tranne quella del bagno. Tuttavia l’eliminazione delle stesse si è resa necessaria sia per motivi igienici, in quanto la chiusura delle stesse provoca, qualora gli ospiti dimorassero a lungo nelle stanze, muffa per mancanza di circolo d’aria, sia per poter effettuare i controlli notturni e verificare la presenza di tutti gli ospiti dopo le ore 23, così come da regolamento affisso in tutti i predetti appartamenti nelle lingue parlate dai migranti ospitati. I controlli vengono effettuati da entrambi gli operatori, un uomo e una donna nel rispetto dei sessi all’interno della struttura e delle regole generali di convivenza”.
Un’altra lamentela nella lettera dei profughi riguarda i mezzi tecnologici: “In alcuni appartamenti la tivù non funziona e in nessuno c’è wi-fi. Dato che non possiamo lavorare e il corso di italiano è terminato [sic!], i due strumenti sono necessari sia per continuare a fare esercizi di italiano online, sia per passare il tempo e, non ultimo per tenerci in contatto con amici e famiglie lontani”. Dice in proposito il viceprefetto: “Le televisioni e quattro lavatrici erano funzionanti [non due di cui una sola utilizzabile! Ndr] al momento dell’ispezione. Il wi-fi risultava assente in quanto si stava provvedendo ad un cambio di gestore telefonico per garantire una copertura maggiore e continua”. Inoltre, anche riguardo ad altri aspetti, in particolare il tempo libero, la lettera del viceprefetto precisa che nella struttura vi è “un ampio locale adibito a sartoria fornita di tutto l’occorrente per il taglio ed il cucito e l’asse da stiro” e “un locale adibito ad attività ludico ricreative in cui spiccava la presenza di un biliardino (calcio balilla)”. Ma a denotare la dubbia conoscenza della struttura e delle sue attività da parte dell’estensore/i della lettera è proprio il corso di italiano che si dichiarava “terminato”, ma che continuava invece fino agli esami che si terranno in questo mese; dice la lettera del viceprefetto: “Si riferisce che la palazzina è dotata di un’ampia sala dove alcuni dei migranti presenti stavano seguendo una lezione di italiano con un insegnante”. Forse si riteneva il corso terminato perché, come nei precedenti mesi si era fatto, non si svolgeva più nell’ala del Palazzo municipale concessa a suo tempo allo scopo? Ancora una frase della lettera del viceprefetto che si trova opportuno sottolineare, visto che ancora si continua a denigrare struttura e prefettura sui quotidiani, come testimonia una “lettera firmata” pubblicata sull’edizione di ieri de “Il Cittadino”; aggiunge il viceprefetto nella chiusura della sua lettera al quotidiano: “Delle risultanze del sopralluogo sono state effettuate riprese fotografiche e video”. Come dire che lettere, come ad esempio quella di ieri, altro non sono che macchie d’inchiostro su una pagina di giornale.
Nella foto la palazzina del centro di accoglienza di Brembio.