Secondo quanto contenuto in una lettera datata 17 luglio 2015, inviata dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea a Greenaction Transnational, “la discarica di Porto San Rocco (Muggia) è una delle discariche oggetto della sentenza del dicembre 2014 [della Corte di Giustizia UE, ndr], con riferimento alle quali la Commissione europea chiederà alla Repubblica Italiana di pagare le penalità semestrali sino a quando venga fornita la prova che le necessarie attività di decontaminazione sono state eseguite”. La discarica a mare, come si legge sul sito di Greenaction Transnational, era stata realizzata occultandovi 18 mila metri cubi di rifiuti tossico nocivi (idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenile, metalli pesanti) [“un mix di letali inquinanti cancerogeni racchiusi in una sacca plastica a tenuta stagna garantita dieci anni”, precisa Roberto Giurastante di Greenaction nel suo blog] e costruendovi sopra una collina artificiale (Parco delle Vele) con annessa spiaggia sottostante. La pericolosa discarica veniva denunciata da Greenaction Transnational all’autorità giudiziaria italiana (Procura della Repubblica di Trieste) sin dal 2003 ma senza alcun risultato. Il Tribunale di Trieste dichiarava la prescrizione del reato il 4 gennaio del 2006 senza riconoscere la continuazione dell’inquinamento in corso. Il Comune di Muggia non adottava nemmeno una misura di sicurezza per i rischi sanitari del pericoloso inquinamento, essendo l’area ampiamente frequentata e utilizzata come zona balneare. Una successiva denuncia alla Commissione Europea ed al Parlamento Europeo di Greenaction portava invece all’apertura del procedimento di infrazione contro l’Italia ed al suo deferimento alla Corte di Giustizia Europea, che nell’ambito della causa C-196/13 condannava l’Italia per le numerose discariche abusive presenti sul territorio. La sentenza della Corte di Giustizia Europea – sottolinea Greenaction, – è definitiva e prevale sulle decisioni dell’autorità giudiziaria italiana imponendo ora all’Italia la bonifica della famigerata discarica mascherata da area verde/parco giochi.
“Ci sono voluti 12 anni di lotta contro un intero sistema di malgoverno per arrivare a questo risultato. Un piccolo grande passo per la liberazione di Trieste dall’inquinamento. Un risultato importante per chi crede ancora nella legalità” scrive Roberto Giurastante di Greenaction e presidente del Movimento Trieste Libera. “La collina [Parco delle Vele, ndr] adibita ad area verde e parco gioco per bambini con annessa spiaggia sottostante era diventata la tomba perfetta per fare sparire i rifiuti più pericolosi il cui smaltimento regolare sarebbe stato troppo oneroso”, commenta ancora nel suo blog Giurastante.
Il Parco delle Vele non è la sola discarica interessante il territorio di Muggia, “altre discariche venivano poi realizzate a Porto San Rocco direttamente a mare. Oltre a quelle situate all’interno del Marina turistico, va ricordata la discarica ‘Acquario’ (dal nome della società responsabile) al confine con la Slovenia”, ricorda Giurastante che ha raccontato la storia delle discariche e del sistema massomafioso responsabile del disastro ambientale a Trieste nel libro “Tracce di Legalità” e che per aver denunciato l’esistenza della discarica abusiva di Porto San Rocco e la sua pericolosità era stato rinviato a giudizio, poi pienamente assolto, mentre “gli autori del reato, ovvero della discarica, venivano invece ‘salvati’, per loro nemmeno un rinvio a giudizio, ma la comoda prescrizione del reato”. Anche nel caso dell’Acquario, “la discarica a mare era realizzata con rifiuti tossico nocivi e doveva portare alla edificazione (sopra la discarica) di uno stabilimento balneare. Davanti alla discarica Acquario si trovavano (e si trovano) alcuni tra i principali allevamenti mitili della provincia di Trieste che venivano pienamente investiti dallo scarico continuato dei pericolosi inquinanti, tra i quali in notevole quantità il letale mercurio”, sottolinea Giurastante nel blog.
Muggia è stata la seconda tappa della campagna di sensibilizzazione sull’inquinamento del Territorio Libero di Trieste lanciata dal Movimento Trieste Libera il 5 settembre con lo scopo di informare e, appunto, sensibilizzare i cittadini del Territorio Libero di Trieste sul grave disastro ambientale perpetrato ai danni della loro terra. “In effetti – sottolinea il presidente del Movimento Roberto Giurastante sempre nel suo blog, – quando si parla dell’ancora poco conosciuto disastro ambientale di Trieste è difficile farne capire anche la rilevanza politica internazionale. Qui non è stata pesantemente inquinata una piccola provincia italiana, qui è stato pianificato ed attuato un crimine ambientale contro il territorio di un altro Paese. I 272 chilometri quadrati della provincia di Trieste sono stati utilizzati dallo Stato italiano come area per lo scarico di rifiuti speciali con la collaborazione delle asservite amministrazioni pubbliche locali. Una gestione dei rifiuti fatta per ‘distruggere’ il territorio nemico. Dal Carso, con le centinaia di grotte e doline adibite a discarica, al mare, con l’intero arco costiero (compreso il Porto Franco internazionale) disegnato da interramenti di rifiuti e discariche sottomarine, il territorio di Trieste è stato per decenni un grande laboratorio sperimentale per lo smaltimento dei rifiuti delle ecomafie istituzionali italiane. Ed è chiaro che ora i responsabili non vogliano pagare i danni a chi ha dovuto subire questo subdolo inquinamento venendone avvelenato. Ecco quindi l’importanza di azioni che portando ad accertare a livello internazionale le responsabilità degli inquinamenti nel territorio di Trieste, superano le barriere di una giustizia che l’Italia ha messo a guardia di uno scomodo passato e di un incerto futuro”.
MTL. A Muggia la seconda tappa della campagna sulle ecomafie
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