Bagnolo Cremasco (Lombardia) 01 settembre 2015

La via cremasca all’accoglienza di migranti chiedenti asilo

Dall’inizio del 2015 sono arrivati in Italia dal Mediterraneo 116.127 migranti (686 sono gli sbarchi). Sono 94.347 quelli accolti nelle diverse strutture che costituiscono l’attuale sistema di accoglienza, centri governativi e strutture reperite da prefetture ed enti locali, oltre a oltre diecimila minori non accompagnati. Il sistema dell’accoglienza così come finora è stato realizzato, ormai saturo, mostra difficoltà a rispondere adeguatamente all’emergenza. Un nuovo piano del Ministero dell’Interno prevederebbe, secondo le indiscrezioni apparse sulla stampa, la realizzazione di ventimila nuovi posti letto per ospitare i profughi e per questo è in corso la ricerca di possibili alloggi. Il maggior carico dovrebbero sostenerlo le regioni più popolose; alla Lombardia, facendo i calcoli, dovrebbe accogliere intorno ai 2.600 migranti. Saranno le prefetture nelle diverse regioni ad attivare procedure urgenti per la ricerca di nuove strutture di accoglienza: alberghi, campeggi, villaggi turistici che al termine della stagione turistica estiva potrebbero essere disponibili a fornire alloggio.
Non aiuta certo a dare risposte efficaci all’emergenza l’atteggiamento della Lega che sta cavalcando i timori della gente per portare a casa voti, arrivando a lanciare una crociata delle “truppe in camicia verde” per “occupare le prefetture”; oltretutto provocando una rincorsa anche da parte di vertici del PD locali, in provincia di Monza e Brianza, a Mantova e altri comuni della Lombardia, come racconta oggi qualche quotidiano. Con una disponibilità anche alle dimissioni, un vezzo usato per propaganda a Brembio e, a quanto sembra ormai, negato preferendo perdere la faccia piuttosto che la sedia.
Una decina di giorni fa il vescovo di Crema Oscar Cantoni aveva inviato alla sua diocesi una lettera con cui dava indicazioni pastorali per l’accoglienza dei profughi nelle parrocchie: “Di fronte al fenomeno dei profughi che ha assunto proporzioni di emergenza, faccio appello alla Comunità cristiana perché si renda disponibile ad una accoglienza responsabile e coordinata, in collaborazione con la Caritas diocesana e con le istituzioni civili. Ad oggi, in provincia di Cremona, sono presenti circa 580 profughi, arrivati sia nel 2014 che nel 2015, dei quali 63 ospitati dalla diocesi di Crema attraverso la Caritas. Si tratta di persone che hanno vissuto situazioni tragiche, che nessuno di noi avrebbe mai voluto affrontare e che hanno comportato l’abbandono della famiglia, della casa, delle proprie radici. Questo fenomeno non può lasciarci indifferenti. L’accoglienza dei profughi non è una semplice emergenza da gestire, ma chiama l’intera Comunità diocesana, in tutte le sue componenti, a interrogarsi sulle ragioni evangeliche dell’accoglienza, così da mettere in atto azioni di discernimento e testimoniare lo stile di una Chiesa ‘in uscita’, che sa abitare le periferie umane e stare accanto a chi soffre, come ripetutamente ci
chiede papa Francesco”. Nella lettera chiedeva il massimo impegno “perché sia assicurata una degna accoglienza mettendo a disposizione eventuali strutture disponibili e, soprattutto, generando relazioni di comunione e di fraternità. I profughi non necessitano solo di cibo e di un rifugio, ma di persone con le quali crescere in umanità”. Ricordando che “la Caritas diocesana ha ricevuto un mandato dai Comuni dell’ambito territoriale di Crema, segno di stima e di fiducia, per coordinare l’ospitalità dei profughi”, restando “inteso che le Istituzioni civili non si sottraggono alle loro responsabilità”, il vescovo affermava che ciò rappresentava uno stimolo ed una spinta “a garantire con responsabilità e correttezza, per quanto è nelle nostre disponibilità, l’accoglienza di queste persone nel rispetto delle convenzioni”.
Alla lettera è seguita la convocazione di un Consiglio pastorale straordinario per l’accoglienza diffusa, ieri lunedì 31 agosto, nel quale i responsabili della Caritas diocesana hanno illustrato la situazione attuale nel territorio cremasco e i progetti di intervento. “Con l’accoglienza nelle parrocchie – ha detto il vescovo, – e con l’assunzione di persone che esercitano il volontariato o mettono a disposizione i loro ambienti, non avranno un beneficio solo i profughi, ma ne acquisterà anche la parrocchia, le famiglie e i volontari. Alla fine ne risulterebbe una vera e feconda opportunità e una grande occasione di crescita per tutti noi, un grande passo in avanti sui sentieri della carità. Mostreremmo la misura della nostra fede, giacché la fede, senza la carità, è morta, come ci insegna l’apostolo Giacomo nella sua lettera”.

All’intervento del vescovo è seguito quello molto articolato del vicepresidente della Caritas cremasca Claudio Dagheti. Del suo intervento si estrapola qui la spiegazione dei costi e di come viene ripartito il finanziamento statale per l’accoglienza, che genera nei media molta confusione esasperando sospetti e dicerie dovute a disinformazione, i famosi 35 Euro giornalieri (1.050 Euro al mese) che vengono passati, nel caso di Crema, alla Caritas dall’Unione Europea tramite il Ministero dell’Interno per ciascun rifugiato: 75 Euro vanno direttamente alla persona accolta come pocket money; 200 per l’alloggio (i sindaci del Cremasco si sono impegnati a trovare soluzioni abitative presso i privati, concordando con Caritas una quota mensile per migrante accolto di 200 Euro, comprensiva di tutte le spese – una cifra non certo da speculazione, ma che permette di mettere in atto l’accoglienza, ha aggiunto Dagheti), 300 per il vitto, 15 per la ricarica telefonica, 50 per l’igiene personale, 100 per l’alfabetizzazione (4 ore la settimana per 5 giorni), 200 per orientamento sanitario, legale, il sostegno educativo e psicologico, l’accompagnamento, 150 euro vengono accantonati per sostenere l’immigrato nel momento in cui, ottenuto il permesso di soggiorno, esce dalla struttura di protezione e diventa cittadino normale, ma ha ancora bisogno per alcuni mesi di completare il percorso di integrazione.
Il direttore della Caritas don Francesco Gipponi ha considerato la presenza dei profughi come un’opportunità pastorale per le parrocchie: “Si va verso un’accoglienza diffusa, ha detto. Sarà economicamente più onerosa, ma ci sarà maggior possibilità di integrazione e maggiore sostenibilità. I piccoli gruppi (quattro per parrocchia, otto per le più grandi) possono essere un’opportunità per le comunità locali, i gruppi e le associazioni. Ovviamente i profughi che arriveranno nelle parrocchie saranno già stati selezionati, con problemi giuridici e sanitari già risolti. Nell’accoglienza in parrocchia i sacerdoti potranno svolgere un ruolo molto importante, comunque la Caritas sarà sempre disponibile per qualsiasi affiancamento”. Ed ha suggerito la collaborazione tra le parrocchie, ad esempio negli interventi di alfabetizzazione che potranno essere organizzati a livello zonale.
L’auspicio uscito dal Consiglio pastorale è che ogni comunità si prenda le proprie responsabilità e diventi protagonista dell’accoglienza e tutte possano lavorare con lo stesso metodo, individuare volontari e gruppi che possano mettersi a disposizione.