Brembio (Lombardia) 19 agosto 2015

Quei dossi furbetti causa di rumore e crepe vanno eliminati

Dossi artificiali, rallentatori del traffico, dissuasori, li si chiami come si vuole, sono regolamentati in maniera precisa dal Codice della Strada, sia per dimensioni e colore, sia per l’ambito in cui essi possono essere posizionati. Ma i comuni interpretano a loro piacimento le norme relative infischiandosene del principio di legalità che dovrebbe essere alla base di ogni amministrazione degna di questo nome. A Brembio i dossi, tutti da rimuovere secondo le norme di legge, aggravano un problema, quello del frequente passaggio dei mezzi agricoli per le vie cittadini, inadeguate al loro transito, senza che da parte comunale via sia segno alcuno di voler benché minimamente intervenire affrontando il problema adeguatamente e con raziocinio nell’interesse sia dei cittadini che delle aziende agricole costrette ad usare le strade del centro abitato per la loro attività. Forse, suggerisce radio piazza, perché di questi tempi si stanno aspettando le dimissioni, per coerenza, promesse dal sindaco sulla questione dei migranti (dimissioni che, proprio per salvaguardare l’istituzione, ben vengano!, la convinzione di tanti). La situazione è stata già ampiamente descritta nell’articolo, sempre su Youreporter.it, “Mezzi agricoli, disagi per dossi che non dovrebbero esserci”. Ci si ritorna sopra per alcuni altri aspetti. Nell’articolo citato si riportavano riferimenti ad alcune direttive del Ministero dei Trasporti, ribadite con il parere 26 ottobre 2011, numero 5274, cioè che i dossi non vanno posizionati lungo le corsie preferenziali, dove potrebbero transitare veicoli normalmente impiegati per i servizi di soccorso e di pronto intervento, ma il loro uso è consentito solo su strade residenziali, in parchi pubblici e privati e nei residence.
I dossi brembiesi non sono solo “fuorilegge” per i luoghi dove sono posizionati, ma addirittura anche per come sono colorati. Il Regolamento di attuazione del codice della strada, all’articolo 179 punto 4, dice chiaramente: “Sulle strade dove vige un limite di velocità inferiore o uguale ai 50 km/h si possono adottare dossi artificiali evidenziati mediante zebrature gialle e nere parallele alla direzione di marcia, di larghezza uguale sia per i segni che per gli intervalli visibili sia di giorno che di notte”. I dossi in fotografia (in Via Monte Grappa e in Via Vittorio Veneto) non sembrano proprio rispettare queste banali indicazioni. Stendiamo poi veli pietosi sull’interpretazione delle loro misure.
Conforta la speranza di un ravvedimento degli amministratori in proposito, il chiarimento del Ministero che ha sottolineato come il permanere in opera dei dossi in luoghi non consentiti, in caso di incidenti riconducibili alla loro collocazione, può dar luogo a Responsabilità Civile e Penale in capo a chi ne ha disposto la collocazione o a chi non ne ha disposto la rimozione. Il Comune in caso di sinistro deve pagare i danni al danneggiato.
Non ci si augurerebbe infine che anche a Brembio, come capitato altrove mal incappando, l’amministrazione venisse a raccontare alla popolazione, cercando l’aggiramento dell’ “ostacolo legislativo”, che quelle opere di rallentamento non sono dossi ma “passaggi pedonali rialzati” o “opere architettoniche di rialzamento”, che essendo completamente privi di normativa, pur avendo le caratteristiche di un dosso, non debbono rispettare le limitazioni. Così il Comune di Luzzara (Reggio Emilia) ha provato a fare nel 2009, ma dopo le varie segnalazioni al Ministero e denunce sulle irregolarità dei dossi e il non rispetto delle norme, due richieste di intervento rivolte al Difensore Civico e la raccolta di firme dei cittadini, che lamentavano l’alta rumorosità prodotta dai dossi e segnalavano crepe sui muri (raccolta di firme per chiedere di eliminare completamente i dossi, nel frattempo ridimensionati rispetto a come erano in origine) l’amministrazione è stata costretta a mettere in atto una serie di interventi che hanno prodotto come risultato una eliminazione di fatto del problema.