Parliamo ancora dell’emergenza migranti nel Lodigiano e nelle province vicine. Tre giorni fa il quotidiano Il Giorno nelle pagine locali, in chiusura di un articolo che riportava la situazione dell’accoglimento a Brembio, gestito da una onlus in una struttura privata, e dichiarazioni in merito raccolte dalla viva voce dell’imprenditore che aveva messo a disposizione la palazzina, riportava il diniego ad attivarsi per fornire alla bisogna posti pubblici, dato “a stretto giro di posta” dal comune di Casalpusterlengo, amministrato dal centrosinistra, ad una sollecitazione dell’associazione dei comuni del Lodigiano intervenuta per conto della prefettura. “Abbiamo subito trasmesso una nota ribadendo che non abbiamo posto”, aveva dichiarato il vicesindaco Alberto Labbadini al giornalista: “Non solo non abbiamo alloggi o fabbricati, ma abbiamo avuto e abbiamo ancora oggi diverse criticità da affrontare che ci impediscono di dare una risposta positiva all’appello della prefettura”, criticità che consistono in una decina di sfratti esecutivi e la consenguente necessità di trovare alloggi. Il vicesindaco così giustificava l’insensibilità dell’amministrazione verso l’emergenza: “Capiamo che c’è un’emergenza a livello nazionale, ma non si può chiedere ai Comuni di farsi carico di situazioni difficilmente gestibili proprio per la presenza di altre problematiche a monte. E inoltre come si fa a spiegare a chi è già qui, italiano o straniero, che per chi arriva c’è già pronto un alloggio con vitto?”. Cioè, parafrasando, si rischierebbe la rielezione. Fa tristezza notare, vale per la gran parte delle amministrazioni del territorio, come si frappongano ostacoli a più non posso all’emergenza e nel contempo non vi siano remore a buttare denaro pubblico nell’organizzazione di una miriade di feste che possono ben equipararsi al “panem et circenses” dei romani.
La verità è che l’emergenza migranti sta mettendo alla luce tutta l’ipocrisia degli amministratori. Un esempio viene da Crema, dove, raccontava ieri La Provincia, in viale Santa Maria – via Mulini vi è l’area industriale dismessa, i capannoni dell’ex Everest, trasformata in rifugio per la notte da senza dimora italiani ed extracomunitari. Un tetto, per giunta pericoloso per la salute aggiunge il cronista, niente servizi igienici, niente acqua corrente, manca l’elettricità. Un numero preciso di quanti abitano quegli ambienti non è dato, c’è chi dice una cinquantina; così descrive il giornalista la loro giornata: “Escono la mattina e tornano solo per la frugale cena (in pochi) e tutti per dormire”. Chi risiede nei paraggi dice che “abitanti nell’ex area industriale ce ne sono sempre stati, ma mai in numero così elevato. Convivono tra loro senza particolari problemi, non disturbano, non chiedono aiuto ai ‘vicini’. Invisibili”. Già, invisibili, invisibili per tutti, istituzioni comprese, conclude l’articolo: nessuno ha mai offerto loro una soluzione alternativa. E significative le parole di uno dei residenti che descrivendo gli invisibili abitanti dell’ex Everest dice: “Italiani che hanno perso il lavoro, la casa, e che per mangiare vanno a prendere i pacchi alla Caritas. Non ci sono solo i profughi da dover assistere”. Già, ma per questi disgraziati che vengono oggi strumentalmente usati da politici e amministratori per giustificare l’indisponibilità a dare una risposta all’emergenza, mostrando di curare di più il proprio strapuntino nel pullman della politica che i problemi della comunità che amministrano che esulino dall’ordinaria amministrazione, nessuno pensa né ha mai pensato soprattutto prima che i migranti diventassero una emergenza epocale.
Il quotidiano La Libertà di Piacenza, tre giorni fa, parlava dell’arrivo di 36 nuovi richiedenti asilo affidati alla prefettura piacentina e evidenziava la linea decisa del prefetto Anna Palombi (in fotografia), che ha convocato la Caritas di Piacenza-Bobbio, la diocesi e i 19 sindaci della provincia che si rifiutano di ospitare i profughi sul loro territorio, che il giornale non manca di elencare: “Basterebbe che ognuno ospitasse sul proprio territorio 2 migranti e anche questa nuova emergenza sarebbe affrontata”. E a questa osservazione il prefetto aggiungeva: “Siamo a conoscenza di persone che hanno strutture disponibili o appartamenti sfitti in quei territori e che vorrebbero metterli a disposizione ma non possono perché vengono dissuasi”. Siamo, dunque a questo. La lettera di convocazione, datata 5 agosto, che il prefetto Palombi ha inviato ai sindaci, ed in cui si osserva che non è più possibile gravare sulle strutture di Piacenza invitandoli a reperire “alloggiamenti disponibili all’accoglienza”, contiene un ultimatum: se i sindaci dei comuni interessati entro Ferragosto non avranno reperito gli alloggi, “questa Prefettura sarà costretta ad adottare provvedimenti d’urgenza mirati ad occupare strutture idonee”. Verrà cioè usato il potere coercitivo che il prefetto ha di requisire alloggi d’accoglienza. Naturalmente la speranza espressa dal prefetto di Piacenza è che quella indicata sia davvero l’ultima spiaggia, spera nei sindaci, che si convincano a collaborare, anche perché, dice: “Vorrei ribadire che nessun Comune dovrà spendere un euro per l’accoglienza”. L’ospitalità attualmente è gestita da privati pagati dallo stato, per i nuovi profughi la prefettura redigerà un nuovo bando di gara. I profughi devono essere visti come una possibile risorsa, aggiunge il prefetto, “come sta accadendo a Ponte dell’Olio o a Rivergaro”, dove è stato stipulato un protocollo d’intesa sulla cui base i migranti ospitati da Oltre Mediterraneo vengono impiegati per lavori utili alla collettività. E cosa analoga è in via di definizione a Calendasco.
All’incontro con il prefetto di Piacenza si sono presentati solo una decina dei 19 sindaci convocati. Un incontro dai toni accesi, che, come riportano le cronache, ha mostrato la povertà di idee degli amministratori locali: “Sfruttiamo le aree militari in disuso” (sindaco di Sarmato), “Ad oggi non ho notizie di privati che abbiano spazi da mettere a disposizione” (sindaco di Rottofreno), le sole citazioni evidentemente degne di menzione riportate da La Libertà. E, naturalmente, non è mancato il ritornello “l’auspicio, a fronte di questa richiesta di collaborazione da parte della Prefettura, è che anche l’autorità governativa proceda in maniera condivisa con i comuni e non assuma decisioni tenendoci all’oscuro di tutto sino all’ultimo”. Proprio vero: astenersi perditempo. Inevitabile che arrivi la notizia che, “allo scopo di fronteggiare la nuova ondata migratoria nel Piacentino, la Prefettura annuncia che si rende necessario dover ricorrere – nelle more di una nuova gara – anche a forme di contrattazione diretta con soggetti disponibili, al fine di garantire il previsto servizio di accoglienza ed assicurare una più equa distribuzione degli ospiti attualmente presenti sull’intero territorio provinciale”. Un invito, dunque, rivolto al privato sociale e a titolari di strutture ricettive private. Tra giovedì e venerdì a Piacenza sono arrivati venti nuovi profughi che sono stati inseriti in varie strutture della città.
Se i migranti portassero voti, tutti pronti ad accoglierli
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