Roma (Lazio) 23 marzo 2015

ROMA- Belvedere Fornaci o campo cardini?

ROMA- Belvedere Fornaci una volta Belvedere cardini.

Adesso è stato aperto un piccolo polmone verde con giochi per bambini, situato sotto il Gianicolo lungo le Mura Aurelie, la cui entrata è a metà di via delle Fornaci, in sostanza di fronte all’attuale Carrefour (ex Gs). In origine questo belvedere era chiamato cardini, dal nome dei cardi spontanei dei carciofi. (vedi le foto). Abbiamo conversato con Vittorio Di Felice, una delle tante memorie storiche del quartiere. Siamo davanti all’entrata del Belvedere e Vittorio inizia il suo racconto. “Campo dei cardini era senza recinzione c’erano alberi da frutta e carciofi spontanei, i cosiddetti cardini, da qui il nome del Belvedere. – Inizia così il racconto di Vittorio e continua – Palazzo delle Rondini era dei Casermaggi, stavano tutti in affitto, dietro il casolare di campagna (dove sono nato) c’era l’hosteria vini e olio della sora Assunta (la madre di Vittorio n.d.r) . C’erano le baracche e una piccola strada di terra battuta, le stalle e i carrettieri con cavalli, che trasportavano le merci con i carri denominati “le barozze”, un carretto con due sole ruote alte tipiche del Lazio. Da questo punto – siamo vicino all’attuale Carrefour – fino a via Domenico Silveri fu costruita la via, nel 1955, la proprietà era di Berardinelli e alla fine della strada c’era una costruzione barocca di due piani con tanto di giardino e alberi da frutta. La palazzina all’interno aveva degli affreschi era la sede del Comando dei Carabinieri di Cavalleggeri. Il Comandante della Stazione si chiamava M.llo Rita, con il figlio sono cresciuto insieme. – continua nel suo racconto Vittorio – Quando hanno ristrutturato l’edificio e demolirono la suddetta costruzione barocca con tanto di decorazioni e pitture. Quì vicino c’era una signora che si chiamava Renata, era l’unica sarta presente in zona. In quegli anni, solo lei aveva il telefono, dal quale tutti gli abitanti della zona comunicavano con i propri parenti e per la cortesia e le spese lasciavano un obolo . Mentre sotto c’era la fonderia Veschi di Arturo e Filippo nella quale realizzavano modelli di bronzo, alluminio, in sintesi tutti materiali leggeri che non si fondevano con l’altoforno. In fondo c’era il casello della stazione, il casellante si chiamava Antonio e sua moglie si chiamava Olga. I loro figli si chiamavano Orfeo e Tonino. La signora Olga vendeva anche i conigli, in pratica in quegli anni si viveva soprattutto di baratto, diciamo un pò evoluto. Era pieno di orti. Ancora sento il sapore di fichi scuri della sig.ra Maria, che si chiamavano “abbruciotti” in gergo romanesco. Erano di una bontà indescrivibile. Il muro che vediamo adesso – vicino alla fontana – è ancora originale. Ora hanno chiuso e ci sono bambù anche scuri, molto rari. La fornace che noi chiamavamo la fabbrica dei santari, poiché venivano cotte al forno le statue dei santi in terracotta, era di una società del Vaticano. C’era una ciminiera e una torre molto alta, dove sulla punta emergeva un parafulmine che fù rubato in tempo di guerra. Nel maggio del 1951 un fulmine si abbattè sulla ciminiera che cadde e rovinò una costruzione adiacente, quel temporale è rimasto nella memoria della gente del quartiere. In quell’occasione morì mia nonna Caterina Durante, mio nonno Minerva Floriano e un mio zio rimasero feriti. Al piano sotto c’era una famiglia chiamata dei baresi, emigrata da Bari, e uno dei suoi figli faceva il meccanico fino a qualche anno fa in fondo a via delle Fornaci al civico 48, deceduto per tumore. La causa di risarcimento danni della fabbrica che non fù rimessa in sicurezza, finì alla metà degli anni ’80, con una piccola elemosina elargita agli eredi rimasti in vita. L’ Hosteria vini e olio della sora Assunta – mia madre – si teneva su con le persone che venivano all’ostello della gioventù, dopo il palazzo delle rondini al quale fu dato fuoco. Durante il giubileo del duemila fu riadattato e riutilizzato, era di proprietà del Comune. Negli anni 1950, 51,52 fu costruita la nuova via delle Fornaci. Mio padre lavorava al genio civile, e veniva insieme con altri sminatori per disinnescare eventuali residui bellici, in quel contesto conobbe mia madre, gestrice dell’Hosteria . Gli operai di allora si portavano la pagnottella da casa, incartata con il foglio di giornale, venivano a bere e si sedevano. Dopo sono arrivato io. IL casolare fu demolito dopo le olimpiadi del 1960 da un macchinario che sopra una gru aveva una palla che oscillava verso l’edificio da demolire. Il territorio, probabilmente fu dato dal Comune alla famiglia Andreuzzi, noto costruttore romano, il quale fù rapito con richiesta di riscatto. Questo dopo le olimpiadi, intorno quindi al 1962-63. Le fondazioni dei palazzi erano realizzate tramite i battipali, infatti la grù tirava in alto un palo di acciaio e successivamente nella caduta realizzava l’enorme foro dove veniva colato il cemento armato. I lavori comunque furono bloccati per diverso tempo, presumibilmente per circa un anno, perché sotto trovarono un torrente di acqua corrente limpida e impetuosa, quindi a velocità abbastanza elevata che passava in diagonale da sotto via delle Fornaci all’altezza più o meno dell’attuale civico 48, proseguendo sino alla Chiesa, per finire in diagonale sino al mercato di via Gregorio VII, dove c’era un laghetto. In quel tempo tutti noi andavamo a bagnarci da ragazzi, se qualcuno s’inoltrava c’era un effetto sabbie mobili, infatti un ragazzo di allora soprannominato Er Pantera morì affogato. Adesso lungo via delle Fornaci si sente ancora l’acqua che scorre in alcuni punti dove ci sono i tombini. Nelle vicinanze dell’attuale Carrefour c’era una sorgente di acqua sulfurea, vicino alla galleria del tunnel della ferrovia”. A questo punto termina il racconto. Adesso il nome dell’ area è Belvedere Fornaci in origine chiamato Belvedere cardini. Questa è una delle tante storie del quartiere Fornaci-Cavalleggeri alla quale se ne potrebbero aggiungere altre.

G.D.S.

gioliv@hotmail.it