Qualcuno di freudiana memoria le definisce: “vecchie trappole della psiche vestite a nuovo grazie alle moderne tecnologie”.
E così, sarà capitato anche a voi, magari quando siamo in spiaggia, pronti a tuffarci nelle acque cristalline, sentire la suoneria del telefonino e cercare di correre ansiosamente verso il vostro lettino, magari prima inciampando in qualche buca scavata da un “simpatico” ragazzino, per poi scoprire che a squillare non era il nostro telefonino ma quello del nostro vicino di ombrellone che, invece, stava placidamente disteso, sornione, sul suo lettino.
La cosa può diventare ancora più grave se, controllando il nostro telefonino, scopriamo che avevamo impostato la suoneria su mute.
Che il telefono, ricordo con una certa nostalgia quello con la ghiera girevole sui numeri o a tasti, fosse necessario per la nostra vita ne eravamo certi ma che entrasse così tanto nel nostro cervello fino al punto di sentirlo suonare anche quando lo abbiamo dimenticato a casa, questo era veramente impossibile da prevedere.
Daniel Krugher e jaikob Djerf, due studiosi dell’Università del Michigan, hanno condotto degli esperimenti sul caso dello squillo “fantasma” arrivando alla conclusione che circa l’80% dei soggetti presi in esame ha sentito suonare, e ne è certo, la suoneria del proprio cellulare e di aver vissuto degli stati di ansia perché non capiva da dove provenisse lo squillo o dove avesse lasciato il telefonino.
Secondo i due ricercatori, però, è l’ansia stessa ad ingannare la percezione dei telefonini/dipendenti. L’origine di questo disturbo sarebbe da rintracciare nella solitudine e nelle paure di ognuno di noi.
Chi è assolutamente dipendente dal cellulare, chi – magari – continua a controllare lo schermo nella speranza che si illumini e che – magari – sia il proprio amore… proietta sul cellulare il proprio stato di solitudine con il proprio desiderio/bisogno e così…lo sente squillare o ne ha, almeno, l’impressione e perciò controlla di continuo nelle proprie tasche o nelle borse.
Il fenomeno, in via di diffusione, si chiama Ringanxiety dall’inglese ring (squillo) e anxiety… ovviamente ansia
Ringanxiety, la nuova sindrome ansiogena
Pubblicato in Arte e Cultura |