Catania (Sicilia) 27 maggio 2017

Delocalizzazioni H3G: dramma dei lavoratori

La spada di Damocle del licenziamento pende, minacciosa, sui circa 900 lavoratori italiani ex H3g, azienda italiana delle comunicazioni telefoniche altrimenti nota come “3 Italia” o semplicemente ” Tre”.
Ciò avviene perché l’azienda ha deciso la delocalizzazione in altra Nazione delle centrali operative dei loro Call-Center. Quella delle delocalizzazioni in altre Nazioni delle attività lavorative da parte delle aziende è prassi consolidata, alla quale ben poche si sottraggono. I vantaggi economici, infatti, di tale sistema sono altissimi ed è difficile che un imprenditore rinunci a questa ghiotta opportunità per realizzare plusvalenze e maggiori utili per la propria azienda.
Quando ciò accade si riscontrano una serie di azioni, da parte dei lavoratori, dei sindacati e a volte dei Partiti politici, che insorgono in difesa dei livelli occupazionali, del patrimonio aziendale, dell’economia nazionale.
Quando intere categorie di lavoratori rischiano la perdita del posto di lavoro per le delocalizzazioni appunto, ecco che giornalisti -non sempre-, economisti, sociologi, tuttologi si sentono in dovere di spendere fiumi di parole per portare solidarietà ai poveri cristi che sono tribolanti ed in ansia perché vedono svanire la loro unica fonte di sostentamento.
Ed è certamente cosa giusta manifestare solidarietà e vicinanza a chi si viene a trovare, suo malgrado, in queste ambasce. Peccato che spessissimo questi attestati di solidarietà lascino il tempo che trovano, non servono, infatti, a nulla, non risolvono la questione sul tappeto e, dopo un momento di condivisione, che voglio credere sincera, lasciano i lavoratori soli nella loro disperazione.
Non è di questo che hanno bisogno, gli attestati di solidarietà hanno un senso se sono propedeutici a delle azioni che mirino a risolvere il loro problema, garantendo la continuazione del lavoro, magari a condizioni migliori e con i giusti riconoscimenti sindacali.
Ma può essere così? Secondo me no! Cerco di spiegarmi, e di farlo in modo semplice, volendo essere capito da quante più persone possibili.
Intanto cerchiamo di comprendere perché un’azienda delocalizza la propria attività in altre nazioni.
E’ una scelta meramente economica. Nelle Nazioni dove si delocalizza, il costo del lavoro è infinitamente più basso. Ed è così perché in quelle Nazioni le garanzie Sindacali dei lavoratori sono pressoché inesistenti, i salari molto più bassi che da noi, i costi delle materie necessarie – energia elettrica, materie prime, trasporti ecc. – molto contenuti.
E siamo al nocciolo del problema.
Le aziende operano in un sistema liberista regolato, economicamente e non solo, dal Mercato, è logico quindi che cerchino di realizzare il maggior profitto dalle loro attività. Non si può pretendere che un imprenditore che deve stare sul Mercato non cerchi di risparmiare il più possibile. Per l’Azienda, infatti, conta l’Utile. Oggi è così.
Il problema, allora, non è l’azienda che delocalizza, il problema è il Sistema. Fino a che si accetta questo Sistema, si deve accettare, inevitabilmente tutto ciò che di negativo esso comporta.
Fino a quando la regola è il profitto, non ci sarà mai un imprenditore che non delocalizzerà la propria attività se questo gli fornirà maggiori utili. Ed è sì un problema di egoismo ma anche una logica commerciale data dal dover stare in questo sistema. Questa è la logica del Capitalismo.
Non comprendere questo significa non comprendere nulla, significa continuare a stracciarsi le veste ogni volta che una Azienda delocalizza, significa piangere assieme ai lavoratori che, ciclicamente, perdono il posto. Non delocalizzano, infatti, due categorie di imprenditori: quelli che non hanno una dimensione industriale tale da giustificare tale operazione e quelli che, invece, sopperiscono alle perdite con gli aiuti statali.
Fanno ridere, anzi piangere, vista la gravità delle situazioni, quelli che invocano il ritorno in Patria delle aziende delocalizzate. Non lo faranno mai.
E allora, ci si chiede, il problema è senza soluzione?
No, non è vero che non ci sia soluzione, credo invece che sia possibile invertire queste dinamiche. Ma per farlo bisogna cambiare Sistema. Ecco il nocciolo della questione. Cambiare sistema. Uscire dalla logica dell’economia di mercato; del liberismo economico e sostituire ad esso un Sistema che regoli diversamente il mondo del lavoro e della produzione.
Una Nazione che faccia scelte che vadano in direzione opposta a quella in cui ci siamo avventurati con la Globalizzazione, è l’unica via d’uscita che possiamo immaginare.
Un’economia socializzata, che metta la nazione al centro del processo produttivo, che realizzi lo Stato Nazionale del Lavoro, che renda partecipi i lavoratori dei processi gestionali e politici delle aziende in cui lavorano, la partecipazione agli utili generati, sono solo alcune delle cose che andrebbero fatte.
Solo se sottraiamo il lavoro alla logica del profitto possiamo sperare che le cose evolvano in modo diverso e più favorevole ai lavoratori, ma anche a tutta la Nazione.
Non comprendere questo significa non riuscire a dare risposte serie e fattibili ai problemi che anche la delocalizzazione prospetta. E’ inderogabile affrontare questi problemi, farlo in modo sereno e intellettualmente onesto.
Questo dobbiamo comprendere tutti, e soprattutto i circa 900 lavoratori ex H3g:

Mario Settineri
Segreteria Nazionale MSFT