Egitto, Paese estero 10 luglio 2015

Omar Sharif: il bridge, le donne e l’ultimo applauso sul red carpet

Scomparso a 83 anni, confessò di aver bisogno di fare cinema per pagarsi il gioco
di Maurizio Porro

A 83 anni è morto in un ospedale del Cairo colpito da lieve infarto, ma da tempo in lotta contro l’Alzheimer, Omar Sharif il divo divenuto celebre con kolossal come Il Dottor Zivago e Lawrence d’Arabia, vincitore di Golden Globe, del Leone d’oro alla carriera di Venezia e una nomination all’Oscar. Fu il grande seduttore di stampo mediterraneo, capelli neri e ricciuti, baffo in evidenza, negli occhi il furore di alcune passioni che non l’avrebbero mai lasciato: il bridge e le donne in primo piano.

Lawrence d’Arabia
Nato ad Alessandria d’Egitto, ma di origine siro babilonese, il 10 aprile 1932 ebbe il primo tempo della carriera legato al cinema egiziano per cui fece ben 21 film di successo (anche con firme celebri come Youssef Chahin), di cui solo due giunti in Italia e per sposare la sua partner Faten Hamama (da cui si divise nel ’66) si fece musulmano. Deve a David Lean il suo lancio internazionale, gli diede il ruolo dello sceriffo amico di O’Toole in Lawrence d’Arabia e da qui partì col biglietto da visita di seduttore di stampo arabo anche se sullo schermo fu armeno, russo, tedesco, napoletano, austro ungarico. I suoi grandi successi, fino a Funny girl con la Streisand, ’69, sono degli anni 60 quando il cinema era un grande spettacolo e aveva un grande pubblico: dopo la crisi e alcuni polpettoni sentimentali come Mayerling con la Deneuve, anche Sharif risente di un eccesso di romanticismo coatto. Finiti i tempi in cui Zivago stava in cartellone a Roma 600 giorni.

I film per pagare il gioco
Combatte e ama, ama e combatte sullo schermo ed anche nella vita, corteggiando le famose e belle partner, ma passando metà della sua vita nei casinò e ai tavoli da gioco da dove usciva sempre “spennato”. Facevo film per pagare il gioco, confessò: quello di Funny girl sembra un ruolo autobiografico. Ma di bridge se ne intendeva, aveva scritto anche un manuale. Il cinema lo tradì, almeno nelle dimensioni dello star system cui si era abituato, ma trovò modo di corteggiare Sophia in C’era una volta, la Bergman in Una Rolls Royce gialla, la principessina Deneuve, per poi intraprendere un secondo tempo molto tv, con apparizioni anche negli studi della Carrà e lo sceneggiato religioso che lo mette in cattiva luce con Al Qaeda. Nel 2003 gira Mr. Ibrahim e i fiori del Corano di Depardon, da Schmitt e si prende il Leone alla carriera alla Mostra di Venezia, ultimo applauso sul red carpet.

A 83 anni è morto in un ospedale del Cairo colpito da lieve infarto, ma da tempo in lotta contro l’Alzheimer, Omar Sharif il divo divenuto celebre con kolossal come Il Dottor Zivago e Lawrence d’Arabia, vincitore di Golden Globe, del Leone d’oro alla carriera di Venezia e una nomination all’Oscar. Fu il grande seduttore di stampo mediterraneo, capelli neri e ricciuti, baffo in evidenza, negli occhi il furore di alcune passioni che non l’avrebbero mai lasciato: il bridge e le donne in primo piano.

www.corriere.it/