Caserta (Campania) 23 marzo 2016

AO e ASL campane, troppi crediti da recuperare e burocrazia

Aziende ospedaliere e sanitarie campane, enormi masse di crediti da recuperare: omissioni o lungaggine burocratica?
Stato ed enti pubblici rivelano da decenni tratti e forme tipiche di un gigantesco colabrodo attraverso il quale vengono puntualmente dissipate e disperse nel nulla risorse di ogni specie. La sanità è sicuramente una di esse dal lontano 1948, allorquando essa abdicò al ruolo di presidio assicurativo e solidaristico durante l’evoluzione dello Stato Sociale affermato dal fascismo, in favore di un caliginoso e sfuggente concetto di “bene pubblico”, tutt’ora impalpabile. Il decreto regionale del sub commissario ad acta n.52 del 2010 per il rientro del debito sanitario stabiliva che tutti i crediti vantati dalle aziende ospedaliere in ordine alle prestazioni di soccorso offerte in “codice bianco” dagli ospedali dovevano essere recuperati, in caso di inadempienza dell’utenza. La norma attiene alle prestazioni di pronto soccorso meno urgenti, numericamente cospicue e consistenti, per le quali occorre corrispondere quei fatidici 50 euro che molti cittadini “distratti”, stranieri, immigrati, clandestini, extracomunitari e rom omettono puntualmente di versare. Stando ad indiscrezioni provenienti da addetti ai lavori, in oltre 5 anni dall’emanazione del decreto suddetto, le leadership delle aziende ospedaliere campane non sembrano essersi attivate con particolare solerzia e manifesti risultati in funzione del succitato onere di rivalorizzazione creditizia sancito dalla norma predetta. Non pare rappresentare un’eccezione neppure la governance dell’azienda ospedaliera casertana che, a quanto risulta, lo scorso 2015 ha ufficialmente affidato il recupero dei crediti maturati in ordine alle prestazioni sanitarie in “codice bianco” non saldate dagli utenti ad Equitalia, appendice abrasiva dell’insidiosa Agenzia delle Entrate”. Sorvolando sul merito dei procedimenti amministrativi e sui trascorsi non sempre chiari delle ultime istituzioni summenzionate confermati recentemente anche dalla Corte Costituzionale, è lecito chiedersi a questo punto se gli avvisi di pagamento relativi alle prestazioni sanitarie fruite indebitamente da cittadini e avventori, eventualmente gravati da balzelli e gabelle accessorie, siano effettivamente andati a buon fine. E’ un diritto-dovere dei cittadini, del resto, conoscere le sorti della gestione del denaro pubblico partecipando attivamente alle spese dello Stato, secondo quanto stabilito dall’articolo 53 della Costituzione. Alcuni medici delle aziende ospedaliere casertane e napoletane riferiscono che i blandi processi di recupero forzoso dei crediti procedono a rilento e le reiterate interruzioni non fanno altro che ridimensionarne le aspettative di successo sino a produrre legittimi dubbi sull’intero modus operandi. A prescindere dai fatti esposti, dall’inattività prolungata e dall’inerzia amministrativa potrebbero derivare, danni, dissidi, pregiudizi alla qualità reale e percepita dei servizi, violazioni e insanabili contraddizioni legate alla ratio delle stesse procedure di riappropriazione delle risorse pubbliche. E’ una questione degna di nota se si tiene conto che Il tempo logora l’esigibilità dei crediti affievolendo inesorabilmente prospettive e certezze legate alla solvibilità. Le lungaggini burocratiche e l’inoperosità amministrativa, più in generale, possono pregiudicare definitivamente l’esito della riscossione , implementandone complessità, costi diretti ed indiretti, sino a trasformali in “sunk costs”, ovvero costi irrecuperabili. Anche gli accertamenti tributari, ben oltre le fiabesche acrobazie del fisco delirate dai media in ordine alle somme recuperate dalla famigerata lotta all’evasione, diventano spesso talmente antieconomiche ed inopportune da vanificare, in toto o in buona parte, sforzi e pretese erariali. Stando alle rivelazioni di maestranze, gli scarni tentativi eseguiti sinora nelle aziende ospedaliere delle province di Napoli e Caserta per il recupero dei crediti relativi alle prestazioni sanitarie in “codice bianco”, rischiano di allinearsi ad altri mastodontici e disdicevoli sprechi che ammantano la sanità “pubblica”, tanto decantata dai manuali di legislazione sanitaria. Alla base delle suddette asimmetrie potrebbero brulicare le “disattenzioni” di decine di impiegati preposti a al controllo che, in alcuni casi non sporadici, potrebbero configurarsi come vere e proprie omissioni. Basti pensare alle presenze non monitorate dei cartellini dei dipendenti i cui debiti orari non vengono affatto contestati o alle malattie rilevate che non vengono opportunamente indagate. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal 2010 ad oggi e sono maturi i tempi per conoscere l’esito del dettame normativo regionale in ordine alla correttezza di procedure di rientro di preziose risorse economiche e finanziarie che appartengono alla collettività piuttosto che alla speciosa discrezione di ondivaghe elite, la cui credibilità è ancora opinabile (nella foto il pronto soccorso di Caserta).