Augusta (Sicilia) 05 luglio 2015

AUGUSTA, ANTONIO L’ULTIMO GUARDIANO DEL FARO

Antonio Coria, 54enne, l’ultimo guardiano del faro in contrada Santa Croce, “solo, povero, abbandonato e disabile” , come si autodefinisce nella sua lettera alla nostra redazione, si reca nella sede del locale commissariato della polizia di Stato. Chiede di qualcuno cui esporre i suoi timori per la vita. Un ispettore lo ascolta, lui fa nomi e cognomi, ma l’ispettore non verbalizza la denuncia.
Coria afferma che già, tre anni fa, qualcuno aveva attentato alla sua vita e, quindi, chiede che lo Stato lo protegga. Poiché la sua denuncia non viene verbalizzata, segnala il fatto nel sito ufficiale della Questura di Siracusa. Telematicamente gli rispondono che compiranno indagini.
Contemporaneamente scrive al DIARIO, come aveva fatto un anno fa per denunciare di non essere retribuito pur svolgendo una mansione pubblica: quella del guardiano del faro, anche se questa figura non esiste più. Un anno fa andammo a trovarlo e raccontammo la sua storia, mettendo in evidenza anche i tanti manifesti da lui affissi sul muro di cinta che delimita il fato, per “gridare” la sua protesta.
Ritorniamo ancora. I manifesti sono aumentati ed è più visibile la perdita dei denti di Coria, che appare più dimagrito, più mal ridotto rispetto a un anno fa. Vive o,meglio, sopravvive con un miserando assegno di 29o euro al mese che l’INPS gli passa perché ha una disabilità (mentale), che gli consente di ricevere solo quella cifra. Come sopravvive? Semplice. E’ un vegano, mangia, cioè, soltanto frutta e verdura. La frutta l’acquista approfittando delle offerte speciali. La verdura la sceglie lui stesso, andando di campo in campo con una bicicletta altrettanto miseranda , accompagnato da un vecchio cane spelacchiato. Non spende soldi per l’affitto perché alloggia in una casupola che un secolo fa era la stalla dei muli, le cavalcature che consentivano ai vecchi guardiani del faro di salire fin lassù.

Chiediamo a Coria lumi sulla sua denuncia non verbalizzata. Risponde: “Non posso dire più di quello che ho detto”, risponde laconico. Coria non parla,ma è evidente che chiede aiuto. Lo chiede disperatamente attraverso tanti segnali: manifesti-denunce, denunce verbali o scritte. Qualcuno lo aiuterà?
Giorgio Càsole