Dieci i casi riscontrati tra il personale sanitario
Al via la disinfestazione mentre alcuni pazienti sono stati trasferiti
Chiuso il reparto di Cardiologia all’Ospedale Di Venere di Bari. Ma questa volta la drastica scelta non arriva a causa dei tagli alla sanità. La decisione è stata presa in seguito a una decina di casi di scabbia, tutti tra il personale sanitario.
Come disposto dalla direzione generale e da quella sanitaria della Asl di Bari, alla sezione del nosocomio, uno dei più grandi in Puglia, sono stati messi i sigilli per le opportune operazioni di disinfestazione.
Una quindicina di pazienti dei venti totali, quelli meno gravi, sono stati gradualmente trasferiti negli altri ospedali della provincia che hanno messo a disposizione posti letto (dal San Paolo a Putignano). Nessuno di loro sarebbe stato contagiato dalla malattia.
Colpiti dall’infezione invece tre medici e sette infermieri
Secondo quanto riferito dal direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro, è stata attivata una task force per seguire la vicenda e nel giro di tre o quattro giorni verrà conclusa la disinfestazione, consentendo il rientro dei pazienti.
Da quanto reso noto i primi due casi di scabbia erano stati segnalati giovedì scorso. Il direttore sanitario Domenico Labate ha spiegato che “il primo caso lo abbiamo riscontrato il primo luglio. Abbiamo sottoposto a visita tutti i dipendenti e tutti i pazienti. Tutte le stanze sono state bonificate e abbiamo sottoposto pazienti e medici a profilassi. Quelli contagiati rimarranno a casa sotto terapia per 15 giorni. È facile che il contagio si diffonda in un ospedale come il nostro, che accoglie migranti e persone senza fissa dimora da tutta la provincia”.
Come tristemente noto infatti dietro al boom di contagi c’è proprio l’immigrazione selvaggia e incontrollata. E questa volta a pagarne le spese è stato addirittura un intero reparto. Anche se non tutti i pazienti sono stati trasferiti. “Il reparto non accetta più ricoveri, ma non siamo chiusi – spiega il primario Carlo d’Agostino – Restano attive la terapia intensiva e l’emergenza urgenza, visto che sarebbe pericoloso per esempio trasferire un paziente con infarto in corso”.
L’attività del reparto riprenderà non appena l’organico tornerà al completo e sarà superata la fase di criticità.
Una situazione duramente contestata in una nota dalla segreteria provinciale della Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità). “La circostanza – denuncia la Fials – è di una gravità inaudita atteso che non è concepibile che tutti i dieci dipendenti della cardiologia del Di Venere abbiano potuto contrarre la malattia nello stesso momento. Il che significa che le misure di prevenzione e protezione sono state evidentemente ignorate dalla direzione sanitaria dell’ospedale”.
Per il sindacato autonomo “è del tutto evidente che le misure di sicurezza per la tutela della salute nell’ambiente di lavoro, che dovrebbe essere garantita per legge, all’ospedale Di Venere non sono attuate”. La Fials, “apprezzando l’intervento della direzione generale della Asl Bari”, chiede infine che “sia avviata con urgenza apposita indagine interna al fine di individuare eventuali responsabilità, da segnalare all’autorità giudiziaria”.
Chiuso il reparto di Cardiologia all’ospedale Di Venere di Bari. Ma questa volta la drastica scelta non arriva a causa dei tagli alla sanità. La decisione è stata presa in seguito a una decina di casi di scabbia, tutti tra il personale sanitario. Come disposto dalla direzione generale e da quella sanitaria della Asl di Bari, alla sezione del nosocomio, uno dei più grandi in Puglia, sono stati messi i sigilli per le opportune operazioni di disinfestazione.
Una quindicina di pazienti dei venti totali, quelli meno gravi, sono stati gradualmente trasferiti negli altri ospedali della provincia che hanno messo a disposizione posti letto (dal San Paolo a Putignano). Nessuno di loro sarebbe stato contagiato dalla malattia. Colpiti dall’infezione invece tre medici e sette infermieri.
Secondo quanto riferito dal direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro, è stata attivata una task force per seguire la vicenda e nel giro di tre o quattro giorni verrà conclusa la disinfestazione, consentendo il rientro dei pazienti.
Da quanto reso noto i primi due casi di scabbia erano stati segnalati giovedì scorso. Il direttore sanitario Domenico Labate ha spiegato che “il primo caso lo abbiamo riscontrato il primo luglio. Abbiamo sottoposto a visita tutti i dipendenti e tutti i pazienti. Tutte le stanze sono state bonificate e abbiamo sottoposto pazienti e medici a profilassi. Quelli contagiati rimarranno a casa sotto terapia per 15 giorni. È facile che il contagio si diffonda in un ospedale come il nostro, che accoglie migranti e persone senza fissa dimora da tutta la provincia”.
Come tristemente noto infatti dietro al boom di contagi c’è proprio l’immigrazione selvaggia e incontrollata.
E questa volta a pagarne le spese è stato addirittura un intero reparto. Anche se non tutti i pazienti sono stati trasferiti. “Il reparto non accetta più ricoveri, ma non siamo chiusi – spiega il primario Carlo d’Agostino – Restano attive la terapia intensiva e l’emergenza urgenza, visto che sarebbe pericoloso per esempio trasferire un paziente con infarto in corso”. L’attività del reparto riprenderà non appena l’organico tornerà al completo e sarà superata la fase di criticità.
Una situazione duramente contestata in una nota dalla segreteria provinciale della Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità). “La circostanza – denuncia la Fials – è di una gravità inaudita atteso che non è concepibile che tutti i dieci dipendenti della cardiologia del Di Venere abbiano potuto contrarre la malattia nello stesso momento. Il che significa che le misure di prevenzione e protezione sono state evidentemente ignorate dalla direzione sanitaria dell’ospedale”.
Per il sindacato autonomo “è del tutto evidente che le misure di sicurezza per la tutela della salute nell’ambiente di lavoro, che dovrebbe essere garantita per legge, all’ospedale Di Venere non sono attuate”. La Fials, “apprezzando l’intervento della direzione generale della Asl Bari”, chiede infine che “sia avviata con urgenza apposita indagine interna al fine di individuare eventuali responsabilità, da segnalare all’autorità giudiziaria”.
Fonte: www.ilgiornaleditalia.org