Brembio (Lombardia) 31 luglio 2015

Brembio come Chieve? L’amministrazione pensa ad un’assemblea

La possibilità che Brembio debba accogliere dai 30 ai 40 immigrati è confermata nei fatti: un privato avrebbe inteso infatti partecipare al bando della prefettura mettendo a disposizione un condominio di nuova costruzione in Via Monte Grappa e vi sarebbe anche l’interessamento di cooperative sociali nella gestione dell’accoglienza. Da indiscrezioni ormai confermate nei fatti, l’amministrazione comunale sta valutando il problema ed intenderebbe informare la cittadinanza coinvolgendola nella questione con un’assemblea pubblica. Il malumore per l’iniziativa in paese è palpabile, soprattutto per le conseguenze che essa potrebbe avere sulla fragile struttura comunale e sulla precarietà delle sue finanze e di conseguenza sulla qualità della vita in paese. Perché inevitabilmente il Comune volente o nolente sarà parte in causa.
Chieve è un paese del Cremasco di 2.255 abitanti che sta vivendo in questi giorni una situazione analoga. Una immobiliarista milanese, titolare dell’Immobiliare Giuseppina Costruzioni, prendendo accordi diretti con la prefettura di Cremona, ha messo a disposizione una palazzina in paese di sua proprietà nella quale da qualche giorno sono ospitati 43 “richiedenti asilo” dai 18 ai 45 anni di diverse nazionalità. La differenza con Brembio sta solo nel fatto che l’amministrazione di Brembio è stata avvisata dalla prefettura di Lodi della candidatura avanzata, al contrario di quanto avvenuto, invece, a Chieve dove sindaco e cittadini sono stati avvisati dalla prefettura di Cremona a cose ormai fatte. L’esistenza della convenzione, infatti, era stata scoperta dal sindaco solo giovedì della scorsa settimana dopo l’arrivo dei primi profughi, arrivi proseguiti nei giorni successivi. Domenica sera nella struttura di piazza Don Lino Zambonelli, una vecchia cascina trasformata in condominio con una ventina di appartamenti (di cui solo tre venduti), all’arrivo dei migranti vi era stato un viavai di ambulanze in quanto gli ultimi arrivati direttamente dall’aeroporto di Bresso, 11 uomini provenienti da Nigeria e Ghana, avevano accusato lievi malori per cui è stato necessario il loro ricovero negli ospedali di Crema e Lodi, dove i medici hanno riscontrato sintomi di stress da viaggio e disidratazione, dimettendoli il giorno dopo. Molti residenti nel frattempo, preoccupati dal rumore delle ambulanze erano scesi in strada costringendo i carabinieri ad intervenire per rasserenare gli animi. Il giorno dopo, lunedì 27, vi è stata una protesta di piazza che ha visto manifestare oltre 500 persone, e che ha costretto l’amministrazione ad organizzare in fretta e furia mercoledì 29 un consiglio comunale aperto, presso l’area sportiva del paese, sul problema della presenza in loco dei “migranti”. Da quanto traspare dalle cronache sono stati molti i cittadini che hanno espresso il loro sconcerto e disappunto, ma anche la stessa amministrazione ha espresso preoccupazione a causa della “incapacità della signora [la titolare dell’immobiliare, ndr] ad accogliere”. Ed il Comune ha già individuato diverse inadempienze della proprietà che sono state comunicate al Prefetto: dall’arrivo, l’assenza di vestiario e biancheria, la mancanza di acqua e cibo che costringe gli ospitati a chiedere per strada, la raccolta non differenziata dell’immondizia e altro. Si è parlato anche, come riporta la stampa, di un presunto “abuso edilizio”, essendo la struttura di tipo residenziale, ed ancora, viene affermato che “nessun tecnico del Comune, poi, ha verificato l’interno e se esistono le condizioni di abitabilità”. Del resto, domenica sera, gli stessi profughi già ospitati, come raccontano le cronache, “gridavano ai nuovi arrivati di non scendere dai mezzi, che mancava cibo e gli ambienti non erano molto belli”. Ed uno dei residenti intervenendo alla manifestazione di piazza Roma, lunedì sera, così descriveva la loro situazione: “Sono stati sistemati come fossero cani, seduti per terra ad aspettare la persona che gli porta la pappa a mezzogiorno e di sera”. E sempre quella sera è intervenuto l’unico residente che vive nella palazzina presentandosi così: “Sono l’inquilino ostaggio”, e spiegando la propria rabbia: “Il problema è per chi vive lì: io, la mia compagna, chi ha il negozio o l’appartamento lì intorno. Ho in corpo tanta rabbia e non posso fare niente: sono 39 anni che lavoro e pago le tasse e mi trovo ad avere una casa da cui mi hanno consigliato di andare via. Io non sto vivendo più, ho paura: tutti i giorni devo passare davanti a loro, quando esco la mattina e torno a casa la sera”.
Ma anche altri sono stati gli interventi sullo stesso tono. La parrucchiera con il negozio nella palazzina: “Ho una gran paura quando vado al lavoro, prima andavo al lavoro tranquilla, ma adesso… Non ho niente contro di loro, ma temo per i miei clienti: ho notato che nonostante i profughi siano qui da pochi giorni, i clienti hanno paura: quando entrano nel negozio abbassano la testa e mi dicono che non verranno più perché hanno paura, soprattutto le ragazzine. Sono tre anni che ho il negozio e devo pagarlo; non pensavo di finire così”.
Al consiglio comunale aperto è intervenuto anche il vicedirettore di Caritas Crema, Claudio Dagheti che, tra l’altro, ha detto: “Se quanto dichiarato dagli amministratori è reale e non abbiamo elementi per pensare che non lo sia, la gestione è disumana. Il degrado genera degrado e l’ospitalità gestita in tal modo non porta benessere a nessuno, cittadini, Comune e ospiti”. Come si diceva una volta, parole sante.