Bassano Bresciano (Lombardia) 20 ottobre 2015

Brescia Tentato Furto In Centro

Manca poco alle 18 di una limpida giornata d’autunno.

La temperatura si è rinfrescata, inevitabilmente, ma il sole si attarda ancora un po’ prima di tramontare.

Il traffico score regolare e intenso lungo via Gramsci, a poche centinaia di metri da Piazza Loggia e dal Duomo, la gente passeggia tranquilla sul marciapiede, un capannello di amici fuori di un bar, con già in mano un bicchiere di pirlo, visto che l’ora del tè se n’è andata.
E, quando arrivo io, diretto verso casa dopo una lunga gionata di lavoro, ecco che il centro di Brescia, all’improvviso, si trasforma in un angolo del Bronx.
Lui è di razza caucasica, sulla quarantina, altezza 1,70, capelli rasati, robusto ma non palestrato, veste in jeans, maglietta e casacca verde-militare.Mentre controllo se c’è qualche aggiornamento in facebook o se sono arrivati nuovi messaggi in whatsapp, mi viene addosso, cercando di strapparmi il Samsung dalla mano.Faccio resistenza, istintivamente.
«Un balordo. Magari è ubriaco, oppure mezzo fatto. Gli è andata male, adesso se la darà a gambe»penso, stupito.
Invece no.
Evidentemente gli piace proprio, il mio telefonino, lo vuole.Comincia a tirare, e intanto mi strattona.No, non ci credo»
Qui? Al centro di Brescia?
A quest’ora, in pieno giorno, fra tutta questa gente?
mi continuo a chiedere, mentre a mia volta strattono e tiro.E comincio a urlare. Aiuto! Al ladro! Aiuto, al ladro!
Pessimo dialogo, potrei fare di meglio, lo so, ma il fatto è che seduto al pc mi viene meglio, rispetto a una rissa da strada.
Il traffico continua a scorrere lento, del tutto indifferente alla scena di ordinaria violenza che mi vede (mio malgrado) nel cast dei protagonisti.
I signori in piedi davanti al bar smettono di sorseggiare il pirlo (almeno credo) ma non muovono neppure un muscolo.
Neanche la lingua, per dire la verità: peccato, magari un piccolo incoraggiamento verbale mi avrebbe caricato di più.
Continuiamo a lottare, il caucasico è forte, ma io mi batto bene.
Si spezza l’auricolare che pure tenevo in mano, ma pazienza: 5 € dal cinese, e poi era anche usato.
Resto lucido, nonostante tutto, e continuo a tenere d’occhio le sue mani. Visto che le cose vanno per le lunghe mi aspetto che parta un gancio, oppure che cavi di tasca un coltello.

E tira-tira, e spingi-spingi, e strattona-strattona.

Intanto continuo a urlare, che male non fa.
Lui mi manda affanculo.
Sono sempre più convinto che il dialogo sia tutto da rifare, ne parlerò con il mio editor, però intanto la situazione si fa noiosa e grottesca: ci fosse GuidonPancaldi come arbitro sembrerebbe una puntata vintage di «Giochi senza frontiere», ma lui è morto già da un po’ e io non mi sto divertendo per niente.
Lui molla, finalmente, e corre via verso il ponte sulla ferrovia.
Gli grido dietro come saluto il mio vaffanculo.
Pessimo dialogo, l’ho già detto e ripetuto, ma almeno su questo facciamo uno a uno.Resto con il samsung in mano, il filo dell’auricolare che pende dalle dita e l’espressione ancora stupita?
A Brescia.
Di giorno.
In centro.
Nessuna automobile si è fermata.
Nessuno è intervenuto.
Nessuno ha detto «bah».
Un poliziotto? Un carabiniere? Un vigile, una guardia giurata?
Neanche a parlarne.
Ritenta, sarai più fortunato.
Mi sento svuotato di energia, adesso che è suonato il gong.
Il primo round me lo sono aggiudicato ai punti, e questo è buono, ma ho la netta impressione che, in una situazione di degrado dell’ordine pubblico che s’incancrenisce di giorno in giorno, di match come questo cene saranno molti altri, e non solo per me.
Ringrazio Iddio che il coltello non sia saltato fuori, alla fine.
Almeno questo.
Chiamo il 113.
«Pensi che ne abbiamo appena arrestato uno proprio da quelle parti, ma indossava un giubbotto rosso», dice il poliziotto.
«Peccato, il mio invece una casacca verde» rispondo io.
«Certo che ormai a Brescia se ne vedono di tutti i colori», commento, prima di riattaccare, e penso che -con questa battuta- magari il dialogo migliora un po’, così il mio editor non romperà più di tanto.
Passo davanti a quelli del bar che hanno ripreso a bere il loro pirlo (aperol o campari?) e a fare i ganzi con le squinzie.
«Grazie per l’appoggio», gli dico, guardandoli in faccia, mentre mi rispondono solo mettendo le labbra a culo di gallina.
E, volete saperlo?
Basta questo per farmi sentire (un po’) meglio

NOTIZIA PRESA DAL BLOG DI PATRIZIO PACIONI
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