La relazione del prof. Nicola Fico, docente di filosofia e storia al Liceo Classico “Pitagora” sulla scuola pitagorica, al Convegno Interregionale dell’Anioc (Associazione Nazionale Insigniti Onorificenze Cavalleresche) di Crotone.
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La scuola pitagorica nasce nel VI sec. a.C, ma quando si regredisce in un passato che non ci viene documentato, testimoniato, come il passato più recente, possiamo solo avere risposte approssimative. In ogni caso sappiamo con certezza che a Crotone c’è stato un grande uomo che veniva da Samo, un grande personaggio ma soprattutto un grande mito: Pitagora. Quest’uomo fondò a Crotone una Scuola e di questa abbiamo testimonianze indubitabili, lo credo che tutta la sapienza
occidentale deve le sue origini a Pitagora, e non soltanto il sapere filosofico ma anche scientifico. Ma questa Scuola pitagorica come era organizzata? Come s’insegnava? Cosa s’imparava? Qui viene fuori l’immagine della “Tenda”, attraverso quest’immagine, che sintetizza la separazione, possiamo estrarre diverse novità. C’è da dire che quando Pitagora fondò la sua scuola, inaugurò un tipo d’insegnamento dogmatico cioè fondato su brevi asserzioni, piccole proposizioni, e una serie di dogmi perché il maestro insegnava nascosto nella tenda. Gli allievi non potevano vederlo, ne interagire col maestro, anzi, dovevano stare in rigoroso silenzio e tranquilla ricezione acustica e questo per ben cinque anni. In questi cinque anni i discepoli dovevano imparare questi detti del maestro a memoria. Da qui quel principio pitagorico tanto odiato dalle filosofie successive: IPSE DIXIT (Lui lo ha detto). Questa parola maiuscola indicava che il maestro era sacro, i suoi detti erano sacri e pertanto indiscutibili e questi detti dovevano essere necessariamente tradotti nella pratica di vita. Dunque, da una parte il mondo della profezia, il mondo della sapienza, il mondo del maestro, dall’altra parte il mondo degli ascoltatori, degli iniziandi, dei discepoli. La grande novità della scuola pitagorica arriva dopo questi famosi cinque anni: dopo cinque anni la tenda si apriva e i discepoli venivano accolti nella casa del maestro che era la sede di questa grande setta. Entrati nella casa del maestro si diventava “Amici”. I filosofi sono amici: l’amicizia è tipicamente greca, e tipicamente filosofica (Aristotele dedica due libri all’amicizia). Amici vuoi dire accomunati da un comune amore per la sapienza, amici del sapere e quindi amici tra di noi. Sebbene ci sia questo periodo di silenzio che dura ben cinque anni alla fine si diventa amici del maestro, uguali al maestro, uguali tra di noi, perché “di fronte alla verità nessuno è superiore all’altro”. Un celebre motto di Pitagora è “tra amici tutto è in comune!”. Così i discepoli di Pitagora, dopo cinque anni, costituiscono una sorta di aristocrazia dentro la città, tanto che ne divengono i conduttori politici. La setta pitagorica che è anche una setta politica avrà grande affermazione nell’Italia meridionale che si tramanderà nei secoli; Platone nella sua Utopia, nella Repubblica auspica che a governare nelle città sia il re-filosofo e qui c’è una chiara influenza pitagorica. Pitagora insegnava la dottrina dell’anima, la Metempsicosi, dottrina che aiutava a trasmigrare verso alte e basse figure. Ognuno di noi è stato leone, farfalla, uomo, donna, assassino o santo. L’obiettivo della sua scuola era pertanto la purificazione dei costumi, dei desideri e non a caso dava anche una particolare dieta: non bisognava mangiare carne in quanto in ogni animale poteva esserci un uomo. Ma il fulcro della dottrina pitagorica, la parola chiave è “Armonia”, l’armonia non era intesa semplicemente come musica ma come globalità di tutto l’insegnamento pitagorico. L’armonia racchiudeva: la matematica, la geometria, la virtù individuale, l’etica e la virtù politica. Sappiamo come Pitagora scopra il nesso tra matematica e musica, a questo proposito si racconta l’aneddoto del fabbro. A Pitagora si attribuisce la costruzione della scala, scopre che i suoni della scala stanno tra di loro in rapporti aritmetici, scopre che c’è un nesso tra musica, armonia, matematica e geometria della corda. Ma quest’armonia non è solo musica ma è come ci si comporta in una società di giusti, come si gestisce la cosa pubblica, come si educano i figli. Dunque l’armonia pitagorica è al tempo stesso l’inizio della scienza aritmetica, del numero, della misura, ed è la nascita della politica, della formazione dell’uomo e del buon governo. Così possiamo concludere che i/insegnamento pedagogico di p1tagora è l’arte dell’armonia tra la vita e la morte, del saper vivere e del saper morire.
Crotone: La relazione di Nicola Fico al Convegno dell’ANIOC
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