Brembio (Lombardia) 16 agosto 2015

Dimissioni del sindaco questione di coerenza e di dignità

Mauro Battocchi, attivo nell’Azione Cattolica lodigiana e a Brembio, è intervenuto sulla questione dei profughi a Brembio con una lettera, a titolo personale, sulle pagine del quotidiano Il Cittadino di Lodi, pubblicata nell’edizione in edicola lo scorso martedì 11 agosto. La lettera costruita con ottima tecnica rettorica fatta di domande, risposte implicite e commento relativo pone almeno quattro questioni dal generale al locale sul tema dei migranti e non solo: viene accennato anche allo scellerato sviluppo edilizio pensato e sperato, progettato con un Piano di governo del territorio che, sebbene dimensionato per 795 nuovi abitanti che avrebbero portato la popolazione a superare i 3.500, contemplava come possibilità limite il raddoppio della popolazione del Comune attraverso la mera cementificazione di suolo agricolo, edificando ciò che si può pensare come una sorta di dormitorio di pendolari, dal momento che il paese non ha risorse capaci di dare lavoro né di tipo produttivo, al di là dell’agricoltura, né di tipo commerciale (e lo stesso PGT non prevede sviluppi in tal senso). Lo scopo evidente del Piano approvato dalla seconda amministrazione Sozzi da poco eletta nel 2009 era allora solo quello di fare cassa con gli oneri di urbanizzazione e le tasse comunali sulla casa.
Qui, però, lasciando ad altri articoli le rimanenti sollecitazioni, ci si limiterà a riportare e chiosare solo la parte della lettera riguardante le dimissioni del sindaco Rando minacciate, sbandierate e ribadite non solo nell’assemblea pubblica, che è stata il motore dell’intervento di Battocchi sul quotidiano lodigiano, ma anche in più articoli sulla stampa, da Il Giorno a La Libertà di Piacenza.
Scrive Battocchi: “Penso che il sindaco di Brembio (e con lui l’intero consiglio), che aveva minacciato le dimissioni, dovrebbe coerentemente darle, per una sua dignità personale”. Certamente, il pensiero che la lettera esprime è ampiamente condiviso dall’opinione pubblica. La credibilità è imprescindibile, anche se suona strano nell’Italia d’oggi, per chi amministra. Ma la lettera fornisce la ragione netta, indiscutibile per cui tale atto dovrebbe essere conseguente: “Avrebbero potuto presentare progetti alternativi (su altri immobili più contenuti, con una onlus che condivideva un progetto, con l’impegno delle associazioni locali) sui quali sensibilizzare il Prefetto anziché sperare fino all’ultimo che la cosa non si facesse (o si facesse nei numeri desiderati ma non concordati). Avrebbero potuto essere più trasparenti con la popolazione, visto che c’è stato un incontro pubblico molto misero di contenuti. Mentre arrivavano i materassi ancora si diceva che non era certo l’arrivo delle persone (!)”. La cittadinanza presente a quella assemblea si è sentita letteralmente presa in giro; invece di una volontà di spiegare il problema e di discuterlo per trovare una risposta condivisa con la popolazione, da chi era al tavolo, maggioranza e minoranze, si è preferita la linea, per fortuna stoppata da alcuni interventi, del muro contro muro, della rissa verbale con i più accesi contestatori dell’iniziativa d’un privato ad accogliere, che addossavano alla giunta l’incapacità di opporsi; una linea utile per crogiolarsi poi nella parte di vittime incomprese, nonostante il sacrificio delle promesse dimissioni o la disponibilità ad incatenarsi per protesta. La troppa abitudine alla claque indebolisce la capacità di sostenere il confronto in maniera positiva con chi la pensa diversamente.
La lettera va anche oltre, considerando che il paese non è il “paese delle meraviglie” decantato negli anni scorsi, ma un paese senza risorse, privo di prospettive di sviluppo, forse senza un futuro diverso da quello, il più roseo, di diventare una frazione di Casalpusterlengo: “Avrebbero potuto chiedere in cambio qualcosa d’altro per questa accoglienza (agevolazioni, benefici, lavoro, opere, scelte a favore del paese), una volta capita l’inevitabilità del fatto”. Certo, ma per reagire positivamente bisogna essere amministratori veri, capaci di porre come priorità della propria azione gli interessi della comunità nella sua totalità, averli ben presenti. E non è così frequente ritrovarne in piccoli comuni. Battocchi accenna anche all’associazione dei comuni del Lodigiano, chiedendosi: “Qual è il ruolo ed il potere di una associazione dei comuni del lodigiano se l’esito è questo: nessuna disponibilità da nessun comune?”.
Evitare l’impopolarità, non voler inimicarsi la popolazione: questo, come la lettera evidenzia, l’imperativo che fa stravedere. Con l’occhio ai voti non si fa nulla di buono. E non è a caso che anche dalle minoranze non sia venuto nulla di concreto, nulla di positivo. Eppure come la lettera evidenzia, la popolazione “non è di per sé tutta ostile all’accoglienza: chiede garanzie di sicurezza, diminuzione dei costi per la collettività, ma è anche disposta a mettere in campo energie a sostegno dell’integrazione”. Già. Non averlo colto significa forse soltanto che non si conosce la popolazione che si amministra. Una cosetta da nulla.