Trieste (Friuli-Venezia Giulia) 15 giugno 2016

Dipiazza Cosolini astensionismo: le scelte del ballottaggio

Domenica 19 giugno le elezioni comunali di Trieste avranno il loro epilogo con la proclamazione alla carica di sindaco di uno dei due candidati al ballottaggio: Roberto Dipiazza, già sindaco di Trieste per 10 anni (dal 2001 al 2011) ed in precedenza di Muggia, sostenuto al primo turno dal 40,80% dei voti validi (39.433 voti sul totale degli aventi diritto pari a 185.312), e Roberto Cosolini, sindaco uscente, sostenuto al primo turno dal 29,21 dei voti validi (28.275 voti sul totale di 185.312 aventi diritto al voto). Due candidati, due minoranze a deciderne l’elezione, in tutta evidenza esigue, soprattutto in termini di voti dati ai partiti che li sostengono: Dipiazza ha messo in tasca i 10.844 di Forza Italia, i 7.339 della Lega Nord, i 3.246 di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale e i 249 del Partito Pensionati; Cosolini i 13.785 del Partito Democratico, i 2.305 dei Verdi e PSI, i 1.804 di Sinistra Ecologia Libertà. Due candidati presentati e sostenuti da partiti che fanno parte del “chiacchierato” sistema partitico italiano e, dunque, che ne riassumono alla grande tutti gli aspetti (quei pochi positivi, se ce ne sono, e i tanti negativi), come del resto ne hanno dato ampia dimostrazione negli anni dei loro precedenti mandati. Due particolarmente gli esempi che rimbalzano sui social in questa vigilia del ballottaggio: per quanto riguarda Dipiazza la sentenza del Tribunale civile di Trieste del novembre 2013, non appellata in merito e quindi definitiva, che aveva accertato e dichiarato la nullità per violazione di legge della compravendita illecita di un terreno avvenuta tra il Comune ed il Dipiazza quando era sindaco; e per quanto riguarda Cosolini, la condanna contabile confermata dalla Cassazione al risarcimento di 700 mila euro in favore della Regione Friuli Venezia Giulia inflitta all’ex governatore Riccardo Illy e alla sua giunta, di cui Cosolini era membro, per la vendita di due immobili (l’ex ospedale civile di Palmanova e l’ex centrale Ersa di San Vito al Tagliamento) senza fissazione di una soglia minima di ribasso.
Al primo turno terzo incomodo è stato il Movimento Cinque Stelle, con il suo candidato Paolo Menis, che ha riportato il 19,16% dei voti validi (18.541 votanti sui 185.312 aventi diritto): il voto dato alla lista (13.173 voti) ha mostrato che nell’ambito della minoranza di triestini che si affidano al sistema partitico italiano il movimento di Grillo è di fatto il secondo partito nella città, distante solo 612 voti dal Partito Democratico. Il voto a liste inquadrabili come locali, complessivamente, ha totalizzato 10.476 voti.
Grande assente dalla competizione elettorale, di cui non riconosce la validità, è stato il Movimento Trieste Libera, che si batte perché a Trieste venga ripristinata la legalità internazionale sancita per il Free Territory dal Trattato di Pace di Parigi del 1947, con la perdita da parte dell’Italia della sovranità sulla città: normativa internazionale tuttora vigente, seppure sia stata tolta dall’Agenda del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la nomina del Governatore del Free Territory. Trieste Libera, come per il primo turno, anche per il turno di ballottaggio invita la popolazione all’astensione passiva (non recarsi cioè a votare) o al non-voto dichiarato al seggio elettorale. Al primo turno i voti validi espressi sono stati 96.785 sul totale dei 185.312 aventi diritto, pari al 52,23%, dato che significa un astensionismo verso le elezioni “italiane” (compreso il voto di protesta rappresentato dalle schede nulle) pari al 47,77%. Anche se non molto dissimile da risultanze elettorali di altre grandi città italiane, il dato rappresenta un evidente malessere nella popolazione su cui il governo italiano, amministratore civile provvisorio del Territorio, dovrebbe quantomeno riflettere. Soprattutto perché l’evolversi della situazione internazionale (dalla possibile Brexit all’espandersi in Europa degli interessi cinesi, all’acuirsi dell’ostilità occidentale verso la Russia) suggerisce la possibilità che Trieste ed il suo Porto Franco Internazionale possano acquisire una posizione rilevante e che la questione ritorni di interesse in ambito ONU.
Domenica 19 giugno a decidere il sindaco di Trieste basta un solo voto. Il “mandiamoli a casa” che gira sui social lascia il tempo che trova. Più efficace appare il messaggio di Trieste Libera che invita a fare dell’astensionismo il vero sfidante al ballottaggio, in modo da dare maggior forza alla richiesta di commissariamento di un’amministrazione comunale eletta con una legge estranea al Free Territory, e oltretutto non avente il sostegno della popolazione. Il problema “Trieste” può essere risolto solo a livello internazionale, e questo è ad esempio il maggior significato della recente istituzione dell’I.P.R. F.T.T. (International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste) per reagire alla disattivazione della rappresentanza internazionale del Territorio Libero da parte del governo italiano amministratore provvisorio; tuttavia il messaggio di Trieste Libera chiama la popolazione, anche con un semplice gesto come l’astensione al ballottaggio di domenica 19 giugno, a farsi parte attiva per sollecitare l’attenzione della Comunità internazionale sulla città. Un sindaco eletto da una minoranza di votanti, oltre a trovarsi ridimensionata la sua autorevolezza, troverebbe certamente spazio come notizia nei media italiani e internazionali.