Spaccato del Precordio.
d’Anassimandro il ciclo eterno del Principio
ed a Lui ritorno e da lui salgo a superficie
colgo dell’animale il fiuto con metempsicosi
così non cesso mai d’esistere per questa Terra
il mio Maestro è l’indiscusso Capo dell’Oscura Forza
non anima dannata come va pinta al piacere del nego
dona al perduto di celeste appello altra sete
amore che vige con certezza sui vivi cari
amore è terremoto in quei sensi spinti a tutto
e maledetta resta la carne convinta d’un eternità per il piacere
la piaga del vecchio è unta con un patto
che lega il male a ciò che deve resistere ai tempi
si spengono le stelle tutte quando è il momento
di stipulare l’accordo blasfemo con il sangue
poiché di questa linfa nutriti non cesseranno i corpi
di dare allegro pasto ai putridi di terra
spaventoso Gige si dilata ombra sotto le nuvole
mai vide con piacere l’alba la fortezza vicino al cielo
rudi rupestri trattengono ancora il fio nel flagello dei venti
a guardia resta intatta solo una tomba
“adesso dorme”
annuncia lo stendardo “L” triste
sull’ermo di cemento in capo a volta
fuori il mondo manda sulla Luna i razzi
mentre nel Ministero fede di tenebra si erge
Lorenor
chiamate le edere a cementare in forza
la brevità di ogni specie condanna
eppure sullo scudo del sepolcro
poche parole conducono agli immortali
“adesso dorme avversa all’alba
lei schiva i raggi per cercare il vespro
o voi incauti non date libertà a un’immortale
se non volete infetti di paura i sogni”
lo scudo dei Lorenor perduto ha le schegge
qualcosa della L con cima un drago è rimasto
nelle sfaldature sono seguite genesi di predatori
a loro volta marchiati per seguire notturna vita
non è nel cimitero la sacra cripta
ma nel perimetro infernale sopra il monte
che sconsacrato è rimasto dal passato
annegata in pietra piene di segreti
un mucchio d’ossa emerge in colonna
rammenta al mortale precario equilibrio
in simbiosi sculture ossequiano la Morte
con fide lama ritratta tra i cippi
eterna dorme in sigillata pietra
dai santi guardata con timore
unica ascia in mezzo ai tanti fiori
la pura lacrima smette al suo atrio
la casa degli spiriti infelici – bisbiglia gente
ma il mormorio racconta di ben più truce tenebra
che s’aggira dopo il tramonto intorno ai viali
ove s’immerge l’ombra più cupa che mai ha sonno
sessanta sei scalini e altri sei all’antro
la cella adorna in quadri d’altri tempi
famiglia di un’età oscura
che ha placato non morire la sete d’un empio Dio
al centro dell’Olimpo un grande tempio
quattro colonne si ergono a spirale
avvolti alla spirale due serpenti
congiunti in cima con la loro lingua biforcuta
sotto il Tempio un livido colosso
coperchio a quella che pare essere la tomba
di una Grazia che mai avrebbe meritato Morte
tanto impressionante mostra ancora gli incanti
scolpita da mani amate vanta il corpo
immobile ma il doppio della sua natura
sospeso sembra abito e sposa
nel freddo buio castigo per mortali
è straordinaria l’altezza del gioiello
lunghezza impressionante il monumento
tutto non resta agli occhi se non la dama
cui il costume respira la decade di quieti
si libra impressionante a due palmi
eterea sebbene pesante la sua blinda
il sonno bea in viso i tratti dolci
oh Dei dell’Ade – vederla blocca il fio
in fragile petto del restante
ad adorare i vizi dei neri morbi
pronti al giubilo appena respiro cessa
bella sulla dura pietra lei riposa
statua che infelice condanna ha legato all’Ade
quasi ci fossero ben più alte leggi
che regolano della Morte il sussidio
è maledetto il luogo dove vige bella
su tutte le cose inanimate
in attesa che migliore sogno
la desti dal torpore dei sensi
Lei ha una strana bara nella pietra
scavata in sotterraneo di marmi e cristalli
che non ha dato tempo al verme
di attaccarne il medievale aspetto
il vetro veste il male e io suo sonno
perennemente congiunto a una lontana stella
donna ancorata per poco ai mortali
eterna tra le spire di altra fede
in posa che pare pace giunte mani
non al rosario ma altro talismano scuro gemma
che non ha mai brillato tra i vivi
quanto abbia recitato migliori doti al buio
tanto straordinaria Lei rende più di seta
sul capo però corona ha di mosche
che mordono i petali dei fiori
con disgustose sciabole sul limite del corpo
sono dieci gli anelli stretti alle falangi
tutti lei mostra meno uno
girato sul pollice dell’unità sinistra
per nascondere lo stemma chiaro al male
lei ha valore per ogni parte del castello
è linfa di una dimora forzata ad aspettare
vitale schiera di buoni nutrimenti
che conservino infinita la sua parte oscura
non ha capito milady la sua simbiosi
né le interessa sperimentare i dogmi del silenzio
si è votata a quella causa col volto buono
di chi non percepisce la morte come una condanna
sottile il pregio dell’umana stoffa
lungo l’anello d’ebano che le contorna il volto
cantanti le sue bianche dita di zaffiri adorne
alta la sagoma con celestiali doti
velluto viola la copre il bene e in ogni parte
è il manto della notte che la rende bella
come un astro in mezzo a ogni fondo buio
il cuore freddo splende dai gelidi paraggi
nulla è distrutto nel corpo tosto al gelo
memoria corrente è in vivace attesa
coperte da palpebre le iridi diamanti
colore di una lama fresca di punzone
un satiro l’avrebbe chiesta in sposa
più delle ninfe la sua divinità procace
attende il battito scappato col respiro
in terre dove è obbligo restare sospesi
senza una gravità padrona e dimora assaltano i tempi
così irreale l’essersi conservato intatto
il matrimonio tra ospite e sepolcro
uniti nel destino del curioso venuto a spiare
si paga pegno per vedere questi doni
vita per vita è legge in natura
così si sono perduti in molti
che hanno fatto dell’ardire uno scopo
la donna è donna se ancora respira
ma concepita per dirigere l’eterno è divina
ecco la disciplina dei Loneror al massimo impegno
lasciare il casato per mai avere fine
se l’occhio colpisce il volto col suo sguardo
potrà trovare il meglio dei suoi sogni
la Bella pare che dorma fissando astri
sopra il suo capo tenuto fisso a pietra
Era eterna passata è nel suo corpo
di Zeus figlia o sposa resta marginale
quale amore Titano l’abbia sedotta
per brillare tanto nonostante gli anni
Medusa invidierebbe l’insonne
per quel stregato tratto nell’iride aperta
la figlia di Persefone seduce anche dormiente