Il Maestro Cesare Giuliani dona alla chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire in Vasto, la preziosa tela (olio su tela dim. 400×200 cm) “ Il Cenacolo ”.
Sabato 14 aprile 2018 alle ore 17,30 nella Chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire in Vasto (CH), Sua Eminenza Cardinale Edoardo Menichelli officicerà il rito di benedizione dell’opera ” Il Cenacolo ” (Olio su tela dim. 400×200 cm) donata dal pittore Cesare Giuliani alla medesima chiesa. Presentazione critica dell’opera Dott.ssa Silvia Pegoraro (storica dell’arte).
Tito Spinelli
Esemplare percorso artistico quello di Cesare Giuliani, formulato quasi sempre con due tendenze per poter corrispondere alla figurazione nelle sue molteplici soluzioni, ammesse a presidiare l’umano. All’interno di questo tracciato si denotano altresì due costanti concettuali, il profano e il sacro. Se il profano attinge spesso a testimonianze di temi il cui disegno e colore sono combinati a delegare risposte estetiche, ciò che richiama il sacro devolve il proprio significato e , concettualmente, l’implicito richiamo dogmatico alla intemerata tradizione religiosa, concretata nella ariosità compositiva di grandi tele. Entro questo permanente dualismo si collocano alterni domini, come la ritrattistica, le nature morte, i paesaggi e i soggetti mitologici. Di qui una vasta gamma di esperienze in cui l’artista, bilanciando cromatismo e apparato disegnativo, ha ottenuto vari riconoscimenti in importanti rassegne. Per Giuliani tali interventi non sono semplicemente riproduzioni del reale, ma filtrate con indagini psicologiche, bene evidenti oltre i tratti ravvisati nei volti; per cui i personaggi effigiati, tramite il sostegno compositivo e l’addizione coloristica, si propongono non solo come ritratti, ma adducono anche a introspezioni analitiche per rilevare sentimenti, caratteri e il modo di porsi nel mondo col solo sembiante ricognitivo. In tempi più recenti l’attenzione di Giuliani nei confronti dei temi religiosi si è fatta più consistente, specie con quelli della iconografia cristiana. Come la Maddalena, ripresa fra sgomento ed estasi rivelatrice; il Cristo in croce, dalle dimensioni di una pala d’altare, in cui il Nazareno si situa quasi reincarnato nel duplice esito della morte al mondo e della Risurrezione, oltre la sofferenza umana. E ancora il grande dipinto del Martirio di San Lorenzo, che assume, nella pluralità degli attori convocati per il supplizio, una composizione assai articolata per singoli atteggiamenti da parte dei carnefici. Mentre lo scenario reperito si carica di allusioni storiche nell’arredo stesso a fronte della solarità del Santo, compreso della sua fine. Una tappa cardinale nella carriera del pittore per tematica affrontata e per la suggestione dello spazio nell’occhio dell’osservatore. E oggi uno degli apici dell’arte cristiana, L’Ultima Cena, prologo di quanto accadrà nella vita terrena di Cristo. La ripartizione dell’ambiente fisico sulla tela colloca gli apostoli secondo una ritualità ormai acclusa alla cultura occidentale, con gli stessi dietro un tavolo. Tale appoggio segue una linea che pare riannodare un alluso cerchio, i cui estremi sono personificati dai convitati posti alle due estremità. La sala tende a dilatarsi per convergere sulla profilatura delle colonne per un supposto punto di fuga. I discepoli ai lati di Gesù si manifestano in atteggiamenti diversificati col rivivere il medesimo turbamento di allora, nel silenzio che segue la predizione del Nazareno. Si tratta quasi di una sequenza teatrale, fissata per un istante irripetibile e la cui dinamica collettiva diventa più marcata per gli abiti dei convenuti. Vesti rivelatrici di un ordinario pauperismo ravvisabile nel divario cromatico che apparecchia i profili caratteriali dei protagonisti. In tal modo il sostegno pittorico riesce a creare per l’osservatore una serie di richiami che però alla fine si annulla in un unico discrimine tra l’immagine di Gesù e il contrastato ragguaglio psicologico dei seguaci. Giuliani raggiunge così quella tensione unitaria nella quale i vari “ attori ” si espongono in drammatica scansione per la rivelazione eucaristica. E allora ci chiediamo: Che significa rappresentare tuttora il sacro nella pittura se non per richiamarci ad una spiritualità meno distratta e disattesa? Se non per ricondurci alla raffigurazione della santità che ha educato i nostri padri? O per riconquistare la coscienza di un credo e di un’estetica per meglio affrontare il nostro tempo così cruciale e invasivo? Nel suo gravoso compito tutto questo persegue l’artista, e col ravvisare l’uomo pervaso di speranza.