Da alcuni mesi, il personale dell’ambasciata statunitense a Cuba denuncia di avvertire disturbi di salute di vario tipo. I sintomi sono molteplici: perdita dell’udito, nausea, vertigini, mal di testa, problemi di equilibrio, fino a un continuo tintinnio alle orecchie che i medici faticano a spiegare. Alcune vittime, appena lasciata Cuba, sono riusciti a risolvere i loro problemi; altri invece, nonostante il richiamo in patria, non hanno avuto molti benefici, riscontrando ormai danni permanenti all’udito e a livello cerebrale.
I funzionari statunitensi li hanno chiamati “attacchi sanitari”. “Nessuno di questi ha una spiegazione ragionevole”, ha affermato Fulton Armstrong, ex funzionario della CIA che ha servito all’Avana molto prima che gli Usa riaprissero un’ambasciata.
Il mistero cubano, come definito dalla stessa intelligence americana, continua a scuotere gli apparati di controspionaggio di Washington, e non si riesce davvero a comprendere quale possa essere la causa di questi sintomi che hanno colpito soltanto diplomatici statunitensi e canadesi nel Paese.
Alcuni hanno lamentato problemi di concentrazione, ma altri, ben più seriamente, non riescono più a richiamare parole specifiche, né a collegare la parola a ciò che vogliono dire. Sintomi gravi, molto più di quanto ci si aspettasse, e che gli Stati Uniti hanno sottovalutato per mesi finché non hanno più potuto evitare di comprendere che quello che avevano di fronte era qualcosa di più grandi di semplici ultrasuoni. L’amministrazione Trump non ha ancora identificato un colpevole o un dispositivo specifico per spiegare gli attacchi. “L’inchiesta su tutto questo è ancora in corso: è un’indagine aggressiva“, ha dichiarato giovedì, il portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert. “Continueremo a farlo finché non scopriamo chi o cosa sia responsabile di questo”.
Il mistero delle armi segrete ad ultrasuoni di Cuba
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