“C’è una guerra nascosta – scrive Roberto Giurastante nel suo blog Ambiente e Legalità (robertainer.blogspot.it), – condotta contro il Territorio Libero di Trieste che continua a mietere giorno dopo giorno le sue vittime. È quella portata ai danni dell’ambiente di Trieste e della Zona A del Territorio Libero utilizzati per decenni come discarica di Stato. Nessuno ne parla perché si tratta di un’eredità pesante. Un crimine contro la natura violentata per ragioni di Stato. Un crimine contro una popolazione inerme costretta a subire l’inquinamento portato dallo Stato italiano e a pagarne le conseguenze”. Roberto Giurastante è il presidente del Movimento Trieste Libera, che ha organizzato un presidio sul terrapieno discarica di Barcola come terza tappa, dopo Trebiciano e Porto San Rocco a Muggia, della campagna di sensibilizzazione sull’inquinamento nel Territorio Libero di Trieste. Come è noto, il terrapieno di Barcola, dove si trovano le sedi di diverse società sportive, tra cui quella della società velica Barcola-Grignano che organizza la Barcolana, regata velica di livello internazionale, è stato utilizzato per circa vent’anni dal Comune di Trieste quale principale discarica per lo smaltimento delle scorie degli inceneritori.
“L’inquinamento ambientale – dice ancora Giurastante – pesa ora come un macigno nella partita aperta per il ripristino dello status giuridico della Zona A del Territorio Libero. È infatti in questa parte amministrata dall’Italia che sono concentrate la maggior parte delle discariche di rifiuti tossico nocivi frutto di traffici internazionali. Discariche che vanno dall’altopiano carsico al mare, investendo direttamente il Porto Franco di Trieste. Un grosso problema ora per la diplomazia internazionale”. E aggiunge: “Il problema è complicato dal fatto che queste discariche si trovano in un territorio internazionale che, nel caso del Porto Libero di Trieste, è al di fuori della giurisdizione di qualsiasi Stato. Così stabiliscono il Trattato di Pace del 1947, tuttora in vigore, e la 16ª risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
La discarica di Barcola si trova nel Porto Franco Nord, chiamato anche “Porto Vecchio” – spiega Giurastante, – e segna la linea di confine con la zona balneare di Barcola. È stata utilizzata dal 1966 al 1989 come discarica comunale incontrollata ad occupare una superficie di circa 70.000 m² con un volume di rifiuti di oltre 550.000 m³. Lo scarico dei rifiuti a mare avveniva, fatto comune a tutte le discariche costiere realizzate a Trieste, senza alcuna barriera di contenimento, con una dispersione dei rifiuti che ha riguardato l’intero bacino del porto con estensione al Golfo di Trieste. Tra i rifiuti accertati si trovano ceneri pesanti e leggere contenenti sostanza pericolose, miscele bituminose contenenti catrame di carbone, morchie depositate sul fondo di serbatoi, amianto, plastica, ferro e acciaio, cemento, assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose, segatura, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose, terre e rocce contaminate, rifiuti urbani non differenziati, rifiuti misti dell’attività di costruzione demolizione, scorie di cemento, mattoni e ceramiche. Elevati inoltre i livelli di policlorobifenili (PCB) nel terreno contaminato.
“La possibilità di ulteriore ampliamento della discarica che avrebbe dovuto occupare una superficie tre volte superiore a quella attuale – ricorda Giurastante, – decadde infine all’inizio degli anni ’90, quando cominciavano ad addensarsi nubi minacciose sul disastro ambientale di Trieste. Il recepimento delle leggi dell’Unione Europea rendeva ormai impossibile la continuazione di un’attività criminale come quella svolta per trent’anni indisturbata a Trieste”.
Il Movimento Trieste Libera presidia la discarica di Barcola
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