Facciamo un po’ di cronistoria. Brembio, sabato 1 agosto: in un’assemblea pubblica convocata in tutta fretta il sindaco Giancarlo Rando ha raccontato ai suoi amministrati presenti di aver minacciato le proprie dimissioni davanti al prefetto della provincia di Lodi, Patrizia Palmisani, qualora fossero inseriti nel paese, stante la disponibilità offerta da un privato di mettere a disposizione un complesso residenziale di 10 appartamenti, più di 2 o 3 migranti. Numero poi, nel corso dell’assemblea alzato da prima a 4 o 5 ed infine a 8 o 9, e comunque inferiore a 10. Quali fossero secondo l’amministrazione i termini del problema, era lo stesso sindaco a precisarlo: “Questo signore ha risposto al bando del prefetto che cercava disponibilità tra i privati ma il procedimento sta andando avanti senza il nostro coinvolgimento e noi non ci stiamo”. Il sindaco, insomma, e la sua maggioranza, si sono sentiti scavalcati, ma i motivi che hanno portato a questo stato di fatto non sono stati spiegati alla gente, tenuta fino all’ultimo all’oscuro sebbene da più di dieci giorni (ma c’è chi parla di almeno venti) la situazione era conosciuta al piano alto di Palazzo Andreani, la sede municipale. Come ricordano i presenti e più di un giornale riporta, l’allarme nella gente è scattato spontaneamente quando nel complesso residenziale “sono stati visti alcuni addetti portare mobili e oggetti di primo conforto” (Il Giorno del 2 agosto). Sulla propria posizione, sindaco e maggioranza hanno aggregato (con molta facilità a quanto è parso di capire) anche le minoranze, una linea di condotta, che oltre che perdente, è priva di altro senso se non quello della propaganda con un occhio attento all’umore dell’elettorato (non discostandosi, va detto, da quella di molte altre amministrazioni di centrosinistra, centrodestra e leghiste). E sicuramente non molto in linea con la dicitura stessa della lista n. 3 che ha eletto questo sindaco e questa maggioranza: “Comune Popolare Solidale”. Lo spauracchio agitato in assemblea è stato quello, che se i fondi europei destinati a chi gestisce l’accoglienza ritardassero, “il Comune non potrebbe far fronte all’emergenza e quindi i problemi sarebbero moltissimi”.
Come ricordano i presenti e riportano le cronache il vicesindaco Giuseppe Sozzi si è mantenuto un po’ discosto, ai margini della decisa volontà di dare le dimissioni dichiarata solennemente ai cittadini da parte del sindaco, subito seguito da uno dei capigruppo delle due minoranze. La sua posizione si può sintetizzare con la promessa fatta al pubblico: “Se non troveremo una soluzione saremo costretti a incatenarci, a manifestare con i cittadini in piazza per far desistere dal progetto il prefetto”. Forse a delineare tale posizione, per modo di dire, più soft, un po’ giocava il fatto che egli riveste la carica di presidente dell’Associazione dei Comuni del Lodigiano (ACL), che sta facendo da tramite, secondo quanto si legge sui giornali, tra comuni e prefettura per cercare il coinvolgimento delle amministrazioni nella risposta all’emergenza.
Il 6 agosto Il Giorno ha pubblicato un intervento di Giuseppe Sozzi, firmato come presidente ACL e come vicesindaco di Brembio in cui traspare il fatto che le dimissioni del sindaco Rando siano un fatto da evitare. Non solo la frase finale: “Se a Brembio ci dimetteremo, il commissario non avrà alcun interesse a contenere i numeri”, con cui, cioè, si provava ad agitare uno spauracchio gratuito, perché si dovrebbe spiegare per quale motivo il commissario, che tra l’altro viene incaricato per lo più di gestire l’ordinaria amministrazione, dovrebbe trasformare Brembio in una sorta di campo di concentramento. Ma anche in precedenza nel testo, la frase buttata lì: “Ci sono 17 migranti ma alcuni sono di passaggio e l’ideale sarebbero solo una decina”. Una decina perché? Perché questo è il limite dichiarato in assemblea, superato il quale si dovrebbe assistere, se vi fosse coerenza e onestà intellettuale, alle dimissioni del sindaco; e non solo: lo stesso Sozzi nel suo intervento sul giornale precisa che “oggi inoltre questa disponibilità a congedarsi si è estesa a tutti i consiglieri”.
Per dovere di cronaca accenno al fatto che in paese in molti vedrebbero di buon occhio un commissariamento: “una situazione non molto diversa dall’attuale” con in più, con il suo periodo di transizione verso nuove elezioni, la possibilità di una scossa di cambiamento che le urne non sono finora riuscite a dare. Ma qui il discorso porterebbe lontano.
Spieghiamo bene, invece, cosa succederebbe se il sindaco Giancarlo Rando desse le dimissioni. Automaticamente il Consiglio comunale sarebbe sciolto e il prefetto nominerebbe un commissario prefettizio. La ventilata disponibilità alle dimissioni di tutto il Consiglio comunale sarebbe ininfluente, un segno politico certo, e soprattutto un segno di solidarietà verso il sindaco, che tra l’altro del Consiglio comunale è a Brembio per statuto anche il presidente.
Il commissario che subentrerebbe, di solito un funzionario della carriera prefettizia, avrebbe il compito di amministrare il comune fino all’elezione del nuovo sindaco nel primo turno elettorale utile. Racchiuderebbe in sé tutti i poteri degli organi del comune: sindaco, giunta e consiglio; e, dunque, teoricamente potrebbe compiere qualsiasi atto sia di ordinaria amministrazione che di amministrazione straordinaria, anche se, non dovendo rispondere agli elettori, difficilmente assumerebbe decisioni di grande portata.
Questo è quanto, ma non tutto, perché nelle dimissioni che il sindaco Rando potrebbe dare c’è anche un altro risvolto, a cui il solo interessato sta forse pensando. Nello statuto dell’Associazione dei Comuni del Lodigiano, all’articolo 16 “Decadenze – Sostituzioni”, al comma 1 si legge: “Tutti i componenti degli organi dell’Associazione [Assemblea Generale, Presidente, Consiglio Direttivo; ndr] decadono quando cessano dalla carica che rivestono presso il rispettivo Ente di appartenenza”. Per dirla in breve, le dimissioni da sindaco di Giancarlo Rando determinerebbero automaticamente la decadenza da presidente dell’ACL del suo vicesindaco Giuseppe Sozzi.
Il paradosso delle dimissioni minacciate dal sindaco Rando
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