Potenza (Basilicata) 02 giugno 2016

In Piazza Per Sara Con Telefono Donna Basta Femminicidi

Stiamo proprio toccando il fondo di un contenitore sociale patologicamente malato e necessariamente da curare per evitare di ritrovarci molto presto, nel totale imbarbarimento della nostra egoistica ed indifferente società.
L’ennesimo brutale femminicidio di Sara Di Pietrantonio, questa volta bruciata viva dal suo ex che non accettava la fine della relazione, impone una seria riflessione da parte di tutti noi.
Con la morte di Sara, siamo alla 55esima vittima dall’inizio dell’anno. Una vera e propria strage sociale che rasenta il colmo della follia umana.
Un escalation terribile, di femminicidi, di continue e ripetute violenze psicologiche, morali, fisiche, tra le mura domestiche, sui luoghi di lavoro, sulle strade nonostante tv, radio, giornali e gli organi di informazione continuino a discuterne e a dibatterne con criminologi, giornalisti, psicologi.
Cosa sta realmente accadendo; perché si arriva a tanta brutalità ?
Perché si continua nell’assoluta indifferenza del non confronto su queste orribili tematiche nelle Istituzioni aimè altresì in crisi di identità: Famiglia in cui non si dialoga, Scuola ove non ci si confronta, Chiesa con gli oratori impegnati in altre riduttive attività, senza che in tutto questo si affronti e si dia priorità all’insegnamento dell’Educazione Civica.
Silenzio totale anche da parte di molti Organismi Istituzionali nati per promuovere ed affrontare tali tematiche non solo nelle celebrazioni dell’8 marzo. Un grazie a Telefono Donna per aver voluto promuovere stamane in tutte le piazze d’Italia un sit-in per sensibilizzare le nostre coscienze contro la violenza alle donne. Un plauso anche alla neo designata Consigliera di Parità della Regione Basilicata Ivana Pipponzi per aver prontamente denunciato quanto brutalmente accaduto all’indifesa Sara e l’invito a non abbassare la guardia su tali tematiche. Bisogna continuare a parlarne sempre e ovunque, dalle scuole elementari, tutti i giorni per rieducare il senso civico in ciascuno di noi al rispetto verso gli altri.
Sono tante le contraddizioni in un Paese che normale non è. Consultori che non funzionano, centri di ascolto che non ascoltano e che molto spesso le stesse vittime non sanno come approcciarsi per chiedere aiuto. Forze di polizia a cui le vittime si rivolgono e che finiscono, molte volte a far desistere costoro nelle loro denuncie e nelle richieste di aiuto invitandole banalmente ad un comportamento moralmente corretto o con molta superficialità a consigliarle l’uso di abbigliamenti meno provocanti.
Per non parlare della burocrazia e dei tempi lunghi della Giustizia quando qualcuna di loro decide di farsi tutelare.
Si, forse, c’è qualcosa che non va nel modo con cui ci approcciamo ad affrontare tale “emergenza sociale” probabilmente enfatizzando sempre più gli aspetti della spettacolarizzazione della cronaca dell’evento del crimine e del pettegolezzo, anziché affrontare concretamente la questione culturale nelle sedi competenti.
Appena un mese fa mi sono ritrovato a commentare a StorieVere da Eleonora Daniele caso di Elena Di Rienzo, la giovane mamma di 2 fanciulle di 4 e 2 anni che sconvolse tanti e tutt’ora ricoverata in fin di vita presso l’ospedale di Pavia, dopo le violente martellate inferte dal marito (suicidatosi poco dopo l’azione brutale), che non gradiva la separazione.
Domenica notte a Roma la follia di un ragazzo di appena 27 anni stesso movente che, invece, non voleva separarsi da Sara e che ha deciso per questo non solo di interrompere la sua spensierata gioventù ma anche di bruciarla viva.
Quanta disumanità. Quanta inciviltà. Quanti egoismi. Quanta indifferenza pensando anche a chi passando da quelle parti, ha scelto di non fermarsi a prestare aiuto.
Ci sono tante donne che hanno bisogno del nostro aiuto, che vogliono essere ascoltate, che vogliono raccontare la loro storia per incoraggiare ed aiutare tante altre donne che non hanno il coraggio di denunciare e che continuano, invece, a subire violenze.
Per questo dobbiamo scegliere di parlare di tutto ciò e di ripartire dal senso di quell’educazione civica e del rispetto verso gli altri a cui tutti siamo obbligati senza egoismi di parte ed ulteriori indifferenze.
Mi ricordava Grazia Biondi una delle tante donne che ho avuto modo di intervistare a Salerno qualche settimana fa nel raccontarmi la sua storia di violenze e di mala giustizia che: “C’è un tempo per tutte le cose: per il silenzio, ma anche un tempo per parlare, raccontarsi senza paure e senza nascondersi. Non sempre si trova una risposta al tuo grido di aiuto, di dolore, ma trovi qualcosa per cui vale sempre la pena di lottare: la Libertà. Quella che ti restituisce a te stessa e alla tua dignità. Quella che ti insegna a volerti bene. Puoi anche perdere la tua battaglia per ottenere Giustizia, ma ricordarsi che chi denuncia e si libera di un uomo violento ha già vinto.”
Ieri, l’ennesima telefonata di aiuto da Ciampino di Milica Fatima Cupic che mi ha raccontato di aver denunciato da anni fin troppe persone anche potenti, (come ho avuto modo di constatare addirittura dalle interrogazioni parlamentari presentate in questi anni dai diversi schieramenti politici, tutte però senza alcuna precisa risposta alla sua domanda di aiuto e di protezione) e che nella sua solitaria disperazione continua a invocare aiuto, in quanto minacciata di morte dal suo ex marito ed è costretta a vivere segregata in casa.
Bisogna continuare a confrontarsi ed analizzare sulle cause di queste violenze indagando sulle trasformazioni della nostra opulenta società, con i suoi vizi, gli egoismi, le povertà culturali in cui si vanno sempre più smarrendo i Valori dell’Umanità e dell’amore verso gli altri.
A nulla possono servire i trattati della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, se poi ciascuno di noi continua ad essere insensibile a quanto accade quotidianamente in ogni parte del mondo e molto spesso anche davanti casa nostra con il nostro silenzio e lo sguardo indifferente.

Gianluigi Laguardia