Pubblicato il: 13 maggio 2016 alle 10:19
a cura di Francesco Gangemi
14 maggio 2016
L’anno scorso a febbraio avevamo riportato la notizia dell’assoluzione decretata dalla V^ sezione penale del Tribunale di Palermo (Giudice la D.ssa V. Gagliardotto) di un lungo processo per appropriazione indebita aggravata a carico del Tenente Gaetano Viscuso che era stato assolto per non avere commesso il fatto. I fatti risalgono al dicembre 2009, quando il tenente Viscuso era dipendente della KSM e distaccato presso la VIGILPOL srl (società il cui socio di maggioranza era appunto la stessa KSM). La società decideva di licenziarlo e denunziarlo contestandogli un ammanco di circa 300 mila euro dalla cassa dell’azienda. Iniziava così un processo per accuse pesantissime, nella sostanza al Tenente Viscuso si contestava di aver fatto rinvenire una cassa con soli 22 mila euro a fronte degli oltre 320 mila che ci sarebbero dovuti essere e quindi di essersi appropriato di circa 300 mila euro. In realtà il processo aveva fatto emergere l’artefazione dei bilanci della società ed il tentativo di usare il dipendente come parafulmine. La parte civile VIGILPOL (essendo stata esclusa la KSM che aveva tentato di costituirsi) aveva però proposto appello insieme alla Procura della Repubblica assistita dall’avvocato Antonio Ingroia che subentrava all’avvocato Mauro Torti.
Nell’udienza del 12 maggio 2016 la IV^ sezione penale della Corte di Appello di Palermo, non soltanto ha confermato l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto ma, ha condannato la parte civile appellante al pagamento delle spese processuali e delle spese legali affrontate dall’imputato assistito dall’avvocato Andrea Dell’Aira. La difesa aveva eccepito una serie di questioni tese a dimostrare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte civile che – evidentemente la Corte ha ritenuto – almeno in parte – di condividere. Tra queste il divieto di esercizio della professione di avvocato per il biennio successivo all’iscrizione per chi ha ricoperto il ruolo di magistrato nel foro di riferimento per l’avvocato Antonio Ingroia. La motivazione sarà depositata nei prossimi giorni. Il legale rappresentante della Vigilpol, per i fatti oggetto del procedimento è Fabrizio Di Costanzo recentemente tratto in arresto nell’ambito dell’operazione condotta dai ROS denominata Brasca 4.0, che ha portato all’esecuzione di 62 misure cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, ricettazione, favoreggiamento, trasferimento di valori ed altri reati in materia di armi, aggravati dal metodo mafioso. In particolare al Di Costanzo, 47 anni, commercialista e revisore contabile, ex assessore al Bilancio del comune di Cinisi dal maggio 2014 a dicembre 2015, e liquidatore della Vigilpol, si contesta il reato di trasferimento fraudolento di valori; Nel 2009 era stato designato dall’assessorato regionale al Bilancio quale presidente del collegio dei revisori dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, ma già nel 2001 figurava come revisore contabile presso l’assessorato regionale Beni Culturali e Pubblica Istruzione. Quindi l’esperienza al Comune di Cinisi per occuparsi del bilancio. Secondo quanto sostenuto dagli inquirenti dell’operazione Brasca, proprio per la sua dimestichezza con i numeri, era stato scelto dal boss Adelfio. “Di Costanzo – si legge nell’ordinanza – già titolare del capitale sociale della partecipante BINGO & GAMES s.r.l., la totalità del capitale sociale della BINGO.IT s.r.l., avrebbe simulato situazioni debitorie sanate mediante aumenti di capitale con lo scopo sia di estromettere Riccardo Giacone (socio di maggioranza dell’altra partecipante VE.RI. ENERGIA s.r.l. 51%), sia di preservare gli interessi della famiglia Adelfio”. Un comportamento sciente e doloso che secondo gli inquirenti avrebbe portato all’ “impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita continuato e di avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, nella qualità di amministratore unico della BINGO.IT impiegato nella predetta società, denaro e beni” di provenienza illecita.“ Adesso si profila anche la possibilità di avere operato sui bilanci della VIGILPOL, ma ciò si vedrà nei prossimi giorni se e nella misura in cui la Procura dovesse decidere di contestargli anche questi fatti. Una circostanza eccepita della difesa è però destinata a far discutere ancora. Ed infatti, secondo l’imputato, l’avvocato Antonio Ingroia verserebbe in una situazione di incompatibilità con la funzione di avvocato rispetto al ruolo da questi ricoperto di Amministratore Unico di Sicilia e Servizi a mente sia dell’art 3 RDL 1578/1933 che secondo un parere del CNF non risulterebbe abrogata dalla recente riforma normativa, sia per quanto previsto dall’art. 3, comma 5 bis DL 138/2011 (conv. in l. 148/2011) e dell’art. 2 DPR 137/2012. Secondo una recente delibera proprio ad opera dell’avvocato Ingroia di modifica dell’oggetto sociale e della visura della società che la difesa ha prodotto in udienza, quest’ultimo quale legale rappresentante sarebbe “investito dei poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, compie tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”. Tale prerogativa di gestione lo renderebbe di fatto incompatibile con la funzione di avvocato. Su Sicilia e Servizi si è recentemente registrato anche uno spaccamento interpretativo della Sezione di primo e secondo grado della Corte dei Conti. Secondo il collegio di primo grado “” il patrimonio di Sicilia e Servizi non può ritenersi pubblico …..ed esula dalla giurisdizione di questa Corte rientrando in quella ordinaria“. In secondo grado però la riforma. La Corte ha giudicato la Magistratura contabile competente ad esprimersi sull’assunzione dei lavoratori dell’ex socio privato di Sicilia E-Servizi. Se così fosse per l’avvovato Ingroia si porrebbe altresì un problema di divieto anche in ordine alla questione di “ appaltatore di un pubblico servizio o di una pubblica fornitura, di esattore di pubblici tributi o di incaricato di gestioni esattoriali” (e ciò secondo la precedente normativa) nonché secondo la nuova per violazione dell’art 18 n 1 lettera c (incompatibilità con la figura di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonchè con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonchè con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione” e per diversità di ipotesi rispetto l’eccezione contemplata all’art 19 lett. c. Il processo al tenente Viscuso quindi, oltre ad aprire nuovi scenari di verifica rispetto alla bontà dei bilanci e delle scritture della VIGILPOL oggi in liquidazione, e di ulteriori possibili responsabilità del Di Costanzo, apre anche una querelle tra il ruolo istituzionale ricoperto dall’avvocato Ingroia e quello di avvocato sul quale è presumibile ritenere si discuterà ancora in futuro.