venite ‘a rinfrescarvi tengo l’acqua do’ Chiatamone, c’arance e limoni ‘e Surriento;
chest’ è acqua ‘e paradiso, è acqua ‘e mummera;
‘na veppet’ è chest’ acqua te cunzola (una bevuta di quest’acqua ti consola);
L’acqua “zurfegna” conosciuta anche con i nomi di suffregna, ferrata, delle «mummare», fu per secoli la “bevanda” per eccellenza dei napoletani. Molti la sorseggiavano in piccole dosi con il vino, oppure la gradivano consumandola presso una «banca dell’acqua» dove il venditore d’acqua, detto acquaiolo, la serviva liscia o con l’aggiunta di spremute d’arancia, di limone e un pizzico di bicarbonato di sodio. Un vero è proprio bene da tutelare e promuovere, dunque, quello dell’acqua suffregna che invece è lasciato a se stesso, dimenticato dalle istituzioni.
L’acqua zurfegna era tanto nota a Napoli che un ministro napoletano, in visita da Franceschiello, ultimo re Borbone, esule a Parigi con la moglie Maria Sofia, decise di portare in omaggio al re un ricordo della città che raffigurasse uno scugnizzo con la “mummara” sotto braccio e la “mummarella” in mano. Per questo chiese allo scultore Vincenzo Gemito di forgiare la statua in argento fuso oggi esposta nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna.