Milano (Lombardia) 30 dicembre 2017

La commemorazione dei morti in India: il Pitru Paksha

Mentre noi occidentali dedichiamo una sola giornata per celebrare i nostri cari defunti, in India dedicano ben 16 giornate fatte di riti, commemorazione e preghiere. Ogni anno le due settimane cambiano in base al calendario lunare. L’intera celebrazione viene chiamata ufficialmente “Pitru Paksha”, ma esistono numerosi nomi in base alla lingua e allo stato in cui si festeggia.

Lo Shraddha

La festa è interamente dedicata agli antenati a cui si offrono preghiere, cibo e acqua affinché non patiscano la fame e riposino in pace nel mondo in cui si trovano. Questo rito di offerta, chiamato “shraddha”, deve essere eseguito dal primo discendente maschio e viene svolto in cambio di benedizioni e prosperità per coloro che ancora sono in vita.

La tradizione

Secondo la tradizione induista, il dio della morte Yama traghetta le anime dei defunti nel pitru-loka. Il pitru-loka è una sorta di mondo che si trova tra la terra dei vivi e Dio dove le anime degli avi aspettano il turno per passare al mondo divino. Per questo passaggio i defunti hanno bisogno di essere ricordati dai vivi e di ricevere in offerta cibo e acqua. Nel pitru-loka convivono 3 generazioni e solo all’arrivo dell’anima della quarta generazione l’antenato più anziano può prendere parte al mondo divino.
Da qui si capisce il motivo per cui in India è d’obbligatorio avere figli: è come se ogni nuova generazione è la salvezza per l’anima degli antenati (meno bambini nascono e minore sarà il numero delle anime che possono lasciare il pitru-loka).

La nascita del Pitru Paksha

Il Pitru Paksha è una celebrazione molto antica e si racconta una leggenda, legata al re Karna, che ne spiega la nascita.
Nel Mahabharata si racconta che quando il re Karna morì la sua anima andò in paradiso e gli dei gli offrirono del cibo d’oro che era preziosissimo, ma ovviamente indigeribile. Durante la sua vita Karna era conosciuto come un uomo umile e generoso, pronto in un qualsiasi momento a dare il suo aiuto ai più bisognosi offrendo oro e pietre preziose.
Il re Karna era figlio del dio sole e dell’umana Kunti che lo abbandonò alla nascita. Non sapendo chi fossero i suoi antenati, il re non aveva mai celebrato il rituale shraddha e anche così anche la sua anima era destinata a patire la sete e la fame nell’aldilà.
Gli dei, però, capirono perfettamente le sue condizioni e gli diedero un’altra possibilità: lo fecero tornare sulla terra durante le due settimane del Pitru Paksha per rimediare. Karna, a detta degli dei, doveva compiere i rituali shraddha e non solo alle anime defunte ma anche ai poveri della città. Maggiori dettagli su questi articoli di storify indiano.

La celebrazione

Ogni comunità celebra lo shraddha in modo diverso: in alcune parti le offerte sono dedicate a un’anima durante un giorno particolare scelto in base a specifici calcoli sulla luna del giorno della morte; in altre parti, invece, i giorni vengono stabiliti in base al tipo di morte e allo status sociale.

I rituali cominciano al tramonto dopo tantissime ore di preparazione che spesso comportano a digiuni prolungati. Il tutto avviene vicino a un fiume o a una riserva d’acqua e se il cibo offerto viene mangiato dai corvi (considerati come messaggeri tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti) significa che i defunti hanno accettato il dono. È sconsigliato cominciare nuove attività durante il Pitru Paksha dato che non è considerato di buon auspicio trattandosi della celebrazione dei morti. Vedi anche il blog del miglior ristorante.

Le donne

Le donne non sentono molto vicino questa celebrazione dato che a seguire i rituali devono essere gli uomini e non possono fare alcuna offerta, ma contribuiscono al benessere dei defunti con la loro fertilità che le aiuta a generare la prole.