Reggio Di Calabria (Calabria) 17 gennaio 2017

Le antiche radici del malessere del “Minniti”

In un articolo apparso nel marzo 2009 si evidenziava se QUALCUNO era a conoscenza delle condizioni dell’intero territorio. Sempre in quella nota il Circolo Culturale “L’Agorà” elencava lo status di quella situazione:
• Strade dissestate;
• Status rete ferroviaria ;
• Dimezzamento delle corse marittime da Reggio e verso Messina;
• L’autostrada con i soliti problemi;
• L’aeroporto “Minniti” ;
• La statale 106 con il suo solito bollettino.
Sei problematiche che a distanza di sette anni rimangono tristemente attuali e non risolte, e tra le quali quella inerente quella dello scalo dell’Area dello Stretto. A riguardo il “Tito Minniti” il suo malessere ha radici antiche, come il contesto che lo circonda. Se l’aeroporto, pur nella sua travagliata storia, è giunto alla data odierna, c’è da ringraziare qualche lungimirante figura istituzionale che ha permesso il prolungamento della pista; qualche politico che ha denunciato lo stato di salute dello scalo, ma anche qualche avveduto dirigente che ha più volte evidenziato linee guida utili in tal senso. Ora lo scalo sembra di essere giunto al capolinea. C’è da ricordare vi era l’idea di un secondo aeroporto nell’area della Piana, con lo scopo di dare, non solo al porto di Gioia Tauro, un ben altro ruolo d’importanza nell’area del Mediterraneo. Ma queste storie progettuali zoppe sembrano abbattersi come una sorta di maledizione pilotata su di un’area geografica che fu culla di civiltà e madre di teste pensanti come Tommaso Campanella che per le sue indagini utilizzava il senso e la ragione, osservando e poi ragionando. Tenendo conto delle scelte che hanno determinato lo stato di salute dell’aeroporto “Tito Minniti”, riuscirebbe il filosofo di Stilo a dare una logica a tutto ciò? Ma se “…la conoscenza di sé appartiene solo all’uomo, ed è la coscienza di essere un essere pensante…” tutto ciò lo è anche nel feudalesimo del terzo millennio?