Claudia Geremia, coordinatrice regionale del dipartimento politiche femminili e solidarietà sociale del MSFT, evidenzia in questo articolo come sia necessaria una legislazione che tuteli le donne, sottolineando come compito delle Istituzioni sia la salvaguardia dei cittadini, in special modo quelli più deboli, e non la commemorazione dei corpi che hanno smesso di vivere
Lo Stato, le donne e la violenza
La donna rappresenta un connubio di figure differenti tra loro: la madre, la moglie, la figlia, la lavoratrice, ma soprattutto la donna in quanto tale.
Donna che ha sempre avuto molti obblighi, e solo recentemente ha conquistato i meritati diritti che spesso risultano ancora inidonei nel mondo lavorativo o valutandoli al loro estremo persino alla sopravvivenza.
Le cronache dell’anno in corso, special modo degli ultimi giorni, testimoniano come ancora oggi la donna sia vittima di soprusi, angherie di ogni sorta sino ad arrivare alla più terribile delle azioni: l’omicidio.
Lontani dalla concezione di Donna Angelo i recenti fatti di cronaca dimostrano come si parli più di donna-martire, morta non per difendere la propria fede, ma per difendere se stessa da attacchi mortali di uomini che professano il loro amore come iene bacchettanti sul cadavere di un leone.
Nell’ultimo anno queste vittime hanno assunto volti e nomi differenti in ultima Noemi, registrando un’uccisione ogni due giorni. Molte donne avevano denunciato l’ex compagno o il marito imbattendosi nell’inattività di uno Stato, sempre più fallace nella tutela dei propri cittadini.
Tutt’oggi il “femminicidio” rimane un neologismo senza alcun fondamento legislativo, riconducibile alla violenza di genere, che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale il cui soggetto passivo è costituito da una persona di genere femminile e quello attivo da un uomo con il quale intercorre un legame di tipo affettivo.
La c. d. violenza di genere racchiude al suo interno una serie di fatti di reato di diverso tipo (omicidio, maltrattamenti, stalking, percosse, lesioni), accomunati dal contesto e dal soggetto passivo cui sono diretti, che come dimostrano i fatti di cronaca non appaiono sufficienti a debellare il male che sta dilagando in maniera esponenziale nel nostro Stato.
La classe dirigente italiana impegnata dai mille e più problemi che investono l’Italia, in primis dalla c.d. legge Fiano, dovrebbe intervenire in maniera diretta introducendo all’ interno dell’ordinamento, il reato di femminicidio al fine di tutelare in maniera chiara e incisiva i soprusi che le donne ricevono dalle persone più vicine, valutando tale vicinanza l’aggravante di becere uccisioni.
Volendo spendere qualche parola sulla legge sopra citata (Fiano) il cui intento è tramutare un’ideologia politica in reato, reputo quasi superfluo ricordare ai lettori le condizioni in cui versa l’Italia: dai problemi dell’immigrazioni, alla disoccupazione, alle continue violenze e omicidi che rimangono nella migliore delle ipotesi mal puniti. Sarà forse una strategia mediatica per spostare l’attenzione dai problemi che evidenziano la forte crisi dello Stato? Lascio a voi la risposta.
Lontani da un femminismo che rappresenti le mode ideologiche del momento o che sia settorializzato in relazione alla nazionalità di colui il quale commette il reato, si innalza una voce di rivolta per risvegliare le istituzioni che prontamente non difendono ma portano la Patria allo sbaraglio, con l’invito di riflettere ed agire in concomitanza alle prossime elezioni.
Che l’aria di cambiamento e innovazione coinvolga l’animus della popolazione dirigendolo alla necessità di una classe dirigente seria che non eluda ma affronti i problemi dei cittadini, i cui ideali, come quelli del partito di cui faccio parte siano forieri di libertà e giustizia.
La funzione primaria dello Stato è la tutela del cittadino e non la commemorazione di corpi che hanno cessato di respirare.
Claudia Geremia
Coordinatrice reg.le del dipartimento politiche femminili e solidarietà sociale del MSFT