Il 9 novembre 2015 presso il Tribunale di Trieste inizierà un nuovo processo contro cittadini triestini che si riconoscono nel Territorio Libero di Trieste, cioè che si dichiarano cittadini in difesa dello Stato indipendente istituito dal Trattato di Pace del 1947, che tuttora risulta, nella realtà giuridica, non sotto la sovranità italiana ma amministrato per conto delle Nazioni Unite dal Governo italiano. Commenta Roberto Giurastante, presidente del Movimento Trieste Libera, nel suo blog “Ambiente e Legalità” dandone notizia: “Sono venuti nel 1918 ad insegnarci la loro ‘civiltà’ fatta di repressione continua dei diritti umani. E da allora non hanno mai finito: questa è la lezione di ottantasei anni di occupazione di Trieste allo Stato, prima regime fascista poi Repubblica”.
Nel suo post Giurastante esprime la convinzione che la strategia dell’amministrazione italiana, di cui il processo che si va a celebrare è parte, viene adottata “per cercare di reprimere la ribellione della legalità che ha scosso negli ultimi quattro anni la mitteleuropea Trieste. Una rivoluzione pacifica attuata a suon di trattati internazionali. Trattati, di cui i cittadini del Territorio Libero di Trieste chiedono il rispetto, che hanno la particolarità di essere validi e vincolanti per la Repubblica italiana”. Secondo il presidente di Trieste Libera “l’Italia si è trovata impreparata ad affrontare, dopo decenni di controllo incontrastato, il risveglio dei cittadini del Territorio Libero di Trieste che si appellano ai loro diritti – sempre in vigore anche se non applicati – sanciti dal Trattato di Pace, ed ha reagito nell’unico modo che conosce, ovvero con la repressione”.
Il pericolo per l’Italia, scrive Giurastante, è evidente: “quello di dover ripristinare la legittima amministrazione di un territorio che non le appartiene e che comprende il Porto Franco Internazionale di Trieste, l’unico esistente ad oggi nel mondo, al di fuori della giurisdizione di ogni Stato”. Un porto con una tale caratteristica unica nell’Alto Adriatico, vera zona di traffico commerciale aperta a tutte le nazioni, costituirebbe una fortissima attrazione per la maggior parte dei traffici del Mediterraneo a danno dei porti italiani. La conseguenza ovvia è che “l’unica possibilità per l’Italia è quella di tenersi stretta Trieste per bloccarne la naturale crescita del porto, facendo credere che i suoi cittadini vogliono fortemente essere italiani”. Insomma fare di Trieste “un simulacro di un’italianità inesistente”, eliminando i “dissidenti” anche col pugno di ferro con “autorità giudiziaria e forze dell’ordine sguinzagliate alla caccia di chi si professa cittadino del Territorio Libero”, utilizzando “campagne intimidatorie di propaganda nazionalista attuate dagli organi di informazione strettamente controllati dal regime, processi assicurati per chi non cede alle intimidazioni delle autorità e negazione di ogni diritto per chi si dichiara davanti al giudice cittadino del Territorio Libero”.
Il post del presidente del Movimento Trieste Libera continua descrivendo quelle che sono le caratteristiche più salienti della magistratura italiana a Trieste, che mostrano, soprattutto attraverso “sentenze contro il Trattato di Pace, di cui viene disconosciuta la validità” quella che è “la vera faccia di un Paese che per interessi internazionali ‘superiori’ non ha mai dovuto pagare per i propri crimini di guerra”.
Dietro il processo che si apre il 9 novembre “in quel grigio palazzo di giustizia diventato il simbolo dell’oppressione dei cittadini di Trieste” contro “i primi 17 cittadini del Territorio Libero accusati di avere difeso l’integrità del Porto Franco Internazionale di Trieste manifestando pacificamente contro la tentata annessione da parte italiana”, è palese per Trieste Libera il disegno di un’annessione, appunto, “che servirebbe a cancellare i punti franchi e a urbanizzare il porto, ovvero a chiuderlo ai traffici marittimi”, insomma “la morte definitiva di Trieste decretata dalle mafie italiane”.
Lunedì il processo contro 17 manifestanti in difesa del TLT
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