Parma (Emilia-Romagna) 14 giugno 2015

MAJO: I MIEI PRIMI 40 ANNI DI GIORNALISMO

(gmajo) – 14 giugno 1975, la data della svolta della mia vita. Il passaggio diretto dall’infanzia ad essere (precocemente) adulto. Ma soprattutto l’ingresso nell’adorato mondo del giornalismo. Sono passati esattamente 40 anni da quando Carlo Drapkind, direttore di Radio Parma mi aprì le porte dell’emittente, la prima a trasmettere in Italia, offrendomi la possibilità, alla tenera età di 11 anni, di iniziare a muovere i primi passi, in una redazione. Bambino prodigio. Una etichetta che mi sarei presto tolto di dosso, diventando nel giro di pochi mesi un punto di riferimento dello staff sia nella parte tecnica, che informativa. Alcuni anni dopo, come si può ascoltare dalla audioteca di Broadcastitalia (clicca qui per leggere la mia “autobiografia”, composta nell’ottobre del 2009, quando, cessato in modo sanguinolento il mio rapporto con il Parma di Ghirardi mi riconsolai tuffandomi nel mio vecchio amore, la radio, riannodando il rapporto con il passato, ed inserendo nel museo virtuale alcune tracce d’epoca salvate dall’oblio), nel frattempo passato a Radio Emilia, avevo già una invidiabile vis polemica da riuscire a gareggiare con Marco Pannella, facendolo incazzare, ma senza che io perdessi l’aplomb…
La foto a lato, scattata da Francesco Bassi, l’ex speaker del Tardini, mi ritrae mentre tengo idealmente sollevata con la mano la villa di via Farnese 8, a fianco della chiesa delle Grazie in Oltretorrente, dove la mattina del 14 giugno 1975, mi recai, in trasferta da Via Leoni 4, nel quartiere Mutti (allora si chiamava ancora così) Lubiana, accompagnato dal mio fido collaboratore a L’Eco del Quartiere, nonché vicino di casa Andrea Novellini, di un anno più giovane. L’Eco del Quartiere era il giornalino che avevo iniziato a stampare (sfruttando il ciclostile e le macchine da scrivere dell’Arma dei Carabinieri, quando mio padre Giuseppe, maresciallo nella Caserma in Giardino mi teneva con sé in ufficio) circa tre anni prima, allorché mia mamma Leyde (professoressa alle Orsoline), forse per togliersi il mio peso di dosso, mi suggerì di iniziare a scrivere quello che osservavo in giro, che fosse l’arrivo della Locomotiva in Piazza Lubiana, o l’arrivo di un nuovo sacerdote nella Parrocchia di Maria Immacolata poco importava…
Dovete sapere che da piccolo già giocavo a fare la radio: tutti i miei bambolotti, prima di tutto l’Orsetto Estivo, mandavano avanti, nella mia mente, una fantastica stazione radio: e così non mi parve vero la mattina del 14 giugno 1975, nel leggere la Gazzetta di Parma, che in città ci fosse una radio, di cui il foglio locale pubblicava sulle proprie pagine il palinsesto, o tamburino. Letto l’indirizzo e cercata su GoogleMap (no, questo non è vero: ero avanti, ma non così nel futuro…) Via Farnese, prelevai al piano di sotto Novellini, salimmo insieme sul filobus linea 3, attraversando la città, scendendo poco dopo il Ponte di Mezzo.
Carlo Drapkind era un uomo immenso, anche nel cuore: nel vedersi davanti quei due frugoletti che lo volevano intervistare per il giornalino, pensò di ricambiare la cortesia intervistandoli a propria volta per la rubrica Buongiorno Signora, che in quei tempi vedeva in alternanza alla conduzione Anna Maria Bianchi e Pia Russo, di turno quella mattina. La registrazione è ascoltabile qui. La conversazione si concluse con l’invito di Drapkind: “Se volete considerarvi i più giovani collaboratori della nostra emittente…”. Io non me lo feci dire due volte. E il giorno dopo ero di nuovo già lì in via Farnese 8. Iniziai facendo il vivandiere, andando, cioè, a prendere i panini per tutti in Via Verdi, dove c’era una salumeria che in convenzione ce ne elargiva una decina assortiti. Spesso mi capitava di fagocitarne anche due o tre in stecca, col risultato che quando tornavo a casa non avevo molto appetito. “Al magna fora col ragas lè”, sentenziava, non a torto, mia nonna Amelia. Intanto però, osservavo e assimilavo più di una spugna i segreti di tutti, imparando il mestiere. A settembre 1975 il mio primo programma in voce, sebbene, ancora, fosse un po’ bianca, assieme a un altro “mister erre”, Luigi Furlotti, a propria volta giovanissimo, ma pur sempre con quattro o cinque primavere più delle mie. Si chiamava Juke Box. Poi molta astinenza dal microfono, e tanto lavoro dietro le quinte accompagnando il direttore in giro per la città con il suo mitico registratore a bobine Tandberg. E quindi il riversare i servizi, la redazione delle notizie, rielaborando i testi del giornale, ed adattandoli come riferimenti temporali, il giro delle telefonate a forze dell’ordine, ospedali etc. per raccattare info di prima mano sugli episodi di cronaca, i primi collegamenti dai campi di calcio, con Pino Colombi che non sarebbe riuscito prima di Gian Carlo Ceci a fare una diretta integrale del Parma (questi ci riuscì a Gennaio 1976 da Arezzo), ma almeno a fare i pionieristici flash dal telefono a gettoni del Tardini (e forse anche da fuori), con il nostro elettricista di fiducia, Rolando Bersellini, che riusciva nello studio di Via Farnese, attraverso un captatore telefonico a ventosa ad amplificare il suono in arrivo dalla cornetta, misto di effetti da stadio e voce ed enfasi stile “Luce” di Colombi… Quanti ricordi…
Da allora sono passati 40 anni, e non so quante avventure multimediali raccontando notizie dalle emittenti radio locali, a quelle nazionali (Capital), dalle tv locali ai grandi network nazionali (Mediaset), dai giornali locali (meno la Gazzetta) a quelli nazionali, e poi internet e così via. Se vi va alziamo insieme un calice: sono solo i miei primi 40 anni… Gabriele Majo