curami con l’oppio dei tuoi occhi
il male dell’ora che inietta in me la morte
che si scalda i muscoli con i brividi sulla schiena
mentre cerco di afferrarti per la mia dose
un bacio
dammi qualcosa d’immortale per cui cambiare
oxycodone metadone eroina
disintossicami dal traffico nei tuoi sogni
che vorrei non abitare da estraneo
entra nella mia pressione sanguigna
espelli le cellule senza il tuo nome dal mio corpo
divorami dall’ugola dell’amore le parole
su cui fuma sto stupido cuore preso dai suoi battiti
dammi un tocco d’onnipotenza
scambia la mia pena con un momento di gioia
divorami
divorami tutto il dentro
poi vomitalo sul cielo così che piova
ogni più assurdo metallo
ogni più pesante pietra
qualunque cosa schiacci questi ossi
dove ti nascondo quando non ritorni
dove ti posseggo quando sei sola
dove smetto di essere un verme e divento un Dio
ma solo per poche ore
cerca nelle controindicazioni la sequenza
per il sovradosaggio d’amore
togliti dall’ombra della febbre che mi consuma
in alternativa lasciami un paracadute di sogni
Da “caste virtù nutrite con legno e tarli per dare leggenda – poesia sperimentale”