”L’artista Mirko Vucetich morì 40 anni fa”
– Un gigante dimenticato dalla sua terra nativa –
Vicenza 17/09/2015 – Il modo in cui sono venuto a conoscenza di una celebre figura come quella di Mirko Vucetich potrebbe essere l’input per una sceneggiatura di un film o un romanzo.
L’avventura comincia con un giovane sedicenne privo di interessi verso la storia dell’arte fino a quando non si trasferisce di casa a Riccione e si innamora del Liberty. Una sera d’estate, dovendo raggiungere gli amici in spiaggia, sosta davanti alla suggestiva villa Antolini che si affaccia su viale Milano, la sua architettura, dalle linee a colpo di frusta tipiche dell’arte Liberty e una parete curvata dell’edificio che rimanda alle chiese del Borromini a Roma, cattura l’attenzione del ragazzo assetato di divertimento. Solo la bellezza di una villa così singolare per la struttura e le luci che la illuminavano nella notte potevano distogliere i suoi momentanei interessi.
Il retroscena curioso è il sogno premonitore che quel ragazzo aveva fatto a sette anni: ero io, Andrea Speziali, ad aver visto nella immagine onirica in la maestosa villa Antolini progettata da Vucetich nel 1923. A distanza di qualche anno il sogno si materializza e il fascino di questa villa è stata la forza che mi ha salvato mentre ero sull’orlo del “buratello”. Iniziai a studiare la storia di questa inusuale architettura balneare fino a renderla oggetto della tesi di diploma all’Istituto d’arte Fellini di Riccione.”, sorprendendo così la commissione per l’originalità dell’argomento e rendendomi nuovo agli occhi del mio compagno di classe Davide Balestieri che in cinque anni aveva avuto di me una certa opinione. E’ l’alba di quello che sarà un lungo cammino di studi e ricerche sull’Art Nouveau che vede la prima pubblicazione ‘ nel 2010 con ’Una Stagione del Liberty a Riccione’’ per i Tipi di Maggioli a Santarcangelo di Romagna.
Da allora, ad occupare buona parte dei miei studi sarà proprio Mirko Vucetich, autore di una delle dimore più belle della Romagna. Nato a Bologna il 9 gennaio 1898 da Francesca Cappelli e Giovanni funzionario delle ferrovie , aveva compiuto gli studi in quella città e successivamente a Napoli in seguito al trasferimento del capofamiglia per motivi di lavoro. Nel 1917 conseguì presso l’Accademia di Belle Arti il titolo di Professore di Disegno architettonico. Ispirato dal mestiere del padre, proprio in questi anni Mirko diede prova della genialità anticipando il movimento futurista con dei pastelli raffiguranti stazioni ferroviarie.
Nel giugno del 1919 fu assunto come architetto presso il Comune di Gorizia e in quella città si accostò ancor più al Futurismo: nell’Ottobre del 1919, infatti, insieme a Sofronio Pocarini costituisce il “Movimento futurista giuliano”, il cui manifesto programmatico fu pubblicato ne “L’Eco dell’Isonzo (11-10 19) e in “Roma futurista” (19-10-19).
Nel 1920 fu trasferito con la stessa qualifica di architetto al Ministero Terre Liberate con sede a Vittorio Veneto, ma nel 1921, in seguito allo scioglimento del Ministero, inizia la libera professione a Bologna, a Venezia poi a Roma dove si trasferisce nel 1922.
Nella capitale, nell’anno 1923, risulta vincitore tra i concorrenti dell’Emilia del Pensionato Art. Naz. ramo Decorazione e nel 1925 per il ramo Architettura. Costruzioni da lui progettate in questi anni vengono realizzate a Bologna, Venezia e a Riccione dove gli innovativi caratteri compositivi adottati per villa Antolini fanno di questo edificio un esemplare di pregevole qualità architettonica che spicca a confronto con le costruzioni coeve della località.
Nel 1928 vince il concorso Curlandesi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna sul tema “Padiglione per Mostra Coloniale” con un progetto di raro pregio.
Ma la sua città oggi pare averlo dimenticato, forse sarà una mostra a villa Meriggiani di via del Meloncello che Mirko ristrutturò nel 1922 da un precedente casolare del ‘700, ad offrire l’opportunità di far risorgere la sua immagine attraverso una mostra monografica. Villa Meriggiani era di un borghese amico di Vucetich che sempre in quegli anni gli diede possibilità di ampliare la sua notorietà in Somalia commissionandogli un importante villino in stile razionalista.
Nel maggio del 1929 si trasferisce in America del Nord e risiede a New York dove svolge attività di scultore, arredatore, architetto, scenografo: nel 1930 come aiuto regista e direttore all’allestimento collabora con Henry Dreyfuss al Forhtysecond Street Theatre, nel 1931 svolge le stesse mansioni al Roxy Theatre; sue sculture sono al Museum di Brooklin e in collezioni private. La scultura del Budda appartenuta a uno tra i musei più importanti americani oggi viene data misteriosamente per dispersa.
Sempre nella cittadina divenne caro amico del noto illustratore Alberto Vargas con il quale affrescò una casa di tolleranza e realizzò assieme a grandi artisti del periodo una lunga serie di disegni ritraenti bordelli. Ho trovato il materiale cui faccio riferimento nella casa di un conte vicentino il giorno del mio compleanno, il 28 settembre del 2011.
Nel 1932 Mirko ritorna in Italia e si stabilisce a Roma dove continua la sua multiforme attività: partecipa, talora come attore, talora come scenografo, costumista o regista a un centinaio di spettacoli allestiti dalle migliori compagnie dell’epoca. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale lascia il suo studio romano di Valle Giulia e si reca a Siena dove lavora per l’Accademia Chigiana: al conte Chigi Serafini, suo amico, aveva promesso un San Francesco e un San Bernardino più grande del vero; realizzò le due statue per la chiesa di San Francesco e la basilica dell’Osservanza. Avendo perso nel frattempo, per cavilli giuridici, lo studio di Roma, si reca a Vicenza, dove appoggiandosi ad alcuni amici, può attendere che le acque della pace si distendano, per poi diventare vicentino d’elezione, visto che a Vicenza fissa la sua dimora.
L’interesse di Vucetich per la storia e l’impegno a tenerne vivo l’insegnamento da spirito libero non iscritto a nessun partito, ma da uomo mite e generoso sono testimoniati anche dalla sua attività di scrittore; è del 1968 infatti la poesia “De profundis di Buchenwald”, che nel sottotitolo contiene la dedica “agli ex internati e a sei milioni di ebrei”.
Il vulcanico artista ha spaziato nei suoi interessi artistici proprio a 365°: è stato infatti anche pubblicista, iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1950 e collaboratore di vari giornali, poeta e traduttore dal francese (antico e moderno) per la Rizzoli, dallo spagnolo e dall’inglese, critico oltre che autore teatrale.
Nel 1954 ha ideato, scrivendo anche il testo teatrale, La partita a scacchi per la piazza medievale di Marostica (Vicenza). Anche in quella occasione ha messo in campo tutta la sua creatività artistica e le sue poliedriche competenze riscendo ad affermarsi nella grande mela inscenando a New York la partita: è stato figurinista, fabbro per le armi, musicante, oltre che regista e coreografo, riuscendo a dare una straordinaria fisionomia a uno spettacolo composito, che era insieme commedia e torneo. D’altra parte la geniale versatilità dell’artista è emersa anche in altre occasioni, come quando, per esempio, ha saputo coniugarsi con l’ ingegno multiforme, fantasioso e grottesco, della penna di Carlo Emilio Gadda, di cui, nel 1952, ha illustrato con 25 xilografie il volume “Il primo libro delle favole”.
Quando l’artista muore a Vicenza, il 6 marzo 1975, molti riconoscimenti, nei diversi ambiti in cui si è messo brillantemente alla prova, hanno già testimoniato le tappe del suo affascinante percorso artistico.
– TESTO DI ANDREA SPEZIALI –