Roma (Lazio) 13 novembre 2016

È morto Enzo Maiorca: addio al ‘signore degli abissi’ che rivoluzionò i record dell’apnea.

Aveva 85 anni, nella sua carriera batte il record di -45 metri per portarlo lui stesso 30 anni dopo a -101. Leggendaria la rivalità con Jacques Mayol

ROMA – Mondo dello sport in lutto. È morto a Siracusa, sua città natale, Enzo Maiorca, ”signore degli abissi”, uno dei maggiori apneisti italiani, più volte detentore del record di immersione in apnea. Aveva 85 anni. La camera ardente è stata allestita nel salone “Paolo Borsellino” di Palazzo Vermexio. I funerali probabilmente martedì.

Così il sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo. “All’alba di oggi, in una di quelle giornate di sole in cui il mare del porto grande a Siracusa sembra immobile, ci ha lasciato un nostro grande concittadino. Grazie Enzo Maiorca, buon viaggio”.

Il cordoglio del ministro dell’ambiente, Gianluca Galletti: “È una perdita per tutto lo sport italiano. Rappresenta un mito per questo Paese, tutti lo ricordiamo per le sue grandissime imprese. Io, da ministro dell’Ambiente la sua mancanza la sento ancora di più, perché lui ha lavorato con il mare e la sua passione nasceva proprio dall’amore che aveva per il nostro bellissimo mare di Siracusa. Penso sia stato un testimonial importante per il nostro Paese, per portare all’estero la bellezza, la passione, la tradizione, la cultura italiana”.

LA CARRIERA – Nato nel giugno del 1931, Maiorca si innamorò ben presto dell’attività apneistica. Nel 1960 corona il suo sogno toccando -45 metri e battendo il brasiliano Amerigo Santarelli, il quale, nel settembre dello stesso anno, si riappropria il titolo raggiungendo i -46 metri; il primato dura poco perché già in novembre Maiorca raggiunge i -49 metri. È l’inizio di una grande era che lo vedrà sulla scena per 16 anni, fino al 1976, anno in cui abbandona l’apnea.

Il 22 settembre 1974, nelle acque della baia di Ieranto, sulla costiera sorrentina, Maiorca tentò di stabilire un nuovo record mondiale di immersione in apnea alla quota di 90 metri. La Rai trasmetteva l’evento in diretta: quando Maiorca dopo lunghi preparativi iniziò la discesa lungo il cavo d’acciaio andò a sbattere a neanche venti metri di profondità contro Enzo Bottesini, esperto di immersioni e inviato della Rai per l’occasione. Riemerse infuriato e si lasciò andare a una serie di imprecazioni, chiaramente udibili dal pubblico televisivo.

Nel 1988, per le proprie figlie Patrizia e Rossana (entrambe celebri nel mondo per una serie di record mondiali d’immersione in apnea, Rossana è morta di cancro nel 2005), ritorna all’apnea per raggiungere il suo ultimo record di -101 metri. Nella sua carriera Maiorca ha avuto alcuni rivali storici: il più grande è stato il brasiliano Amerigo Santarelli (ritiratosi nel 1963), poi Teteke Williams, Robert Croft e il francese Jacques Mayol.

Conclusa definitivamente la carriera agonistica, Maiorca si è dedicato alla salvaguardia dell’ambiente marino, diffondendo i valori della cultura e del rispetto per il mare. Dal 1994 al 1996 è stato senatore nelle liste di Alleanza Nazionale.

Il ‘signore degli abissi’ ha raccontato la sua passione per il mare in molti libri (“A capofitto nel turchino: vita e imprese di un primatista mondiale”, “Sotto il segno di Tanit”, “Scuola di apnea”, “Il Mare con la M maiuscola”) e la sua sfida con Mayol ha ispirato “Il grande blu” (Le Grand Bleu), film di Luc Besson del 1988, uscito in Italia solo nel 2002.

Vegetariano dichiarato, spiegò così in’intervista il suo addio alla pesca subacquea. ”Mi ero immerso in una secca poco lontana dal capo che protendendosi verso il mare aperto chiude a sud la baia di Siracusa. Quella mattina mi accadde di arpionare una cernia. Una cernia robusta, combattiva. Si scatenò sul fondo una vera e propria lotta titanica fra la cernia che pretendeva di salvare la sua vita e me che pretendevo di togliergliela.

La cernia era incastrata in una cavità fra due pareti; cercando di rendermi conto della sua posizione passai la mano destra lungo il suo ventre. Il suo cuore pulsava terrorizzato, impazzito dalla paura.

E con quel pulsare di sangue ho capito che stavo uccidendo un essere vivente. Da allora il mio fucile subacqueo giace come un relitto, un reperto archeologico impolverato nella cantina di casa mia. Era il 1967”.

Fonte: www.repubblica.it/