Napoli (Campania) 26 settembre 2014

Napoli Sant’Elmo premio un Opera per il Castello

Napoli Novecento 1910 1980 Museo in progress Castel Sant’Elmo premiati gli artisti un Opera per il Castello 2013
LE JARDIN di Giulia Beretta, Francesca Borrelli,Francesco Cianciulli, Romain Conduzorgues, Baptiste Furic, Silvia Lacatena, Jule Messau, Carolina Rossi Le Jardin più che un progetto è una scoperta.
Tra il Castel Sant’Elmo e il piazzale di San Martino, le mura che delimitano il fossato terminano in un corpo di guardia, una torretta, una ‘rovina’. Un’architettura che non allude a nessun passato in particolare, piuttosto a una molteplicità di passati. Abbiamo riconosciuto un luogo sulla sommità della torre di tufo, un recinto di verde a cielo aperto, vicino ma ignoto. Come molti, probabilmente, ci siamo chiesti cosa contenesse, se esistesse come opera dell’uomo o come semplice invasione della natura sull’architettura. Questo luogo non finito è nato nel mistero delle azioni di un’epoca di restauri molto vicina; negli anni ’70 il castello è stato, infatti, sottoposto a un’imponente opera di restauro che ne ha ridefinito e a volte cambiato i tratti. Il corpo di guardia perde allora la sua funzione strategica, prima ristrutturato e poi abbandonato, è oggi completo nella sua articolazione di terrazzi inaccessibili. Da qui l’idea, o quasi la necessità, di immaginare, disegnare e costruire una scala, per superare poco più di 5 metri di altezza e raggiungere un varco nel tufo: l’accesso al giardino. Dalla presentazione del progetto al concorso, fino al disegno definitivo della scala e dell’allestimento, abbiamo, giorno dopo giorno, esplorato questo piccolo mistero, osservato la sua vegetazione intricata modificarsi dall’inverno alla primavera e vagliato le varie ipotesi di accesso. Ci siamo chiesti in che modo questo percorso di scoperta potesse diventare progetto concreto, attraverso la costruzione di piccoli interventi, con il coinvolgimento di altri esploratori e l’apertura a tutti del giardino. Questi interrogativi rimangono oggi aperti. Le azioni che abbiamo scelto non restituiscono finitezza né definizione a questo luogo indeciso, bensì aprono una fase, temporanea ed effimera, di fruibilità ed esplorazione. Tesa tra natura e artificio, la ‘rovina’, continua a manifestare la sostanza intermedia delle cose.

MY DREAMS, THEY’LL NEVER SURRENDER di Gian Maria Tosatti
Castel Sant’Elmo, nei secoli, oltre ad una fortezza di difesa è stato anche un carcere, dove, tra gli altri, è stata reclusa Luisa Sanfelice, eroina della Repubblica napoletana, prima della sua esecuzione. L’opera proposta è una riflessione sul fatto che gli uomini che hanno grandi sogni non possono essere fermati dalle mura di una cella. La loro attesa e la loro sospensione diventano preparazione, i muri della fortezza diventano una forma da piegare, da abitare, da superare. Nel cuore, più buio e più profondo di Castel Sant’Elmo, nella cisterna, è stato realizzato un immenso campo di grano di circa un chilometro quadrato, un’immagine di libertà insopprimibile, che invade e attraversa i muri come fossero immaginari, rovesciando il loro peso nei confronti delle anime che si pretende di ingabbiare attraverso di essi. L’opera sarà visibile dall’alto, attraverso l’unica piccola finestra che dagli ambulacri, a pochi metri da dove venne reclusa Luisa Sanfelice, affaccia sulla cisterna. La visione, dunque, è un’immagine a volo d’uccello di uno spazio che trasformato in questo modo e in una dimensione tanto imponente contrasta profondamente con l’identità che per secoli ha contraddistinto gli spazi interni di Sant’Elmo, ossia quella carceraria. E’ un miracolo costruito dalle mani dell’uomo nel punto più oscuro e più fortificato del castello, un’immagine metaforica che rispecchia la forza di spirito e l’impegno quotidiano di tutti coloro che non si sono lasciati battere dalla Storia e sono riusciti finanche a cambiarla da dentro una cella. Sono filosofi, uomini politici, o anche depositari di storie di discriminazione razziale, come Antonio Gramsci, Nelson Mandela, o il pugile Rubin “Hurricane” Carter, che ogni giorno hanno trasformato le pietre che costituivano i loro muri reclusori nei mattoni su cui costruire una eredità di pensiero e di giustizia da lasciare al mondo. Una eredità di cui ognuno di noi deve costantemente dimostrarsi all’altezza. Per questa ragione l’opera avrà un ciclo di vita dipendente dall’impegno a mantenerla attiva, come una sorta di “esercizio” collettivo.
Copyrigt Giornalista Fotoreporter Enzo Barbieri