Il pezzo è stato per fortuna ritrovato alla base del piedistallo e sarà quindi possibile riattaccarlo. Naim (I Municipio): «Bisogna recintare fontane e statue»
di Maria Egizia Fiaschetti e Redazione Roma
Un altro sfregio ai danni del patrimonio artistico della Capitale: l’Elefantino di Gian Lorenzo Bernini in piazza della Minerva è stato bersaglio di un atto vandalico. «Una ferita per tutti i romani», commenta la sindaca, Virginia Raggi. Ad accorgersene, lunedì mattina, sono state alcune turiste spagnole che, dopo aver notato la mutilazione, l’hanno segnalata alla polizia locale.
Il raid notturno e il ripristino
La parte mancante è stata ritrovata nelle vicinanze della statua: l’ipotesi è che la scultura, tra le più celebri realizzate dall’artista barocco nella Capitale, possa essere stata danneggiata durante la notte o all’alba di lunedì.
La zanna spezzata – a forma di cono, di 12 centimetri di lunghezza e con un diametro tra i 7 e gli 8 centimetri alla base – è stata consegnata ai tecnici della Sovrintendenza capitolina, che hanno valutato l’entità del danno in 1.500-2.500 euro.
Però la procura ha sequestrato il frammento vandalizzzato, che quindi non potrà essere ricollocata subito. La Sovrintendenza, in attesa del dissequestro, verificherà lo stato conservativo della zanna nel punto di frattura e, nell’occasione, effettuerà il monitoraggio dello stato di tutto il monumento, che è stato restaurato a cavallo tra il 2011 e il 2012.
La storia
Fu papa Alessandro VII Chigi, nella seconda metà del Seicento, a commissionare il progetto che avrebbe dovuto inglobare l’obelisco risalente al VI secolo avanti Cristo, rinvenuto nell’antico tempio di Iside. Bernini presentò dieci disegni e il pontefice, che desiderava un monumento alla Divina sapienza, scelse l’elefantino: un’immagine molto simile a una xilografia contenuta nella prima edizione di un libro, l’Hypnerotomachia Poliphili, ovvero la Pugna d’amore in sogno di Polifilo, scritta da Francesco Colonna romano e stampata dall’editore Aldo Manuzio a Venezia nel 1499.
Il volume rappresentava la quintessenza della cultura sapienziale e alchemica del Rinascimento. Bernini avrebbe voluto far poggiare la statua dell’elefante direttamente sulla base marmorea, ma i domenicani criticarono la soluzione sostenendo che le zampe del pachiderma avrebbero dovuto insistere su una base quadrangolare.
Su richiesta di Alessandro VII Chigi l’artista dovette cedere e coprì il cubo, simbolo della solidità della mente, con una gualdrappa: l’effetto finale risultò un po’ appesantito, tanto che i romani ribattezzarono la scultura «Porcino della Minerva», tramutato più tardi in «purcino» nell’inflessione dialettale.
In segno di disappunto lo scultore concepì l’opera in modo tale che volgesse il dorso alla chiesa della Minerva, un chiaro smacco ai domenicani, e con la proboscide tutta contorta quasi a voler esprimere irritazione e insofferenza.
I precedenti
Non è la prima volta che uno dei capolavori berniniani subisce danni: bersaglio principale dei vandali è stata la Fontana dei quattro fiumi a piazza Navona. A provocare il danno più grave, nel 1997, fu un uomo che ebbe l’idea malsana di usare la coda di uno dei mostri marini come trampolino per tuffarsi. Risultato: il tritone si spezzò. Poco tempo prima a un putto della stessa fontana era stato staccato un dito. Nel 2004 un gruppo di teppisti sfregiò la Fontana delle Api di via Veneto, scolpita da Bernini nel 1644, tranciando di netto la testa di un insetto. Tre anni più tardi tre stranieri ubriachi intaccarono gravemente con un cacciavite un’altra opera simbolo, la Barcaccia di piazza di Spagna, realizzata da Gian Lorenzo assieme al padre Pietro. L’aggressione ai danni del celebre monumento provocò il distacco dello stemma papale. Nel 2011 tre ragazzi di Ariccia, poi denunciati, danneggiarono la fontana berniniana di piazza di Corte rompendo la tazza superiore in marmo che si frantumò in tre parti separandosi da stelo e basamento. Uno dei giovani rimase ferito alla testa da un pezzo di marmo e dovette andare in ospedale a farsi medicare. Tra gli assalti più recenti, lo «stupro» della Barcaccia nel febbraio 2015 per mano di un gruppo di hooligan olandesi, tifosi del Feyenoord: gli archeologi della Sovrintendenza rilevarono oltre un centinaio di scalfitture.
Statue recintate
Ma proprio perché lo sfregio in piazza della Minerva non è il primo, la consigliera del I Municipio Nathalie Naim chiede interventi radicali. «Si devono aumentare le telecamere e mettere a sistema tutte quelle che ci sono», sostiene. E, se non fosse possibile, «bisogna pensare a mettere delle strutture intorno a fontane e statue». Anche per la presidente del I Municipio, Sabrina Alfonsi, occorre rafforzare le misure di sicurezza. «Non abbiamo più scelta – osserva -: dobbiamo installare telecamere per i monumenti, non possiamo affidarci solo alle immagini carpite da quelle dislocate altrove.
E accanto servono sistemi d’allarme che entrano in funzione se ci si avvicina troppo. E ancora – propone Alfonsi -: perché non sfruttare la presenze delle forze dell’ordine già previste in città anche per il rispetto dei monumenti?». Sono proposte vicine alle ipotesi del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi, secondo il quale «i Comuni dovrebbero lavorare di più sulla videosorveglianza e sulla sorveglianza in generale». Poi, annuncia il ministro, «servono pene più forti e su questo stiamo lavorando».
Fonte: roma.corriere.it/