Un ex generale cinese: la svolta alle Spratly entro la metà dell’anno. Pochi giorni fa i primi voli civili hanno fatto infuriare Vietnam e Filippine.
di CECILIA ATTANASIO GHEZZI
PECHINO
Il nuovo aeroporto nel conteso Mar cinese meridionale «prima o poi sarà usato anche per voli militari. Probabilmente entro la prima metà di quest’anno». È ciò che Xu Guangyu, un importante generale cinese in pensione, ha riferito al quotidiano di Hong Kong «South China Morning Post». È sulle isole Spratly, a sole 200 miglia nautiche dalle coste delle Filippine e a 740 miglia a sud della regione più meridionale della Cina. È quella che gli analisti hanno già ribattezzato «la grande muraglia di sabbia»: 800 ettari di barriera corallina cementificati dalla Cina. A maggio scorso Washington aveva denunciato che la Cina vi stava costruendo una pista di atterraggio lunga tre chilometri. Il 6 gennaio vi sono atterrati due aerei civili cinesi
Ma la situazione è complicata. Pechino afferma che gli atolli delle isole Spratly e delle Paracelso compaiono come parte del territorio cinese in una mappa del 1947. Taiwan, che dalla Repubblica popolare è già considerata territorio nazionale, le rivendica sulle stesse basi. Il Vietnam contesta che l’area è sotto il suo controllo fin dal XVII secolo e che la Cina non ha dichiarato la sovranità su queste isole fino agli anni Quaranta. Le Filippine ne sottolineano la prossimità geografica alle sue coste, mentre Malesia e Brunei si appellano al fatto che alcune di quelle isole sono all’interno della loro zona economica esclusiva definita dalla Convezione delle Nazioni Unite sul diritto del mare
L’area è calda da sempre. Di qui passa già un traffico di merci del valore annuale di 5mila miliardi di dollari. È di fatto un passaggio fondamentale per quella che Pechino chiama “nuova via della seta”.
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