San Gimignano (Toscana) 23 novembre 2015

Quando rileggere la storia non è solo Poesia

Invecchiando e assistendo ad una cronaca drammatica, come quella tragica di questi giorni, la mente torna indietro nel tempo, facendo “rivivere” la storia che abbiamo vissuto o studiato da vicino. Se a questo aggiungiamo quel poco di scibile che fa parte della nostre conoscenze, viene da pensare quante volte le avanguardie artistiche sono state “premonitrici” delle vicende storiche successive. Secondo me è interessante ricordare e riflettere su un movimento e sulle frasi di tendenza futurista, esattamente di 110 anni fa. Ci sono incredibili analogie con le cronache odierne, benché le culture che metto in relazione tra loro siano lontane anni luce.
Mi viene in mente la rivista “Poesia”, fondata a Milano nel 1905 da Filippo Tommaso Marinetti e che aveva, come condirettori, Sem Benelli e Vitaliano Ponti. Nell’edizione del periodico, stampata in un formato rettangolare, in orizzontale, con una prima pagina-copertina appariscente, la personalità di Marinetti era imperante; infatti, dall’ottavo numero, diventa lui direttore unico, esaltando, da subito, le premonizioni futuriste. Gli articoli del periodico – siamo nel febbraio-marzo del 1909 – saranno pubblicati sul giornale francese Figaro, per dare a “Poesia” un’impronta di internazionalità. Si esalta il “verso libero” e viene sintetizzata l’ideologia del futurismo in undici precetti anche molto violenti, che diventano i temi “vitali” del Manifesto, con idee che vogliono che siano intese come costruttiviste, ma anche con progetti eversivi, come “il disprezzo della donna…il femminismo”, “distruggere i musei… le accademie d’ogni specie”, “l’amore del pericolo”, “l’abitudine all’energia e alla temerità”, “combattere contro il moralismo”, “come le folle agitate dal lavoro, e le maree multicolori e politiche delle rivoluzioni delle capitali moderne”. Nel manifesto futurista si legge anche “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore” e, pochissimi anno dopo, si inneggerà anche allo slogan “Marciare non marcire”, che era uno dei motti prediletti di Gabriele D’Annunzio…così, l’Italia entrerà in guerra.
giorgio mancini
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