Ciao Renato,
mi presento: sono un musicista; tra i tanti che vivono di questa straordinaria Arte, dietro le quinte, per fare da fondamenta a quell’enorme grattacielo che buca le nuvole ed attraversa il mondo per la sua totale interezza.
Noi musicisti “anonimi”, siamo come la flora batterica, numerosissimi; lavoratori discreti, ma necessari per la sopravvivenza di quei grandi vip illuminati ed incastonati spesso, in un firmamento creato per interessi che stanno all’Arte, come il diavolo sta all’acqua santa.
Sfarzo, monumentalità, pubblicità capillare, interviste troppo tese a dare profondità a discorsi scontati e già ascoltati, non sempre, sono sinonimo di spettacolo, inteso come forma attiva dell’Arte all’ennesima potenza…
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Entro nel cinema dove sarebbe stato proiettato da lì a poco, il “Film” ZEROVSKIJ , (poi ci erudirai sul perché di questo titolo vagamente sovietico) con tanto di biglietto prenotato giorni prima. Naturalmente non sono solo ed insieme ai miei amici, mi accodo alla gente già presente ed entro nella sala, sedendomi in una comoda poltrona rossa. Fa caldo ma la curiosità di assistere alla proiezione, mi fa superare ogni eventuale disagio.
Le luci si attenuano poi…il buio ed inizia lo spettacolo; un’orchestra dirompente, spezza il silenzio come un tuono d’estate.
La scenografia, voluta semplice ed evanescente, s’illumina grazie alla sapiente distribuzione delle luci che sanno dare il giusto risalto ai personaggi che si avvicendano sulla scena.
Belle voci, costumi originali ma azzeccati ed una recitazione per i miei gusti, declamata; quasi a ripercorrere stili antichi, oggi inusuali.
Poi entri tu, il re incontrastato; l’orchestra sa presentarti come si deve e la tua voce, curata da un ottimo pool di tecnici audio, esce pulita, vibrante. L’estensione, come sempre avviene con l’andare degli anni, anche a te Renato, ha intrapreso il percorso discendente… ma sulle note basse si è irrobustita ed arricchita di armonici che forse prima, si perdevano tra i centri o tra i registri acuti.
I personaggi che si alternano in primo piano su questa immaginaria “Stazione Terra”, sono fotocopie del tuo stile, del modo di parlare al tuo pubblico e capaci come sempre, di affrontare soggetti e problemi, cari, o sempre desiderati, dai tuoi innumerevoli sorcini. Forse alcune volte, la retorica prende il sopravvento ed i monologhi diventano ripetitivi.
Ottimo il lavoro del Maestro Renato Serio che pur stando seduto ed accompagnando il moto dell’orchestra con gesti lenti e pacati, sa imprimere ai numerosi professori il suo stile inconfondibile.
Le armonie sono larghe ed il contrappunto fa muovere le parti, in modo tale che sembra si rincorrano – dando così monumentalità all’inseme. L’orchestra satura la scena di note che se suonate senza il cantato, prive di melodia, apparirebbero dei brani staccati ai quali si potrebbe dare un titolo diverso (potrebbero considerarsi canzoni nuove ).
Nell’arrangiamento, mi è sembrato che i bassi, fondamenta dell’armonia, siano poco in evidenza e che la parte ritmica, soccomba all’ombra di un’orchestrazione a mio parere troppo sinfonica se riferita a delle canzoni.
Il pianoforte, nell’impianto orchestrale, occupa forse troppo spazio; suona sempre e quel ”martellare” continuo o con poche pause, diventa stancante e considerando quel po po d’orchestra presente, rasenta l’inutilità.
Il pianista, tecnicamente valido, sembra un automa; impettito ed imperturbabile, come la sua musica.
Per giustificare questa situazione troppo evidente, per passare inosservata, esiste, secondo me, la possibilità che il lavoro estenuante del pianoforte, sia stato studiato a tavolino, per permettere a te Renato, di avere un sostegno, una “gruccia”, come riferimento; una specie di ombra (ingombrante), che ti segue ed insegue.
Il montaggio del film, è stato curato con perizia e non esistono tempi morti. Le entrate e le uscite degli attori, dei protagonisti, sono scandite da un’orchestra che oltre a suonare con efficacia, fa da orologio segna tempo.
Una parola, vorrei dedicarla alla voce fuori campo di un dio (lo scrivo minuscolo perché mi riferisco a quello di scena), come diremmo a Roma un po’ scaciato, stanco e rassegnato.
Un dio che considera la creazione dell’uomo, come un suo errore… salvo quasi a ripensarci nel finale.
Una cosa che proprio non mi è piaciuta, è stato quel tavolinetto posto prima dell’ingresso della sala cinematografica, con sopra i tuoi cd e/o i dvd dei tuoi concerti o dei tuoi album.
Sembrava assistere ad un ulteriore necessità, di fare cassa.
Il tutto, con le dovute differenze, somigliava a quei tavolini del ristorante, a volte usati da cantanti intrattenitori, per vendere i propri cd ed arrotondare cosi’ la precaria “paga” pattuita e poi, se tutto fila liscio, erogata.
Nell’insieme il tuo film spettacolo – copia di un live di successo – ha colpito nel segno. C’è stata la parvenza di un cambiamento di stile che ti ha visto, caro Renato, affrontare il tutto con più calma, con respiro più ampio e spazi interpretativi meno frequenti.
Come di consueto, sei stato un artista ma anche un grande stratega, capace di non sbagliare un colpo, di cogliere sempre il bersaglio.
I brani eseguiti, dai testi impegnati, sono stati scelti con oculatezza ed hanno ricalcato la tua filosofia da interprete di strada che parla da letterato.
Non ho visto i media molto interessati a commentare il tuo sforzo artistico e neanche i soliti ciarlatani ricchi di smielate recensioni.
La notizia più blasonata, ha riguardato gli incassi; notizia interessante per il fisco ma non per il pubblico dei tuoi “Sorcini”.
Ciao Renato!