Ricordo l’odore. Pungente. Dolciastro. Sangue e vino. Il paese ne appare inondato. Le sue tracce sono ovunque. Sul sagrato della grande Chiesa Madre di San Giovanni. Sul portone della buia cappella dell’Annunziata. Sulle mura delle case. Sugli stipiti, sulle soglie. Sugli architravi. Davanti al Calvario, giù all’ingresso del paese, confine fra le case e la campagna, il sangue è una grande pozza scura sulla strada. Rivoli rosso-cupo scendono come piccoli torrenti lungo le scalinate. Le impronte circolari dei dischi di sughero, le rose insanguinate, segnano negozi e botteghe. ‘E’ l’odore della Quaresima’, dice, con orgoglio, un vattente all’antropologo che, da anni, nei giorni della Pasqua, arriva a Nocera Terinese, cinquemila abitanti, paese di collina a un passo dal mare, ultimo comune nel Nord-ovest della provincia di Catanzaro. Qui sopravvive, da sempre, il rito della flagellazione. Al sabato santo, e nella notte del venerdì, gli uomini di Nocera si battono. Offrono il loro sangue alla Madre di Cristo. Penitenza e rinascita, morte e resurrezione nel versare il proprio sangue. Questi uomini hanno ricevuto una grazia, hanno promesso un voto. Hanno fede, sono attori e testimoni di una devozione popolare profonda. Si colpiscono i polpacci e il retro delle cosce,
SABATO SANTO/NOCERA TERINESE , I MAESTRI DEL SANGUE
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