Nel precedente articolo “Il Centro di accoglienza profughi nel mirino del Comune” (http://bit.ly/2wjEuxH), pubblicato il 27 agosto, è stato sottolineato come una lettera di protesta, firmata da migranti ospitati nella struttura di accoglienza di Brembio ed inviata alla Prefettura di Lodi da una insegnante estranea alla gestione e alle attività della struttura stessa, avesse offerto il pretesto perché l’amministratore comunale, in quel momento facente le veci del sindaco di Brembio in ferie, inviasse con lodevole, ma esageratamente tempestivo zelo, una segnalazione alla Procura della Repubblica, ravvisando in una singola frase in essa contenuta una presunta notizia di reato. È stato anche ricordato che la Prefettura di Lodi, come spiega in una lettera al quotidiano “Il Cittadino” il vice prefetto vicario, intervenuta con una immediata ispezione non ha ravvisato alcuna delle irregolarità denunciate dai migranti e come il fatto accennato nella lettera, che ha comunque fatto aprire alla Procura per atto dovuto un fascicolo, non sia assolutamente attribuibile a chi gestisce il Centro. La lettera di protesta può essere letta su Facebook (http://bit.ly/2wj7MfQ). Qui si evidenzieranno invece alcune delle incongruenze contenute nella lettera, che generano ad una lettura critica delle perplessità.
Prima, però, si ricorderà che già nel gennaio 2017, in concomitanza con il cambio di gestione della struttura di accoglienza, si era registrata una protesta di una ventina di profughi ospitati nel Centro contro la nuova gestione. Prima del cambio, il Centro di accoglienza di Brembio era amministrato dalla onlus Bivacco, la stessa cooperativa che le cronache di questi giorni raccontano essere a sua volta oggetto di contestazione in una struttura di accoglienza nei pressi di Lodi. L’operatrice della struttura aveva ben spiegato allora la realtà della situazione alla stampa, parole virgolettate raccolte da un cronista del quotidiano “Il Cittadino” (11 gennaio 2017): “Abbiamo dovuto chiamare i carabinieri perché i profughi la mattina dormono e non firmano il foglio delle presenze che serve anche per il pocket money. Le regole sono le stesse di tutti i campi. Uno di loro ha la tubercolosi e non vuole curarsi. Stanno sempre in maniche corte. Il problema della scuola non dipende da noi ed è in via di risoluzione. Il fatto è che i posti sono tutti occupati. Il pocket money c’è. Sono loro che non lo ritirano. Abbiamo a Brembio 73 profughi, perché gli altri l’hanno ritirato e loro no? Se non si trovano bene possono andare in un altro campo. Non vogliono abituarsi a mangiare italiano. Non vogliono la pasta, hanno 4 tipi diversi di riso. Perché io che sono polacca mi sono abituata e loro no? Pretendono le scarpe di marca. Venga a Brembio a vedere prima di scrivere”. Come si sarà notato già allora i profughi erano 73, ma a quel tempo nessuno, dentro e fuori la struttura di accoglienza, parlava di “sovraffollamento”.
Anche le modalità della protesta del gennaio sono interessanti per una riflessione sugli attuali accadimenti. Scriveva allora il cronista de “Il Cittadino”: “Ieri mattina, una ventina di profughi sono partiti a piedi dal centro di Brembio alle 5.50 e sono arrivati sotto la prefettura alle 10 chiedendo di essere ricevuti dal capo di gabinetto Francesco Ramunni”. Non si dimentichi che allora si era in pieno inverno. I profughi avevano rilasciato davanti alla Prefettura questa dichiarazione al cronista: “Siamo venuti qui per incontrare i rappresentanti dello Stato. Da due settimane, da quando è cambiata la cooperativa, le cose vanno male. È la prima volta che veniamo qua a protestare. Prima non ce n’è mai stato bisogno. Andava tutto bene, con i nuovi operatori, invece, è un disastro. Hanno messo il lucchetto al riscaldamento, non possiamo alzarlo, le coperte sono leggere e dobbiamo dormire con il giubbotto. Il frigorifero resta spesso vuoto. Abbiamo un sacchettino di riso che ci deve bastare per il nostro gruppo di 10 persone, colazione, pranzo e cena. Non possiamo andare a scuola e ieri il pocket money non è arrivato. Ci trattano male, non è giusto. Non ci sentiamo rispettati”. Come raccontano le cronache della vicenda, in quella occasione due profughi erano stati ricevuti dal capo di gabinetto Ramunni, insieme alla titolare della società che gestisce la struttura, alla sua operatrice e al comandante della stazione dei carabinieri di Lodi Saverio Napolitano, per un colloquio durato quasi due ore. Successivamente al colloquio, il capo di gabinetto Ramunni aveva affidato a un comunicato la cronaca della giornata: “Questa mattina un gruppo di 20 richiedenti asilo ospitati presso la struttura del Comune di Brembio, gestita dalla società Paradiso s.r.l., ha chiesto un incontro in prefettura per rappresentare alcune questioni relative all’accoglienza. Una
delegazione di due migranti è stata ricevuta dallo scrivente, che ha invitato a partecipare i rappresentanti della società di gestione Paradiso. I richiedenti asilo hanno lamentato alcune problematiche minori concernenti il cibo, la temperatura all’interno dell’alloggio e il ritardo nella ripresa dei corsi di italiano. Lo scrivente, preso atto dei chiarimenti forniti dai rappresentanti della società di gestione, ha fatto presente che le condizioni dei richiedenti asilo saranno oggetto di prossima ispezione e che, comunque, le regole della struttura debbono essere rigorosamente rispettate, pena la cessazione dell’accoglienza”.
Questa volta invece la protesta è stata affidata ad una lettera, come è scritto, nel suo post-scriptum: “P.S. Tradotta in italiano e inviata da G… D…, insegnante”, una insegnante che, come già detto, nulla ha a che fare con il Centro di accoglienza. Una traduzione, dunque, sembrerebbe, curioso il fatto che nei numerosi articoli apparsi sui quotidiani locali nessuno si sia posto il problema dell’originale: in che lingua fosse scritto, inglese, francese, e quale fosse il suo reale contenuto, così tanto per confrontare, e, poi, non si poteva inviare al prefetto l’originale, in fin dei conti in prefettura sono in grado di effettuare una traduzione, no?, (come del resto gli altri destinatari per conoscenza); sono domande che un cronista attento poteva anche porsi. Come si è visto dalla prima protesta le lamentele dei profughi erano minime: locali freddi, coperte leggere, riso limitato e la questione dell’orario della firma di presenza. Stesse lamentele che puntualmente si ritrovano nella lettera inviata alla Prefettura il 31 luglio scorso, e che forse costituiscono il concreto contenuto del misterioso originale di cui non si sa a tutt’oggi nulla. Si dice questo perché la lettera, come si può evincere dalla sua lettura sa molto di burocratese e non di farina del sacco di un profugo, come si evidenzierà di seguito.
Cominciamo con la struttura della lettera: è divisa in quattro parti, un preambolo, un primo elenco di lamentele raggruppato sotto il titolino “Aspetti di ordine materiale”, un secondo elenco più “confuso” raggruppato sotto il titolino “Aspetti di ordine immateriale” e infine la conclusione con le richieste finali. Prima di esaminarne i contenuti due parole sulla intestazione: la lettera è indirizzata “Alla Cortese Attenzione” del Prefetto di Lodi, e viene inviata, oltre che al Prefetto, con molta sovrabbondanza, per conoscenza a due dirigenti ed un funzionario della Prefettura: precisamente al Viceprefetto Vicario, al Capo di Gabinetto del Prefetto, nonché dirigente dell’Area IV – Diritti Civili, Cittadinanza, Condizione Giuridica dello Straniero, Immigrazione e Diritto D’Asilo, e ad un funzionario della stessa area. La lettera, poi, è inviata, sempre per conoscenza, al Sindaco di Brembio e alla dott.ssa Fabiana Giuliani, che opera a Roma come monitoring associate of reception and detention conditions presso l’UNHCR (Servizi legali). Curiosamente non è indirizzata, e quindi inviata, denotando così – si potrebbe dire – scarsa coscienza sindacale, alla società Paradiso s.r.l. che gestisce la struttura di accoglienza. Si può aggiungere ancora una curiosità nell’intestazione: il fatto che al contrario del prefetto e degli altri due esponenti della Prefettura, il capo di gabinetto è indicato con entrambi i suoi due nomi e con il cognome in lettere maiuscole (forse un distratto copia/incolla dal sito Internet o un riferimento al fatto di gennaio?). Da aggiungere che dei tre funzionari della Prefettura destinatari per conoscenza della lettera, vengono indicati solo i nomi quasi fosse superfluo indicare, come al contrario viene fatto per gli altri destinatari, anche l’incarico o posizione. Curioso anche l’oggetto indicato: “segnalazione urgente… ” (sic!).
Il preambolo, in cui ci si rivolge direttamente al Prefetto, è aperto da questa frase: “Innanzitutto La ringraziamo per la fatica che sta facendo per accogliere noi e i nostri fratelli nel Suo territorio di competenza, lo apprezziamo molto e sappiamo che non è facile data la crisi economica che interessa l’Italia e di cui non eravamo a conoscenza. Alcuni di noi, d’altra parte vorrebbero raggiungere le famiglie altrove in Europa, ma non possono farlo al momento”. Lasciando al lettore ogni illazione su di essa, aggiungiamo invece due considerazioni sul periodo che chiude il preambolo dopo aver detto che si intende sottoporre “rispettosamente alcuni problemi che riscontriamo tutti i giorni nella struttura di Brembio che ci ospita”. Descrivendo la struttura, si spiega al Prefetto che i profughi sono “circa 80 persone con 2 soli operatori ‘mediatori’ A… e D…, un uomo e una donna”. La singolarità della frase sta nel fatto che non si tenga conto di chi sia il destinatario della lettera, cioè la Prefettura, che ha inviato a Brembio i profughi, che ha assegnato il bando di accoglienza e che, dunque, conosce bene la situazione locale. Invece eventualmente di insistere sul rapporto ospiti/operatori che potrebbe essere motivo di lamentela, si preferisce ironizzare sui due operatori definendoli mediatori sì, ma tra virgolette. Il motivo lo si trova, forse, in una frase, la prima delle due richieste finali, che definire nel contesto sconcertante è poca cosa: “Noi chiediamo di essere trasferiti altrove, anche a piccoli gruppi o di mandar via A… e D…, perché la padrona della struttura, L…, ci ha detto che i due le sono stati imposti dalla Prefettura” (sic!). Insomma, poiché essi rappresentano, a quanto viene fatto trasparire da chi scrive la lettera, la Prefettura, e poiché la sequela delle lamentele contiene di fatto una serie di rilievi, anche pesanti, al loro operato, tra cui quello su cui la Magistratura su sollecitazione del vicesindaco di Brembio ha aperto per atto dovuto un fascicolo, la lettera in fin dei conti, ad una lettura attenta, piuttosto appare un attacco alla Prefettura e alla sua politica di gestione dei migranti piuttosto che un attacco al gestore del Centro. Gestore, che viene citato solo in questo caso e nella descrizione della struttura là dove si dice che ogni appartamento ospitante i migranti “è di proprietà dell’ente gestore (Paradiso s.r.l.)”. E stravaganza vuole che nel seguito del periodo si aggiunga che gli appartamenti si trovano “in una palazzina di recente costruzione, in centro e rimasta invenduta”. Curiosa davvero la conoscenza che i profughi venuti da lontano hanno delle vicende a Brembio di chi li ospita.
Nel prossimo articolo si analizzeranno le lamentele riportate nella lettera, confrontandole con la risposta in merito data dal vice prefetto vicario, dott. Savastano, nella sua lettera al quotidiano “Il Cittadino” di Lodi, evidenziando magari oltre a qualche parola virgolettata tanto per non trovarsi addosso eventualmente una querela, anche qualche inesattezza che ad un ospite non poteva sfuggire. A chiusura di questo invece si riporta, curiosissima, una enorme incongruenza contenuta nella seconda pagina della lettera. Il primo elenco di lamentele, raggruppate sotto il titolino “Aspetti di ordine materiale”, termina con questa frase: “Non abbiamo avuto mai alcun orientamento legale rispetto alla procedura necessaria per la protezione internazionale”. La frase è seguita dal titolino che introduce il secondo elenco di lamentele, eccolo nella sua interezza: “Aspetti di ordine immateriale, in violazione dell’art. 41 della Costituzione Italiana” (sic!). Non occorre aggiungere alcuna parola di commento di fronte a tanta conoscenza giuridica.
Se si è letto il precedente articolo, si ricorderà che un profugo espulso dal Centro, volontariamente svolgeva la mansione di cameriere gratuitamente alla locale Festa dell’Unità, e questo aveva provocato su segnalazione di qualche cittadino l’intervento dei carabinieri alla festa. I primi due periodi che aprono l’elencazione degli “aspetti di ordine immateriale” in violazione della Costituzione dicono, il primo: “Se protestiamo, in modo pacato ma fermo [si notino gli aggettivi, “pacato” e “fermo” ndr], ecco che veniamo minacciati di espulsione: l’operatore scrive una lettera, prova a farla firmare, senza mostrarci il contenuto e, con l’aiuto dei carabinieri locali (vengono sempre i soliti due che a volte hanno forzato qualcuno a firmare), espelle i malcapitati (sia che abbiano firmato, sia che non lo abbiano fatto).”; così il secondo che spiega: “Almeno 1 ragazzo è stato estromesso in questo modo e altri 3 stanno aspettando la lettera di espulsione. Questi, poi restano senza accoglienza, in giro per il paese, dormendo sulle panchine e, a lungo andare, temiamo che la loro presenza diventi un problema di ordine pubblico”.
Nella fotografia, l’arrivo nel 2015 dei primi migranti a Brembio.